Domenico Fiormonte <mc9809@mclink.it>
In margine a un articolo di Giulio Ferroni
pubblicato sul "Corriere della sera"
(11 novembre 1997, vedi sotto)
Ferroni inizia il suo articolo simpaticamente bacchettando quanti
in Italia (e fuori?) "teorizzano a vuoto" sull'applicazione
dell'informatica alle discipline umanistiche, "tantopiu'"
(magistrale, bisogna ammettere, questo tantopiu') quanto questo
"conduce a richieste di nuovi corsi di laurea, con relativi nuovi
posti di insegnamento per l'informatica nelle discipline umanistiche."
(Giusto, che si saranno messi in testa? Sfoltire, sfoltire bisogna,
altro che). A questo punto Ferroni, che d'informatica umanistica non
sa - per sua ammissione - nulla, passa a recensire tre "dischi"
dedicati alla Letteratura italiana. E qui lo scenario cambia. Ferroni
si spoglia dei suoi abiti di severo ("vero") studioso di letteratura e
si inforca, per cosi' dire, gli occhiali. Immaginiamocelo, Ferroni:
che sbuffa e si spazientisce da un lato contro il blaterare dei
"consunti strutturalisti" e dall'altra improvvisamente, seriamente
curioso, ilare si direbbe, intento a scartare i meravigliosi, costosi
giocattoli della Lexis. Ed ecco la scoperta. Ma quanto sono belli, ma
quanto sono utili, questi dischi prodotti da Stoppelli e Quondam!
Anzi, sapete che vi dico? Sono "formidabili". Certo l'informatica
umanistica non esiste, le cattedre non ci saranno mai - non ci debbono
essere - pero' accidentaccio, questi dischi. Pensate - dice sempre
Ferroni - io credo, anzi sono certo che se ne potra' fare un uso
didattico ("tra l'altro puo' avere buoni esiti anche sul piano
didattico"). Gli "sprovveduti" dunque "pensano di potere affidare
all'informatica la possibilita' di suscitare nuova curiosita' per la
letteratura, di offrire nuove *motivazioni* per lo studio", i
provveduti, come Quondam e Stoppelli, lo fanno.
Ora, venendo alla tristezza delle cose serie, e' inutile commentare quanto
questa recensione renda in fondo un pessimo servizio alle opere
curate dalla Lexis. Ferroni infatti con le sue premesse suggerisce che
per curare tali opere non e' certo necessario essere informatici
umanistici. (Provate a tradurre questo articolo e a mandarlo su una
lista tipo Humanist: ci facciamo quattro risate). Personalmente non ho
motivo di dubitare della qualita' dei "dischi" della Lexis, giacche'
conosco bene almeno uno dei suoi due curatori, che e' stato mio
insegnante. Ma la recensione di Ferroni, nella sua allegra (e
comprensibile) incompetenza di utente suggerisce che la LIZ e i suoi
discendenti siano un gadget per italianisti annoiati.
Altrimenti non si spiegano frasi come:
"Gli strumenti [informatici] piu' efficaci sono in realta' quelli che
prescindono da pretese teoriche e da ideologie didattiche." Chiunque
si occupi, ad esempio, di trascrizione, codifica, e trattamento
automatico dei testi sa perfettamente che non esiste nessun approccio
scientifico e didattico al testo che al tempo stesso non sia carico di
contenuti "teorici" (e talvolta purtroppo ideologici: non si capisce
perche' una cosa come la critica marxista possa e debba esistere e
quella filo-ipertestuale invece no). Anche semplicemente ad un
livello "banale", come quello della rappresentazione (e non
dell'edizione) di un testo in ambiente informatico, i problemi teorici
da affrontare sono enormi. Chi scrive lo sta sperimentando
personalmente da quando ha accettato, con l'aiuto
di un paio di informatici dell'Universita' di Goteborg, la sfida di
rendere navigabili delle varianti testuali attraverso un inedito zoom
browser (progettato inizialmente per tutt'altro scopo:
(http://www.ling.gu.se/~leh/focus/chi97/leh.htm). Chi, se non un
umanista, filologo, bibliotecario, ecc. di formazione e' in grado di
affrontare questo tipo di problemi? E' proprio su queste "teorie" che
esiste e va avanti da decenni il dibattito in seno all'informatica
umanistica, la quale *gia' e'*, in tutti i paesi europei ed in USA -
e con buona pace di chi non se n'e' accorto - una disciplina. Ed e'
proprio li', in quel nodo *teorico* che risiede l'incomprensione
della stragrande maggioranza degli studiosi della letteratura
italiana, che non sanno, non vogliono, o rifiutano di confrontarsi
(ma per fortuna ci sono delle eccezioni:
http://www.humnet.unipi.it/seminario97/).
Non e' col disprezzo verso le nuove discipline che si difende la
letteratura. Ne' e' con questo superficiale atteggiamento di chiusura
verso questi studi (i quali, com'e' normale, vengono abbracciati dalle
nuove generazioni) che si costruisce il futuro delle facolta'
umanistiche.
dal "Corriere della Sera"
Martedi', 11 Novembre 1997
CULTURA
LETTERATURA Navigare per le rime
Accostamenti e ricerche su temi e simboli: la lettura dei classici
puo' diventare piu' semplice e divertente
La fenice? Prima alludeva a Cristo e poi all'amore
Un esempio degli infiniti percorsi possibili
di GIULIO FERRONI
L'avvento del computer propone per la letteratura nuovi scenari, su
cui da tempo si discute, tra utopie avveniristiche e ansie
apocalittiche: il solo dato di base indiscutibile, con cui tutti si
trovano automaticamente a fare i conti, e' quello del supporto
materiale, dei procedimenti di scrittura e di stampa, universalmente
dominati da macchine a cui inevitabilmente approda, nella fase
finale, anche la scrittura di coloro che non sanno cosa sia digitare
e cliccare. Ma, al di la' di questo dato di base, si accumulano
progetti, ipotesi, suggerimenti, si delineano forme di una possibile
cyberletteratura, si producono strumenti eterogenei, si prospettano
molteplici usi didattici, modi di lettura, studio, riflessione,
ricerca guidati dall'informatica. Mentre l'insieme della scuola
attende, senza troppa emozione per la verita', l'invasione su larga
scala dei computer, in singoli istituti si fanno prove ed
esperimenti didattici di vario tipo, che chiamano in causa anche la
letteratura, almeno per il residuo rilievo che essa mantiene
nell'insegnamento (anche se voci molto ascoltate in ambito
ministeriale stanno cercando in vari modi di metterla ai margini,
cominciando col mettere ai margini i grandi autori del passato:
piu' che giusto il grido d'allarme di Cesare Segre). Alcuni entusiasti
zelatori delle "nuove" tecnologie si affannano a teorizzare un po' a
vuoto, spesso coniugando con l'informatica le piu' consunte e inerti
aspirazioni strutturalistiche a cercare improbabili grammatiche
generali delle forme letterarie: e quanto piu' e' vuoto, tanto piu'
questo teorizzare conduce a richieste di nuovi corsi di laurea, con
relativi nuovi posti di insegnamento per l'informatica nelle
discipline umanistiche.
Molti sprovveduti pensano poi di affidare all'informatica la
possibilita' di suscitare nuova curiosita' per la letteratura, di
offrire nuove "motivazioni" per lo studio, grazie alla
multimedialita', al movimento discontinuo e "aperto" tra i testi che
essa sembra garantire. Tra i piccoli miti pret-a-porter imperversa
quello dell'ipertesto, che ormai nel buon senso comune culturale e'
considerato meraviglia e toccasana universale, strumento didattico e
conoscitivo insieme "leggero" e onnicomprensivo: quelli disponibili
sul mercato hanno pero' piuttosto l'aria di trascrizioni ludiche di
ridotti modelli enciclopedici, con una riduzione e semplificazione
estrema dei materiali raccolti, con percorsi predeterminati che sono
molto piu' vincolanti e riduttivi di quelli dati dalla "continuita'"
del libro. Quanto alla produzione di piccoli ipertesti da parte di
studenti come esercitazione didattica, essa non va al di la' di un
ambito ludico, certo da utilizzare e da promuovere, ma senza
attribuirgli funzioni e obiettivi "epistemologici" che non puo'
avere; alla fine, si tratta solo di trasposizione informatica delle
vecchie ricerche e ricerchine, fatte con ritagli, disegni, foto,
copiatura di pezzi di enciclopedia e di frammenti di testi, ecc. Dal
punto di vista di gran parte delle discipline e' probabile che il
vero apprendimento, l'acquisizione di conoscenze e di metodi, non si
possa raggiungere cosi'; resta determinante una base "continua" e
discorsiva, necessaria anche per la lettura piu' propriamente
"letteraria". Nella didattica l'uso dell'ipertesto puo' comunque
avere qualche funzione marginale e merita di essere sperimentato: ma
per lo studio piu' avanzato sulla letteratura esso non sembra per ora
poter dare nessun contributo di rilievo.
Gli strumenti piu' efficaci sono in realta' quelli che prescindono da
pretese teoriche e da ideologie didattiche e mirano piuttosto ad
usare l'informatica nelle sue potenzialita' tecniche, per porla al
servizio dei testi, per rendere questi piu' agevolmente consultabili,
per svolgere ricerche e confronti linguistici, stilistici, tematici.
L'informatica permette di costituire degli archivi che comprendono
un gran numero di testi e di interrogarli ad ampio raggio, di
muoversi dentro di essi, di rintracciare porzioni testuali,
informazioni, dati formali e contenutistici. Per la letteratura
italiana si disponeva gia' della *Liz* (Letteratura italiana
Zanichelli), Cd rom con ampio corpus con tutte le opere essenziali
(ben 500 testi), curato da Pasquale Stoppelli, con il sistema di
ricerca Dbt (Data Base Testuale) ideato da Eugenio Picchi: ma ora,
per una nuova sigla editoriale romana, la Lexis Progetti Editoriali,
ha preso avvio una nuova collana di Cd rom, "Archivio italiano", che
intende offrire ampi archivi piu' specializzati e completi su autori,
generi, documenti storici definiti, sempre con il sistema Dbt, ma in
forma piu' veloce, piu' piacevole ed avanzata (mentre la *Liz* operava
su Dos, questi dischi operano ora su Windows e Windows 95). Della
collana sono appena usciti tre formidabili dischi inaugurali, uno
curato dallo stesso ideatore della Liz, Pasquale Stoppelli, con
*Opera omnia* di Francesco Petrarca, e due curati da Amedeo Quondam,
*Tutte le opere di Torquato Tasso* e *Archivio della tradizione lirica
italiana da Petrarca a Marino*.
Si tratta di un contributo prezioso gia' a livello meramente
editoriale, anche per chi volesse soltanto "leggere" certi testi
assolutamente introvabili e non piu' pubblicati da tempo, che ora
questi dischi rendono facilmente consultabili: i testi sono tutti
presi da edizioni critiche, quando esistono, o comunque dalle
edizioni piu' affidabili, senza pero' quella schifiltosita' di certa
nostra filologia nei confronti dei testi provvisori, che spesso ha
impedito la circolazione di testi importanti, in attesa di future
edizioni critiche che non vengono mai alla luce. Cosi' e' finalmente
resa leggibile una grande opera latina di Petrarca sparita dalle
biblioteche, ma che nel Rinascimento ha avuto una selva di edizioni,
il *De remediis utriusque fortunae* (I rimedi dell'una e dell'altra
fortuna), modello per tanta letteratura moralistica europea:
un'opera divisa in due libri, che suggeriscono i modi per sottrarsi
sia al pericoloso eccesso della buona sorte sia alla sofferenza
della cattiva, con numerosissimi capitoli, che propongono una fitta
casistica dei beni e dei mali degli uomini, non senza qualche
risvolto ironico (tra i tanti, puo' apparire addirittura attualissimo
*De librorum copia*, sull'eccessiva quantita' dei libri). Ma
trascorrere tra questi Cd e leggere qua e la' suscita sorprese e
curiosita' infinite: tra l'altro si puo' disporre dell'introvabile
*Gerusalemme conquistata*, la versione definitiva che Tasso volle dare
del suo poema, e delle altrettanto introvabili Lettere dello stesso
Tasso; per la lirica, si hanno ben 200 testi, anche se si puo' aver
qualche rimpianto per la mancanza di molti lirici del Duecento.
Su questo vastissimo campo testuale, il sistema di interrogazione
permette indagini del tipo piu' vario, dalla semplice ricerca di
singole parole a ricerche di famiglie di parole (cioe' di tutti quei
passi in cui due o piu' parole appaiono vicine), a piu' complesse
ricerche su forme grammaticali, sintattiche e stilistiche, a
indagini statistiche, a costruzione di indici, di concordanze, di
rimari, di elenchi del tipo piu' diverso. Il bello e' che il materiale
e il programma permettono sia la ricerca piu' avanzata e sofisticata,
che l'indagine giocosa o curiosa, che tra l'altro puo' avere buoni
esiti anche sul piano didattico.
Tra i percorsi piu' facili e interessanti ci possono essere quelli su
temi, figure, simboli, che possono partire proprio dalla ricerca di
singole parole. Proviamo con un animale immaginario, che nel
medioevo era stato spesso visto come simbolo di Cristo e che poi e'
passato a simbolo amoroso, quella fenice che secondo la leggenda
viveva per 500 anni e poi moriva bruciando, per risorgere dalle sue
ceneri. Se cerchiamo "fenice" nell'*Archivio della tradizione lirica*
troviamo ben 374 occorrenze della parola, distribuite in 102 testi
diversi: per esempio 5 volte nel *Canzoniere* di Petrarca, ben 48
volte nella *Nicolosa bella* di un certo Colagrosso, 14 volte negli
*Amori* di Bernardo Tasso e 19 volte nelle *Rime* di suo figlio
Torquato; e possiamo avere anche un grafico sulla distribuzione
della parola nei vari testi, anche in rapporto all'estensione degli
stessi. Naturalmente, dai calcoli e dalle statistiche occorre poi
passare a leggersi i testi e a vedere piu' da vicino significati e
valori che in essi la fenice assume: sara' possibile che, per questa
strada, l'informatica aiuti un po' la critica e gli studi letterari
a non morire, e, semmai, a risorgere dalle proprie ceneri, come la
fenice?
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