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Note:


1  G. Almansi, Introduzione, in L. Malerba, Il Protagonista, Milano, Mondadori, 2016, p. VI. Un giudizio simile è espresso da Baldini Mezzalana e Asor Rosa. Cfr. B. Baldini Mezzalana, Alberto Moravia e l'alienazione, Milano, Ceschina, 1971, p. 224; A. Asor Rosa, Breve storia della letteratura italiana. II. L'Italia della Nazione, Torino, Einaudi, 2013, p. 270.

2  Come sottolinea Favaro, Moravia era convinto che i movimenti sessantottini non portassero a termine, con le loro azioni, «un piano veramente anti-borghese, contro-conformista, di trasgressione costruttiva, comunque positivo e propositivo». Gli studenti coinvolti, agli occhi di Moravia, «erano degli sconfitti, non troppo dissimili dal suo Michele e dalla sua Carla». Nel febbraio del 1968, Moravia fu invitato a intervenire con Dacia Maraini e Laura Betti in occasione di un'occupazione studentesca, nell'aula I della facoltà di Lettere della Sapienza di Roma, ma fu duramente contestato. In particolare, venne criticato per la sua collaborazione al «giornale della borghesia imperialista», ovvero il «Corriere della Sera», e respinto al grido: «Mao sì, Moravia no». Vd. A. Favaro, Un proletario che si chiama artista: A. Moravia e il '68, a mente fredda, in «Sinestesie», a. XVII, 2019, pp. 172-176. Il dibattito continuò poi presso la redazione de «L'Espresso» con una rappresentanza di cinque studenti: Oreste Scalzone, Massimiliano Fuksas, Valerio Veltroni, Duccio Staderini e Sergio Petruccioli. Il confronto, con il titolo Processo a Moravia, fu pubblicato su «L'Espresso» il 25 febbraio. Vd. A. Moravia, Processo a Moravia, in Id., Impegno controvoglia, a cura di R. Paris, Milano, Bompiani, 2008, pp. 93-97.

3  G. Pullini, Un personaggio scomodo come una coscienza critica, in Alberto Moravia. Il narratore e i suoi testi, a cura di F. Longobardi, W. Mauro, G. Pullini e M. Ricciardi, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1987, p. 20.

4  I gioielli indiscreti (in francese Les bijoux indiscrets), pubblicato in anonimo nel 1748, mostra una visione vitalistica che mette in risalto il valore della fisicità. L'originalità dell'opera di Diderot, secondo Tessari, risiede soprattutto nell'invenzione del sesso della donna «elevato a dignità di personaggio, con facoltà di parola e possibilità di narrare» (R. Tessari, Alberto Moravia. Introduzione e guida allo studio dell'opera moraviana: storia e antologia della critica, Firenze, Le Monnier, 1975, p. 95).

5  B. Baldini Mezzalana, Alberto Moravia e l'alienazione, cit., p. 240.

6  A. Moravia, Io e lui, Milano, Bompiani, 2018, p. 125.

7  Secondo Pandini, il protagonista di Io e lui fa «della sublimazione il miraggio ossessivo della propria vita» (G. Pandini, Invito alla lettura di Alberto Moravia, Milano, Mursia, 1977, p. 102).

8  Rimanere desublimato significa per Federico essere «un inferiore, un incapace, un impotente, tutto sesso e niente creazione»: «La vita per me è sublimazione, la morte desublimazione» (Io e lui, p. 174).

9  Ivi, p. 75.

10  P. Chauchard, Il Messaggio di Freud. Freud e la Psicofisiologia, Roma, Edizioni Mediterranee, 1990, p. 77.

11  A. Moravia, Io e lui, cit., p. 43.

12  Secondo Tessari, l'espropriazione ha anche un valore marxista: i rivoluzionari non sono soddisfatti dal soggetto dell'aspirante regista ed esigono da Federico una convincente autocritica sui suoi limiti borghesi, oltre a pretendere la simbolica espropriazione dei suoi beni. Vd. R. Tessari, Alberto Moravia, cit., p. 96.

13  A. Moravia, Io e lui, cit., p. 237.

14  Ivi, p. 238.

15  Federico racconta a Protti di aver letto le opere di Marcuse, Horkheimer, Adorno, Marx, Mao e Lenin (Ivi, p. 239).

16  Come sottolinea Berisso, l'impedimento maggiore al raggiungimento del successo lavorativo e della stabilità emotiva è proprio il fallo di Rico. Vd. M. Berisso, Introduzione, in A. Moravia, Io e lui, cit., p. 7.

17  Parafrasando le parole di Mieli, il fallo in questo romanzo svolge la funzione di liberare quel polimorfismo che possiede in sé tutte le possibilità dell'eros. Vd. M. Mieli, Elementi di critica omosessuale, Milano, Feltrinelli, 2017, pp. 197-198.

18  Alla vista di un obelisco nel quartiere Eur di Roma, il fallo commenta: «Tutti questi colonnati, quanti obelischi. [...] Simboli tradizionali di ciò che sono, o meglio, posso diventare» (Io e lui, p. 122). La sessualizzazione di ogni elemento del reale, con riferimenti ad antenne televisive, obelischi e torri, è uno dei tratti che accomuna questo romanzo a Il protagonista (1973) di Luigi Malerba, in cui ritorna la situazione di partenza di un dialogo con il proprio fallo.

19  Ivi, p. 160.

20  Gasperina Geroni osserva che i racconti moraviani di questo periodo presentano molti personaggi dissociati. Tra le varie storie dedicate al tema come L'orgia, Gli ordini sono ordini, Dritta e Gemelli nel Nepal, in Armadio Moravia ripercorre la vita di una giovane donna, di nome Silvia, che si è divisa in due per proteggersi dal dolore e dalla sofferenza che la madre le aveva procurato. Vd. R. Gasperina Geroni, Donne ribelli, donne oggetto: il mondo femminile nei racconti di Alberto Moravia, in «Critica letteraria», a. XLVII, fasc. II, n. 183, 2019, p. 367.

21  B. Baldini Mezzalana, Alberto Moravia e l'alienazione, cit., p. 225.

22  Berisso analizza come questo romanzo sia dominato dalla voce di «una specie di "Io" scisso: Rico, intellettuale che cerca di realizzare un'opera d'arte che sia, nel contempo, un'opera politicamente ortodossa, e Federicus Rex, che mira invece a saziare la pulsione sessuale anche più bizzarra» (M. Berisso, Introduzione, cit., p. 8).

23  I. Frattini, La regolazione affettiva tra funzionamento somatopsichico e psicosomatico. Una prospettiva psicodinamica del rapporto corpo-mente, Milano, Franco Angeli, 2022, p. 245.

24  A.N. Schore, La scienza e l'arte della psicoterapia, trad. it. di G. Schiavoni, Sassari, Istituto di Scienze Cognitive Editore, 2016, p. 211.

25  A. Moravia, Io e lui, cit., pp. 45-46.

26  R. Donno, Io e lui e The Breast. Esperienze sublimatorie in Alberto Moravia e in Philip Roth, in «Studi novecenteschi», vol. XLV, n. 96, 2018, p. 331.

27  G. Debenedetti, Il romanzo del Novecento. La letteratura del nostro secolo in un grande racconto critico, Milano, Garzanti, 2015, p. 53.

28  «Come sempre mi succede in questi momenti di suprema debolezza, più che subirlo, io mi identifico con "lui". Sto vivendo un sogno, il "suo" sogno; e in questo sogno io sono "lui" e "lui" è me» (Io e lui, p. 184).

29  Ivi, p. 62.

30  Ivi, p. 281.

31  Moravia sottolinea la pericolosità di una completa liberazione sessuale e, quindi, dell'azione senza regole del fallo-Es, che sfocia nell'istigazione di atti violenti, come l'idea dello stupro che Federico confida a Vladimiro. Il fallo, durante una passeggiata estiva in un giardino in cui vede una bella ragazza, lo incita a «tirarle fuori un seno, ficcarle le mani sotto la gonna, sbatterla sull'erba» (Ivi, p. 158). Al contempo, a fine romanzo, lui propone prima di stuprare Virginia, la figlia di Irene, e poi di soffocarla, uccidendo la bambina (Ivi, p. 403).

32  Ivi, p. 107.

33  Ivi, p. 58.

34  Ivi, p. 119. Il corsivo è mio.

35  In questo senso, Baldini Mezzalana considera i colloqui tra i due protagonisti come «due estrinsecazioni della dissociazione del protagonista», che dovrebbero costituire la «vis comica del libro» (B. Baldini Mezzalana, Alberto Moravia e l'alienazione, cit., p. 223).

36  A. Moravia, Io e lui, cit., p. 156.

37  R. Donno, Io e lui e The Breast. Esperienze sublimatorie in Alberto Moravia e in Philip Roth, cit., p. 328.

38  A. Moravia, Io e lui, cit., p. 47.

39  F. Gnerre, L'eroe negato. Omosessualità e letteratura nel Novecento italiano, Roma, Rogas, 2020, p. X.

40  «Desublimato, mi sono lanciato a testa bassa sulla strada dell'approccio omosessuale e sono invece affondato fino agli occhi nel solito pantano dell'umiliazione e della vergogna» (Io e lui, p. 201).

41  «Provo, all'idea che Maurizio se ne vada dopo avermi gettato in faccia i miei cinque milioni, un'angoscia il cui carattere non mi sfugge, purtroppo: è l'angoscia di chi, uomo o donna, si vede abbandonato dalla persona che ama» (Ivi, p. 190).

42  «Allora, d'improvviso, ecco, mi balena il sospetto che "lui", senza che me ne sia accorto, mi ha fatto uno dei suoi consueti brutti scherzi, trasformando un sodalizio di lavoro in un legame passionale se non addirittura fisiologico» (Ivi, p. 191).

43  R. Deidier, Prefazione, in C. Gargano, Ernesto e gli altri. L'omosessualità nella narrativa italiana del Novecento, Roma, Editori Riuniti, 2002, p. 9.

44  Lo slogan "vietato vietare" esprimeva perfettamente il carattere antiautoritario e antistituzionale dei gruppi sessantottini. L'invettiva dei movimenti studenteschi era rivolta alla morale sessuofobica e repressiva che vigeva nelle principali istituzioni educative, cioè Chiesa, scuola e famiglia. Vd. P. Gabrielli, Oltre la soglia della "politica", in I linguaggi del '68, a cura di M. L. Bianca e P. Gabrielli, Milano, FrancoAngeli, 2009, pp. 40-64.

45  M. Mieli, Elementi di critica omosessuale, cit., pp. 197-198.

46  G. Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia, Milano, Feltrinelli, 1999. In particolare, si sottolinea che nel 1968 Moravia aveva assistito al processo ad Aldo Braibanti e aveva poi commentato l'esito con sdegno sulle pagine dei giornali, insieme ad altri autori come Pasolini, Fortini e Morante. Cfr. A. Moravia, U. Eco, A. Gatti, M. Gozzano, C. Musatti, G. Bompiani, Sotto il nome di plagio. Studi e interventi sul caso Braibanti, Milano, Bompiani, 1969.

47  A. Moravia, Io e lui, cit., p. 198.

48  Ivi, p. 200.

49  «Si verifica la consueta, temuta identificazione con "lui", la quale fa sì che, in questo momento, io sono "lui" e "lui" è me. Mi sento come sollevare dal suolo e volare verso Maurizio. In realtà non sono io ma "lui" che, levitando dal mio ventre, si solleva e si protende, voglioso, verso l'oggetto dei suoi desideri» (Ibid.).

50  Ivi, p. 83.

51  Ivi, p. 309.

52  G. Pandini, Invito alla lettura di Alberto Moravia, cit., p. 102.

53  La trama è letta da Federico a Maurizio: «Un gruppo di ragazzi e di ragazze, tutti studenti e tutti politicamente impegnati, decidono di creare un deposito di armi da tenere pronto per l'eventualità di un imminente movimento rivoluzionario. Ma per acquistare armi ci vuole denaro e il gruppo non ne ha. Ci sono due maniere, per il gruppo, di procurarsi il denaro: guadagnandolo o rubandolo. Ma un furto giustificato da una superiore ragione politica non è un furto» (Io e lui, p. 84). Oltre a realizzare il furto, nella sceneggiatura di Federico il gruppo rivoluzionario progetta l'assassinio del mercante d'arte, al quale si erano rivolti e che li aveva traditi: tuttavia, in seguito, rinunciano all'idea dell'omicidio. Alla fine della trama, il gruppo si scioglie, gli ex partecipanti crescono e si ritrovano a condurre la stessa vita borghese che prima avevano duramente contestato.

54  Ivi, p. 85.

55  Ivi, p. 84.

56  Ivi, p. 90.

57  Ivi, p. 96.

58  Ivi, p. 306.

59  Ivi, p. 305.

60  Ivi, p. 309.

61  Infatti, Federico, dopo essere stato contestato dal gruppo, osserva: «Mi linciano accuratamente; ma se al posto mio ci fosse un altro, il linciaggio avverrebbe lo stesso» (Ivi, p. 314). Su questo argomento, si citano le parole che Moravia rivolge in un dialogo al magnetofono a Enzo Siciliano: «I giovani del Sessantotto, e quelli che sono venuti dopo, pensano che il mondo vada cambiato, cambiato con la violenza, ma non vogliono sapere perché e come cambiarlo. Non vogliono conoscerlo, e dunque non vogliono conoscere se stessi». Si riducono, pertanto, a «uno stato tribale» (E. Siciliano, Alberto Moravia. Vita, parole, idee di un romanziere, Milano, Bompiani, 1982, pp. 99-101).

62  A. Moravia, Io e lui, cit., p. 339.

63  Ivi, p. 312.

64  «Mi definisci, via via, con termini per me incomprensibili ma certamente ingiuriosi: scopofilo, feticista, esibizionista, sadico, masochista, onanista, omosessuale, gerontofilo e non so quante cose ancora» (Ivi, p. 275). Federico non riesce, inoltre, a trattenere il proprio desiderio sessuale alla vista della piccola Virginia, addormentata nel suo letto: «Io so bene quello che "lui" vuole da me; la sua congestionata, furiosa enormità me lo fa presagire» (Ivi, p. 402).

65  Id., A. Elkann, Vita di Moravia, Milano, Bompiani, 1990, p. 204.

66  Strappini individua una corrispondenza tra i corpi umani e gli oggetti inanimati, che si trovano «correlati a un preciso e comune sfondo di luci e di ombre». Gli oggetti e i corpi devitalizzati, come Cecilia o in questo caso Fausta, assorbono, per «misteriose vie, la vitalità dei vivi», rendendo i personaggi, che sono in contatto con loro, al pari di figure inerti. Vd. L. Strappini, Le cose e le figure negli «Indifferenti» di Moravia, Roma, Bulzoni, 1978, p. 11.

67  A. Moravia, Io e lui, cit., p. 131.

68  Secondo Giuliani, Irene, scevra da qualsiasi passione, ma soprattutto appagata dall'«autoerotismo più maniacale e soddisfatto», costituisce una variazione del «tema masturbazione-solitudine-contemplazione dell'immaginario» (A. Giuliani, Autunno del Novecento. Cronache di letteratura, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 152).

69  A. Moravia, Io e lui, cit., pp. 387-388.

70  Ivi, p. 144.

71  Fausta subisce le critiche e gli insulti del marito per tutto il romanzo. Tuttavia, anche la moglie di Vladimiro è rappresentata come una casalinga succube del marito e quindi vittima del patriarcato, come si evince dalle parole di Vladimiro: «Mia moglie non lavora. [...] Fa la moglie» (Ivi, p. 152).

72  B. Baldini Mezzalana, Alberto Moravia e l'alienazione, cit., p. 231.

73  A. Moravia, Io e lui, cit., p. 65.

74  È lo stesso Federico a ricordarlo alla moglie: «per ben due anni hai fatto la squillo» (Ivi, p. 215).

75  Fausta fa le pulizie di casa e dichiara di non avere amici che non siano in comune con Federico (Ivi, p. 68). Il protagonista, inoltre, la denigra per il suo aspetto fisico: «Dieci anni fa eri un giunco. Adesso sei una balena» (Ivi, p. 206).

76  Per un quadro di come cambi l'equilibrio dei rapporti tra uomo e donna nella società e nella letteratura con il Sessantotto: vd. L. Nepi, Violenza sessuale e soggettività sessuata, Torino, Giappichelli, 2017, p. 60.

77  L'attenzione rappresenta l'addio definitivo al mito positivo del popolo, di matrice neorealista.

78  Carlo Bo sottolinea l'originalità della caratterizzazione della moglie Fausta, che «nella sua umile sofferenza, nella piena coscienza del suo amore» si distingue moralmente e positivamente dagli altri personaggi del romanzo. In particolare, nella sua figura emerge «quella pietà che finora i personaggi di Moravia non hanno mai potuto vedere» (C. Bo, Il nuovo romanzo di Moravia: Io e lui, in «Corriere della Sera», 4 febbraio 1971, p. 13).

79  Secondo Longobardi, tutti i personaggi moraviani fondano la propria esistenza sulla «rinuncia al possesso di questa realtà e la sua contemplazione» (F. Longobardi, Alberto Moravia, Firenze, Il Castoro, 1969, p. 79). Anche Del Buono è convinto che «proprio con la sua abdicazione al ruolo di protagonista Dino consegue la salvezza», cioè con la consapevolezza che la realtà possa semplicemente essere contemplata. Vd. O. Del Buono, Moravia, Milano, Feltrinelli, 1962, p. 31.

80  Secondo Tessari, il suicidio, agli occhi di Federico, appare l'«unico sbocco radicale della sublimazione» per sottrarsi alla subordinazione e all'umiliazione fisica e sociale. Vd. R. Tessari, Alberto Moravia, cit., p. 97.

81  G. Pandini, Invito alla lettura di Alberto Moravia, cit., p. 103.

82  Nella produzione moraviana il manichino, insieme al fantoccio e all'automa, incarna il simbolo della condizione alienata in cui si trova a vivere il borghese nella società novecentesca. Esso mostra un'ambivalenza ontologica nella sua rappresentazione: è un oggetto inanimato, cioè privo di anima, stupidamente inetto, ma, al contempo, è pur sempre dotato di sembianze umane, quindi ingannevole in quanto rappresenta fallacemente la realtà.


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gennaio-maggio 2023, n. 1-2