|
Due nuove opere americane: Celestial Excursions e The Temptation of St. Anthony
di Ilaria Scola
Due opere musicali sono state presentate recentemente da due artisti americani che, a mio avviso, rappresentano insieme in modo emblematico l'America e il mondo del nostro tempo: Celestial Excursions di Robert Ashley e The Temptation of St. Anthony di Robert Wilson.
I lavori di Robert Ashley hanno realizzato nuove applicazioni del linguaggio nella musica, e la sua ultima opera, Celestial Excursions, è certamente una continuazione del suo sperimentalismo. Presentata come nuovo concetto d'opera per il nuovo millennio, Celestial Excursions, come l'opera tradizionale, mescola e inserisce in un contesto musicale elementi scenici e elementi narrativi. Ma Ashley racconta storie moderne in musica. E Robert Ashley dice di essere cresciuto ascoltando la radio, dischi jazz, musica popolare e di avere scoperto la tradizione della musica europea solo ai tempi dell'università. Ed è proprio la sensibilità musicale sviluppata dall'ascolto della musica popolare americana che Ashley porta nella sua opera («Non sento la musica nella stessa maniera in cui Stockausen sente la musica e, certamente, non sono un europeo del diciannovesimo secolo»). I suoi lavori sono intenzionalmente americani sul piano tematico e sul piano linguistico. La sua poesia ricrea un linguaggio quotidiano che tratta spesso di temi banali, poco importanti e presenta descrizioni di situazioni che possono essere percepite come insignificanti. Allo stesso tempo, le sue parole risultano brillanti e profonde, possiedono la profondità di una rivelazione.
Come afferma Richard Rorty (Achieving Our Country: Leftist Thought in Twentieth Century America, Cambridge, MA, Harvard University Press, 1998), la dimensione esistenziale del quotidiano americano ha abbandonato l'idea dell'eterno. I testi di Ashley rivelano poeticamente la finitezza di questa condizione umana. E il loro linguaggio è l'inglese americano. Per creare una grande opera, Ashley afferma, il compositore deve sentire il suo linguaggio come musica. La velocità e il ritmo sono gli elementi da cui scaturisce la musicalità del linguaggio inglese, elementi caratteristici della tradizione musicale popolare americana. Tradizione da cui attinge il pianista Blu Gene Tiranny, collaboratore di lunga data di Ashley, nella preparazione dei cosiddetti «musical beds» che accompagnano le parole dei testi.
Negli ultimi 25 anni, Robert Ashley ha composto un cospicuo numero di opere che include, per esempio, titoli come Perfect Lives (1978), Atalanta (Acts of God) (1958), Now Eleanor's Idea (1994), Balseros (1997), Dust (1998), e ultima Celestial Excursions (2002). Quest'ultima opera è stata commissionata dal Performing Artservices Inc. e il Berliner Festpiele ed è stata messa in scena al teatro The Kitchen di New York nell'aprile del 2003. Il libretto è una meditazione commovente e allo stesso tempo umoristica sulla vecchiaia, sulla memoria e sulla morte. L'opera, che si presenta come un susseguirsi di recitativi, canzoni, suoni elettronici, trova la sua fonte materiale nelle conversazioni frammentate e, a volte, incoerenti delle persone anziane. Infatti, i protagonisti di Celestial Excursions, per dirlo con le parole di Ashley, sono «una comunità così emarginata che non ha nemmeno un futuro a cui guardare». Essi cantano o raccontano segmenti più o meno brevi del loro passato dando vita a una sequenza di immagini simili più ai sogni che alla realtà. Coniugando musica e poesia, Ashley dà una forma, una struttura a queste immagini tenute vive nei sotterranei della memoria, ma soprattutto dà una voce alle paure e ai sentimenti degli anziani.
Nella messa in scena di New York i cinque personaggi dell'opera sono interpretati da Sam Ashley, Thomas Bruckner, Jacqueline Humbert, Joan La Barbara, e dallo stesso Robert Ashley. L'intera opera è accompagnata dalla musica del pianista "Blue" Gene Tyranny e dall'orchestra elettronica realizzata da Tom Hamilton. Inoltre, c'è un personaggio muto interpretato e coreografato da Joan Jonas, una pioniera del video digitale. I cinque artisti sono seduti a dei piccoli banchi. La parte di Robert Ashley è per lo più da solista. L'impiego delle cinque voci è molto articolato e vario: a volte tutti cantano all'unisono; a volte cantano le stesse parole con lo stesso ritmo in armonia o in contrappunto; e infine, a volte cantano differenti parti simultaneamente creando un flusso musicale continuo. Particolarmente emozionante è il punto in cui Ashley racconta di una anziana signora che vuole una lettera d'amore da poter leggere nei momenti di solitudine. Poi, legge questa lettera nella forma di una classica canzone blues. Celestial Excursions è un'opera più complessa dei precedenti lavori, che raggiunge una nuova maturità. La complessità di Celestial Excursions viene racchiusa in una frase dello stesso Ashley, «the River deepens [as it flows into the Ocean]» («il Fiume si approfondisce [appena sfocia nell'Oceano]») che può essere letta nella doppia chiave esistenziale e artistica.
Robert Wilson utilizza le funzioni comunicative del linguaggio del corpo e delle immagini, più che della parola. Emerge sulla scena internazionale nel 1970 con l'opera muta Deafman Glance. Dopo la presentazione dell'opera a Parigi nel 1971, il poeta surrealista Louis Aragon, in Lettera Aperta a André Breton, definisce Wilson come l'erede e allo stesso tempo il superamento del Surrealismo: «Colui che noi, da cui il Surrealismo è nato, abbiamo sognato sarebbe venuto dopo di noi e sarebbe andato oltre noi», e così ne commenta l'opera: «Mai sin da quando sono nato ho visto qualcosa di più bello su questa terra, mai c'è stata un'altra performance uguale a questa, perché è simultaneamente vita al suo massimo vigore e vita con i suoi occhi chiusi, realtà mista a sogno, la inesplicabilità di ogni cosa nello sguardo di un uomo sordo».
Wilson ha affermato che il suo è un teatro formale più che interpretativo: «l'interpretazione non è il compito dell'artista, del regista, scrittore o attore: l'interpretazione spetta al pubblico». Infatti, l'artista americano afferma di non potere definire il suo lavoro se non per una via negativa, cioè in maniera socratica, dichiarando di sapere di non sapere quello che in sostanza è il suo teatro: «la nostra responsabilità come artisti è di fare domande, dire non "questo è" ma "che cosa è questo?"». La tensione tra movimento, luce, suono, immagine e anche la parola porta nella performance artistica i mondi sommersi del sogno e dell'inconscio. Il valore del sogno in Wilson è strettamente legato a una sensibilità tragica che egli recupera a dispetto di quella dimensione esistenziale, finita e pragmatica a cui facevamo riferimento nell'analizzare i lavori di Ashley. Infatti, la tradizione pragmatica americana è stata criticata da filosofi come Sydney Hook e Cornel West che hanno cercato di integrare questo pragmatismo con un profondo senso del tragico. Specialmente West, che non a caso è un filosofo afroamericano, afferma che un vero progresso non è possibile nelle democrazie contemporanee senza lo sviluppo di una sensibilità tragica (Cornel West, The American Evasion of Philosophy: A Genealogy of Pragmatism - Madison: The University of Wisconsin Press, 1989 p.101). La scena fondamentale di Deafman Glance è una lunga sequenza in cui una donna di colore uccide i propri figli, una scena che, è stato detto, rimanda al tempo stesso alla tragedia greca e ad episodi odierni di cronaca nera. Questo tipo di riferimento è ricorrente nelle opere di Wilson che ne fa spesso un uso suggestivo e surreale (ad esempio, in Einstein on the Beach e in Civil Wars).
In questa opera recente, The Temptation of St. Anthony, messa in scena al Festival di Ortigia, la scorsa estate, nel teatro greco di Siracusa, Wilson ripropone la suggestione esclusivamente d'oltreoceano della realtà afroamericana in maniera inequivocabile. Realizzata in collaborazione con la compositrice e studiosa della cultura afroamericana Bernice Johnson Reagon, l'opera riprende e rielabora la novella di Gustave Flaubert che narra la storia dell'eremita del III secolo vissuto su una collina egiziana. Sulla scena, l'opera si presenta nella forma di sogno surreale che da un lato scava nel conflitto interiore di Sant'Antonio combattuto tra la tentazione dei sensi, la resistenza e il dominio delle passioni in una tensione verso la perfezione morale; dall'altro lato, porta il conflitto interiore a confrontarsi in uno spazio esteriore con una molteplicità di credenze religiose e filosofiche. Secondo la chiave di lettura offerta dall'artista americano, la storia nel momento in cui rappresenta la lotta spirituale di Sant'Antonio diventa simbolo dell'agitazione religiosa del XXI secolo. Soprattutto inserisce nella tradizione occidentale l'elemento tanto nuovo quanto estraneo della musica nera. Questa musica ha le sue radici nella schiavitù, e Wilson giustifica la sua scelta musicale instaurando un paragone tra la condizione da incubo di Sant'Antonio e quella della schiavitù. Il repertorio musicale varia tra spirituals, blues, inni, gospels, jazz e hip hop. Bernice Reagon, inoltre, porta nella produzione di Wilson movimenti sulla scena di derivazione dalla tradizione nera dei secoli XVIII-XX: «Ho imparato dalla Reagon - afferma Wilson - qualcosa del linguaggio teatrale che è stato superato. Dondolarsi, muoversi, sedersi - tutte queste cose sono coreografia». Il linguaggio teatrale della tradizione nera non soltanto enfatizza la natura visuale del teatro di Wilson dove la comunicazione per immagini è più importante di quella tramite le parole ma anche rafforza la complessa relazione tra il linguaggio verbale e la sua retorica visuale. E l'opera, pur rimanendo una meditazione sulla religione e sul personaggio di Sant'Antonio, si trasforma in un sogno surreale che utilizza la suggestione di diciotto corpi di colore sulla scena.
Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 2003-2004
Dicembre 2003, n. 2
|