Paola Lovisolo
Poesie

 

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nell'intervallo posticcio della mia scomparsa

nell'intervallo tassello scorrevole posticcio della mia scomparsa una crociera alla volta di radiazioni niente fiori recisi niente cugini vegetali dei fiori o né corone smodate di pane per la scarpetta da intercalare ai resti niente niente presse di zucchero con alucce al cielo e occhietti neri cuciti sul posto senza cubiti di palpebre senza saette oblique per contenere preghiere termosigillanti niente di niente per amore il cui punteggio neutro siede tranquillo ad ascoltare gli uccelli cantare con te

[...]

tra le sbarre in nuclei di piccole lampadine le tue mani umane scartano telescopi circadiali in me appoggiate come tigri bianche dalle mille propaggini promiscue affondate in me pasionaria dalle maniche larghe e tu insanguinato che mi stai lì come fungo sotto le foglie e supponi interdetto - ancora una volta - che non abbia mai portato gonne, mai seno alla luce, mai goduto di un gemito incauto - sai bene benissimo come mi piacciano i ricami che chiedi tra le sbarre su te impiegata solerte a dirigere - capo fantomatico di un fantomatico dettato, le bande del sottosuolo e mai femminile e così tanto quando al posto del fucile vomito le spille del tuo combattere e sibilo illimito redigo sfilze di accusatio al tuo imminente processo. mi annunciano le compagne: pasionaria dalle maniche larghe

[...]

scrivere. scrivere. scrivere. fiori bagnati che ridestano bambini* che li mangiano subito dove la notte è la stanza migliore. scrivere. scrivere. scrivere. la sensazione di correre al guinzaglio di sentirselo gelare al collo e con una cinghia in bocca che sbarra la fibbia che preme la nuca e salta di buco in buco per serrare. scrivere. scrivere. scrivere. vai a parlare come si deve di stelle coi poeti e vedrai i loro mascheroni cambiare la composizione chimica in quella di un bambino**

*polverosi/**polveroso (per scena)

[...]

il tuo corpo. il tuo viso... la luce, come la trasformi in una bellezza che sta scrivendo per rendersi con i tuoi segni...

[...]

scrivere è essere detti dilatazione bianca da un numero considerevole di autoclavi impazzite/rientranti compluvi (che si ingrazieranno i fiumi) su cui poggiano staffe di orizzonte/sforzo rigido di saliente bitume tostato

* * *

il tempo che le parole---> parole] --->-ci metto più tempo a tirarmi su i capelli
e a lasciar fare alla pioggia. e mentre lui nel suo concetto di grande mago rifa
e rifà - gli succhierei il cazzo con carta moschicida sentire la sua grazia stanca
ormai tra le ali -
il tempo che le parole---> parole--->bachi sadomaso che mi fanno l'ombrellino
ci metto più tempo a far saltare il sangue da che un polso è l'altro riscuotendo
i battiti svitati dalla gola

il tempo che le parole---> parole] ---->avrò saltuariamente più po[s]teri. o farse.
nulla più

* * *

così il foglio bianco:
modellaci tu un dio se sei capace
la pietra la cavi va via dalla statua
la pietra in di più
ma sul foglio le parole che vanno
cavate vanno scritte
vanno

o mettermi lì in amore
a scrivere le lettere che vanno cavate
per dirti l'amore
come ho fatto o non ho fatto finora
è come se il foglio alla fine avesse
due bambini che si respirano in bocca
ombra di destrudo

* * *

carburare II

stai nel bianco si dice la pagina
                                           rifiuta grandi sforzi di percezione
stai nel bianco si dice la pagina il bianco per il nero è un buco nero
la parola è soltanto il biglietto da visita di piccole resistenze umane
che demoni imprestati a effetti speciali si divertono a portarsi a letto

* * *

prendimi in casa corpo
ancora per oggi
non porto borse borsette o bracciali che richiamino i fantasmi da guardia
se ho paura
non porto risvegli bruschi incubi non porto odio non porto amore
non porto padre madre fratelli sorelle figli
se mi prendi -
ancora per oggi -
non porterò che stregoneria del mio desiderio bullo sulla linea di partenza

* * *

come si scioglie l'anima? scolando la chioma dal pettine?
mescolando la chioma col pettine?
io vedo i denti dell'inguine sulla testa dell'anima
la mia bocca sulla testa dell'anima per succhiarla in su
che si attacchi al seno

anatomizzami. era la tua preghiera d'amore senza parole. allora i raggi della mia bocca
rompevano glicini su tutta la malattia: di morirmi tra le braccia nemmeno a parlarne.
vai via! anatomizzami! vai via e mai una volta sola: salvami! che la salvezza era stare dietro al mondo tornando a galla come anguille elettriche nidificare gli alberi infilare gli occhi delle immagini nell'acqua così rimango io e tu muori e non c'è niente da salvare dalla morte la morte non ha i denti aguzzi la morte non è il dolore la morte immerge nel fuoco le vie sfocate

* * *

nel mio avanzato stato di terra posso mai scrivere qualcosa
che devo considerare o debba considerarsi compiuta?
lascio sempre un buco inenarrabile al centro delle parole
che mi stupisca con piccoli moniti che mi mettano in riga

[...]

rivoltate le conquiste
tolte le dita perché i fiori nascano
il mio corpo ha da fare
a dire che se ne va

* * *

non sono più quel foglio per scrivere piatto come una foresta dall'alto]
la geometria devastata della gelatina balistica espulsa dai miei desideri è
sventola di attributi tanto imperituri tanto vaghi - mi esplodono dentro
collegamenti di labirinti intestinatissimi dove il cibo né la mano gaudente
arrivano come prima. le catene che erano cessioni di cavità temporanee
per riposare proseguono per nuca e vertebre nucheiche: vizi profumati
messi in melassa mi sussurrano inanellate forzature esemplari d'isteriche
intercorrezioni alla Correzione per esercitamentosi

* * *

tra una delle cose che sono---> mezze rose preparate colla mia carne: fonte di apparizione che dovrebbe esaltare l'odore] tra una delle cose che sono---> volevi divertire il pasto volevi un po' della intimità del mio corpo e qualcuno oltre a te mi usasse come un fiore tra i brividi tra una delle cose che sono---> mi chiedevi hai freddo? ho freddo. tremo. e tu vieni a soffiarmi le evoluzioni nitide delle tue fibre che io ripeto con gli occhi e torno alla ventura con la tua bocca tra le natiche prima di ogni altra cosa e il cielo scuro da colarne infimità che curassero infermità senza capriccio]

sai che restituisco tutto. restituisco tutto
un tuffo al cuore sodo che non si addice che al colmo della mia meraviglia meticolosa immagine evadi con costanza irricucibile al suono da ore da orologi prima di ogni vigilia e vigilia di eva
               vai
                             via
                                          
tra una delle cose che sono

* * *

a presto, addio. amo i tuoi numeri che educatamente si offuscano senza chiedere
e qui c'è il vecchio sacchetto della tombola]
rendere netta la vita è la noia mortale] mi smarrisco così posseduta nella nebbia
si trasformano i luoghi di destinazione a/in stretto battibecco di polvere

[...]

a presto, addio. questa poesia gettata su ghiacciai di pipistrelli neri è una ragazza
che fugge in cerchio è una deriva di esarazioni mortali tutte in fiocchi tutte siesta
di sangue tutte come mi infilassero a batuffoli dal cuore testate matte di arsenico

[II]

a presto, addio. passa ancora di qua quando saprai riconoscere i luoghi
dove le stelle preferiscono diradare. io certo starò leggendo le tue mani
da prima ancora che partissi e con il viso sazio alle mie labbra ripetevi
quello che dicevo di te o di cosa mai intrecciasse di nero ai tuoi capelli
bianchi e forse eri tu stesso a suggerirmi la lettura tu a chiudere quel
libro ospite di sottili e confini tu a stringere i miei polsi per darmi ore
di amore
di sonno
                                           per l'esattezza

* * *

il disegnatore

il fatto di passare per una selvaggia a restare in piedi per ore battuta dal vento
e il mistero di riconoscersi il volto passando le dita sul primo albero del bosco
sulla collina il fatto di masturbarsi sulla tomba del padre per dare via al primo
discorso serio con quell'uomo sottoterra: lei viveva come l'estremità di cose
attratte senza sosta dal centro di qualcosa di altro

[...]

non le dice stai ferma. comincia a disegnarla e basta. non importa se si muove.
non importa se parlando si muove: la disegna e basta e senza dirle mai di stare
ferma la disegna e non le dice niente ma non è vero che non le dice niente è un
modo di dirle altre cose un modo di vederla in certi stadi di conversazione][in
certa luce di conversazione dice lui

* * *

ovunque piovesse questa primavera

crudo il pathos
del lucido germoglio
(a sole saetta)

il colore crudo
delle ali del corvo
rimemora buio
a sole alto
(fa primavera)

splendide navi fantasma
dove sparì il tempo a mare
a contare i pesci morti
e straripò in tempesta]


e centrica scrittura stava tutta
nel suo viso umano levato dai contorni
come il suo seno levato dal torace
come il suo sesso levato dall'inguine
come i suoi fianchi levati dalle anche
come le sue natiche levate dai lati dell'osso sacro
e centrica scrittura stava la stessa cosa solo un po' diversa

ovunque piovesse questa primavera
le mano che gira il coltello lo allinea al fiume
è tutto vero dalle occhiaie di legno dell' acqua
strariperanno sfumature sopite e sospinte
e un po' di stupore tornando al particolare
incorrotto dove l'aria si difende dall'uomo

ovunque piovesse questa primavera

* * *

spogliami come l'isola degli uccelli che volano via
col mio occhio nel becco - necessariamente - va via
da questo ora che non servo di abbellire sgolandolo

[...]

io sono l'incontro / la vera sorpresa che ti precorre / il cielo
spostato l'ora avanti / la conchiglia di mare grosso che tieni
al collo / la pietra che prendi al volo dal cervello del vulcano/
e capace - senza sgomento - la sola di attraversarti il cranio
con una rosa

* * *

pass 1

ha smesso di amarlo. Il digiuno le infiamma lo stomaco.
il peso del cielo dondola verso oriente e torna indietro.
il fiume rallenta per porgerle ostie di limo dolce
e bisbigli frantumati sui guizzi del controluce.
il giorno sfoca fra vaporose ipnosi
lentamente mette via cose]

* * *

consenti la non data acquisizione

umanità accapponata continuamente accapponata
sulla pelle di Dio
intatta era l'origine senza testamento

[...]

l'imenità intatta di mio padre mi si sgretola tra le dita
come un ponte circolare di biscotto messo alla pioggia
(l'ho difesa da migliaia di colazioni)
davanti al mare oggi è diventata polvere
trappola entomologica per verità non scritte
ma che non costano in stelle

[...]

scomparendo conteremo le stelle
dimenticandoci di avere fatto presenza
di avere voluto vedere come (si) fotte
un manichino calcolando per decenni
l'area dei nostri specchi

* * *

tutto finito. i margini a perdita di occhio per nulla di umano ci arriva. più di così la mia vita girò nella fessura caddero fantasmi di parole allora cadono fantasmi di parole ora seriali segreti di plastica difformi dal segreto sferico conforme saluti distribuiti come sigarette in manicomio/per non restare soli

 

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Giugno-dicembre 2010, n. 1-2