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          BOLLETTINO '900 - Segnalazioni / A, dicembre 2001             Successivo

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SOMMARIO:

- Francesca Sanzo & Carlo Schiavo
Resoconto del Convegno su Pier Vittorio Tondelli:
"Da Correggio a Los Angeles: percorsi di uno scrittore
da giovane tra identita' locale e identita' globale",
Modena, 5 e 7 Giugno 2001.
- Ada Reggio
Resoconto del Convegno: "La Violenza dell'Immagine
e la Violenza fatta all'Immagine."
Bologna, 23 Novembre 2000.

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- Francesca Sanzo & Carlo Schiavo
Resoconto del Convegno: "Da Correggio a Los Angeles:
percorsi di uno scrittore da giovane tra identita'
locale e identita' globale", Modena, 5 e 7 Giugno 2001.

Nei giorni 5 e 7 Giugno 2001 si e' tenuto a Modena un
Seminario sull'attivita' narrativa di Pier Vittorio Tondelli.
Il seminario si e' svolto nel corso della manifestazione
"Free international airport" in collaborazione con il
"Centro di Documentazione Pier Vittorio Tondelli", e ha
avuto come titolo: "Da Correggio a Los Angeles: percorsi
di uno scrittore da giovane tra identita' locale e identita'
globale". In questa sede Alberto Bertoni, docente di Storia
della letteratura moderna all'Universita' di Bologna, ha
svolto un'analisi critica delle opere dello scrittore
(di cui proprio quest'anno cade il decimo anniversario
della scomparsa). Giuliana Soldani, attrice di teatro e
conterranea di Tondelli, ha intramezzato i discorsi teorici
con la parola dell'autore, leggendo alcuni brani tratti dai
libri analizzati. Le varie tematiche sono state affrontate
sia lungo il percorso progressivo dei testi che in relazione
al sentimento culturale di quegli anni Ottanta di cui Tondelli
sembra essere stato grande lettore ed interprete.
Per cominciare, si e' affermato che la sua opera narrativa si
differenzia da quella della maggior parte degli autori a lui
contemporanei. Mentre questi ultimi sembrano infatti legati
alla distaccata tradizione accademica anche nella
composizione creativa, egli si propone allo stesso tempo
come valido scrittore e come attento osservatore del mondo
e dell'attualita'. Secondo Bertoni, del resto, lo scrittore
vero e' colui che, prima di formalizzare, innanzitutto
"si sporca le mani" con il reale, arrivando solo in seguito
alla narrazione tramite la propria cultura e l'*emozione*
personale. E proprio l'emozione, invero, si trova al centro
dell'attivita' letteraria di Tondelli, come punto di origine
e insieme di arrivo della sua ricerca, che passa tuttavia
per quattro testi narrativi tutti diversi l'uno dall'altro.
*Altri libertini*, pur essendo strutturato come una serie di
racconti, sottende in realta' un progetto interno di romanzo.
La linea di raccordo sta nel dare la parola ai *marginali*,
con i quali lo scrittore si trovava a stretto contatto e,
pur non essendo uno di loro, con loro comunicava e ne
trascriveva le esperienze. Cio' corrisponde ad una precisa
scelta di non sovrapporre la vita personale a quella di
narratore, anche se il percorso autoriale a mano a mano
comportera' un sempre maggiore autobiografismo.
A livello linguistico, poi, la grande innovazione sta
nell'utilizzare il linguaggio come *motore* di realta'
e non come *specchio*: non e' il mondo a produrre la lingua
ma e' la lingua che rende plausibile il mondo (cosicche',
in base ad ogni progetto di romanzo viene elaborato un
codice adatto ed autentico). La lingua, in questo modo, e'
si' inventata dall'autore, ma viene calata dall'*interno*
e non appiccicata a posteriori: e' qualcosa al tempo stesso
di *originale* e di *progettuale*. Cio' che prende forma e'
allora una gergalita' autenticamente polifonica, nel senso
che comporta una vera e propria stratificazione di diverse
tipologie e momenti del linguaggio, e che si manifesta in
certi tratti in una scrittura automatica dell'inconscio.
La polifonia, inoltre, permette allo scrittore di arrivare
all'Io attraverso il Noi. Questo comporta una rinuncia
alla psicologia individuale per giungere appunto ad un Noi
che esprima i gusti comuni ad una generazione, al di la'
del vissuto personale e di qualunque ideologia.
Il secondo libro, *Pao Pao*, getta lo sguardo su di un
Universo *concentrazionario*, in un progetto narrativo che,
per Bertoni, non trova eguali in Italia. Tale dimensione
prevede un sistema organizzativo estremamente burocratizzato,
al cui interno, pero', si trova una sorta di anarchia
autorizzata. Anche qui la lingua risponde ad un progetto
polifonico, ma nasce allo stesso tempo da un'esperienza
esistenziale. Il grande merito di Tondelli, in questo senso,
sta nell'aver combinato le due grandi strade della
letteratura italiana del '900: quella di Gadda e quella di
Calvino. Dal primo si trae il gusto per la scrittura
Polifonica e satirica, mentre da Calvino viene mediata la
struttura per blocchi narrativi.
Detta strada intermedia informa anche *Rimini*, dove pero'
ha piu' rilievo la costruzione calviniana, con l'intreccio
di trame e di possibilita'. In questo romanzo, per altro,
Tondelli arriva a sfidare il linguaggio cinematografico,
presentando cosi' un'ulteriore cornice e un'ulteriore veste.
Il libro celebra i "fasti del nulla", di un mondo totalmente
consumistico: in pratica, e' osservata e raccontata l'altra
fetta della generazione di *Altri libertini*. In questo
ambito, l'unico elemento creativo che rimane, secondo Bertoni,
e' la musica: Tondelli progetta una colonna sonora da
ascoltare durante la lettura, che arricchisca il senso
e sia il vero tema portante del libro.
Bertoni, in questo, condivide l'opinione di Panzeri, che ha
redatto l'introduzione alla raccolta delle *Opere* tondelliane.
Secondo tale linea interpretativa, in *Rimini* piu' che negli
altri libri la musica e' l'elemento che struttura dalle
fondamenta l'intera operazione narrativa, tanto nei contenuti
quanto nella forma e nell'organizzazione "ritmica" del testo.
Per proseguire, se fino a *Rimini* la scrittura e' un partire
dal vissuto legato a un Noi generazionale, il Tondelli
successivo, quello di *Camere separate*, continua si' a
destrutturare il vissuto, ma vuole poi tornarvi con un Io
generalizzato, al "grado secondo", proprio della funzione
di narratore. In questo senso, l'ultimo romanzo manifesta
piu' pienamente il dato autobiografico, offrendosi anzi
come una sorta di ipostatizzazione concettuale del percorso
dell'autore. La lingua cambia di nuovo: e' scarnificata,
depurata dalle scorie dell'eccesso. La precedente dimensione
polifonica viene sostituita da un'esigenza *ritmica* nella
quale acquista importanza il *silenzio*.
In conclusione, per tirare le somme della prima parte del
seminario, Bertoni ha asserito che la pagina di Tondelli e'
un dato conoscitivo che si incunea strettamente
nell'attualita'; inoltre, che il percorso che da
*Altri libertini* porta a *Camere separate* e' il viaggio
narrativo da una dimensione di scrittura corale ad una
maggiore individualita'. L'incontro successivo ha preso in
esame l'ultima opera di Tondelli, *Un weekend postmoderno*.
Questo libro e' per lo scrittore una sorta di bilancio critico
e di ricostruzione retrospettiva di tappe che all'inizio
sembravano marginali: articoli per giornali sia istituzionali
sia di controcultura, saggi, interventi vari. Il *Weekend*
manifesta forse il punto in cui Tondelli mette maggiormente
in discussione la sua dimensione progettuale, presentando
una contaminazione di materiali eterogenei che non vengono
ricomposti. Anche se questi sono ordinati da un'identita'
unica, essa tuttavia si presenta con una quantita' di
maschere, ed ha il coraggio di non riassemblare la propria
soggettivita' dispersa. Non si vuole, insomma, a tutti i
costi ricomporre cio' che e' sbriciolato, bensi' lo si
*riconosce come tale*. L'uso di elementi eterogenei, secondo
Bertoni, fa si' che *Un Weekend postmoderno* sia il *vero*
romanzo di Tondelli, un *romanzo critico*.
Ci permettiamo di rimanere perplessi di fronte a questa
teoria, che per altro non viene dimostrata compiutamente.
Sebbene ci si trovi di fronte a una raccolta di materiali
del medesimo autore, e collegati dall'idea del viaggio in
tutti i suoi risvolti, facciamo fatica a vedervi la
composizione di un romanzo (anche se nel postmodernismo
letterario potrebbero valere diversi criteri e parametri
per la costituzione e la valutazione di detta entita'
narrativa). In ogni caso, questo tipo di opera si offre
come enciclopedica, e rappresenta il mondo nei suoi molteplici
strati e livelli, e senza un *centro* ben definito.
D'altronde, la perdita di centro e' anche il carattere
specifico della strutturazione narrativa di *Rimini*, cosi'
come della concreta realta' topografica della citta'. Proprio
qui, allora, sta il senso del titolo del seminario:
"Da Correggio a Los Angeles", dove la citta' californiana
e' il simbolo stesso del postmoderno, mentre il paese emiliano
incarna la provenienza terrigna e la dimensione arcaica
di forte temporalita' storica. Di qui sorge la dialettica,
per Tondelli fondamentale, tra profondita' autoriflessiva e
superficialita' orizzontale, tra radice contadina e cultura
metropolitana, tra identita' locale e mondo.

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- Ada Reggio
Resoconto del Convegno: "La Violenza dell'Immagine
e la Violenza fatta all'Immagine."
Bologna, 23 Novembre 2000.

Titolo emblematico per la conferenza tenuta dal filosofo
francese Jean Baudrillard a Bologna il 23 novembre 2000,
nell'ambito del ciclo di conferenze organizzate da Paolo
Fabbri attorno al tema "La comunicazione a venire.
Conversazioni sul futuro della comunicazione". Certo,
si sente spesso
discutere del problema della violenza delle immagini alla
quale ci hanno abituato i media, ma si capisce subito che
l'intenzione di Baudrillard non e' quella di unirsi al coro
di voci che critica questa ostentazione voyeuristica
e invoca la censura. Il suo discorso si colloca su un piano
diverso da quello istituito dal senso comune, quasi lo
capovolge nell'esprimere la propria concezione riguardo
alla violenza dei media, che risulta radicale e spiazzante.
Innanzitutto, la violenza di cui parla Baudrillard non e'
la violenza di contenuto delle immagini; egli, piuttosto, si
propone di svelare l'azione di una violenza tanto violenta
da neutralizzare la stessa violenza di contenuto delle
immagini. Si tratta di una violenza insita ai media e
caratteristica che essi la violenza di un sistema che omologa
e distrugge tutte le forme di alterita' e neutralizza tutte
le forme di negativita' (compresa, dice Baudrillard, quella
forma estrema di negativita' che e' la morte...) in nome
di una realta' artificiale ed edulcorata. Davanti a un
discorso di questo tipo viene da pensare al film *Arancia
meccanica* di Stanley Kubrick, in cui il protagonista, una
specie di esteta della violenza, viene ammansito e
rieducato alla bonta' con un metodo sadico, una tortura
per cui egli e' costretto a vedere delle immagini di
violenza fino a provare un ribrezzo patologico anche per
il piu' piccolo accenno di violenza. Il che, appunto,
significava snaturare l'uomo, vaccinarlo rispetto ad un
istinto naturale privandolo, nello stesso tempo, della
sua dignita'.
Per tornare a Baudrillard, egli chiama questo nuovo tipo di
violenza mediatica "virulence" (virulenza), termine da
intendere in senso proprio, batteriologico, dato che con
esso si vorrebbe alludere alla maniera occulta e indiretta
con cui tale violenza opera, alla sua trasmissione di tipo
metastatico, per contagio.
Il temibile e impercettibile effetto di questo genere di
violenza sarebbe la creazione di un mondo affrancato da
tutti gli ordini naturali, che siano quelli del sesso,
del corpo, della nascita o della morte. La violenza
dell'immagine in quanto immagine, dunque, secondo la
tipica formula usata dal filosofo francese, uccide il reale
facendolo sparire dietro di se'. Nella nostra societa'
tutto e' ridotto a immagine tutto deve essere visibile
e visto, anche se non esiste affatto. Ma il problema non
e' la pornografia secondo Baudrillard, perche' in queste
trasmissioni (e l'esempio piu' eclatante e' quello del
Grande Fratello) il sesso c'e', ma e' poca cosa, quello
che viene ostentato e' la banalita', il nulla della vita
quotidiana. La televisione trasforma la banalita' in
evento. Perche', e' proprio questo che vuole il pubblico,
lo spettacolo rassicurante del nulla delle proprie
esistenze. E' questa la violenza piu' profonda fatta
all'immagine; se, infatti, il reale sparisce sotto la
profusione delle immagini, l'immagine stessa finisce con
l'essere espropriata della sua originalita', del suo
valore di testimonianza, del suo significato.

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Segnalazioni / A, dicembre 2001. Anno VII, 6.

Direttore: Federico Pellizzi; Redazione: Michela Aveta,
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Hilenja Lari, Stefania Filippi, Anna Frabetti,
Ada Reggio, Cecilia Serradimigni.

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Reg. Trib. di Bologna n. 6436 del 19 aprile 1995.
ISSN 1124-1578

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