[B900] Segnalazioni/A - Resoconto del convegno su Giuseppe Ungaretti

Redazione di Bollettino '900 redazione at boll900.it
Thu May 22 18:10:45 CEST 2008


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     BOLLETTINO '900 - Segnalazioni / A, aprile 2008

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SOMMARIO:

- Eleonora Conti, Monica Jansen
   Resoconto del convegno:
   "Giuseppe Ungaretti: lingua, poesia
   e traduzione"
   Anversa, Lovanio
   27-29 novembre 2007

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Dal 27 al 29 novembre 2007 si e'
svolto ad Anversa e Lovanio il convegno
internazionale "Giuseppe Ungaretti:
lingua, poesia, traduzione" organizzato
dallo Hoger Instituut voor Vertalers en
Tolken (HIVT) in collaborazione con la
Katholieke Universiteit Leuven e
l'Universite' Paris IV - Sorbonne.
Rosario Gennaro, insieme a Bart Van
Den Bossche e a Francois Livi, ha
riunito un gruppo internazionale di
esperti del poeta per discutere i
molteplici aspetti del rapporto fra
Ungaretti e la traduzione: le diverse
sezioni del convegno, infatti, hanno
dibattuto sia le problematiche
affrontate dall'Ungaretti traduttore
di Blake, Shakespeare, Pound, Gongora,
dei poeti arabi e brasiliani; sia le
caratteristiche delle traduzioni francesi
dell'opera poetica di Ungaretti (Jouve,
Jaccottet, Lescure); sia l'aspetto
dell'identita' intellettuale costruita
da un Ungaretti costantemente "entre
les langues", non senza toccare alcune
problematiche teoriche e storiche
riguardanti l'arte della traduzione.

Il pomeriggio del 27 novembre e'
stato inaugurato ad Anversa da
Carlo Ossola (College de France), che
ha introdotto il convegno ricordando
come per Ungaretti il modo migliore
per rendere lo spirito di un testo
tradotto fosse conservarne la materia
fonica, indipendentemente dal suo
senso. Idea di ascendenza mallarmeana,
collocata da Ungaretti all'origine
della propria avventura poetica.
Dall'avventura dell'Ungaretti
traduttore non e' possibile
disgiungere il sapersi "greffe'",
innestato, in un "contrasto di
innesti" maturato nella serra delle
sue molteplici patrie culturali. Giulia
Radin (College de France) ha illustrato
le caratteristiche del dattiloscritto
tuttora inedito, di oltre 170 pagine,
conservato presso il Fondo Ungaretti
del Gabinetto Vieusseux di Firenze,
contenente il commento ungarettiano
alla canzone *Alla primavera* di
Leopardi, e il fascicolo preparatorio
che contempla, da un parte, la ricerca
delle fonti greche, latine, ebraiche
della lirica e, dall'altra, un confronto
con testi della letteratura europea
affini alla canzone del recanatese.
Il progetto ungarettiano prevedeva
la pubblicazione di un volume per
Vallecchi da sempre noto come *Demonio
Meridiano*. Ogni testo rintracciato da
Ungaretti per commentare la canzone
prevedeva anche una traduzione in
italiano, esistente o approntata da
lui stesso, di cui restano dunque
talora piu' versioni: il documento
offre cosi' l'occasione per entrare
nel vivo del laboratorio del traduttore.
Rossella Terreni (Universita' di Bologna)
ha illustrato dettagliatamente la storia
del volume delle traduzioni da William
Blake, servendosi anche di testimonianze
di prima mano fornite da Mario Diacono,
collaboratore di Ungaretti in quella
impresa. Isabel Violante Picon
(Ambassade de France), mettendo a
confronto le prefazioni ungarettiane
alle sue traduzioni, ha parlato di
"irruzione" della traduzione nella
creazione ungarettiana; a suo avviso,
infatti, la traduzione e' un lavoro
di compensazione per Ungaretti che
gli permette una liberta' che non
osava esercitare quando componeva
poesie. La giornata si e' conclusa
con una Tavola Rotonda su "Ungaretti
e le lingue: tradizione e modernita'"
a cui hanno preso parte Francois Livi,
Isabel Violante Picon, Carlo Ossola,
Winibert Segers e Reine Meylaerts.

Durante la mattinata del 28 si e' entrati
nello specifico del laboratorio di
traduzione del poeta. Andrea Amerio
(Universita' di Torino) ha messo
l'accento sulla funzione della
memoria che trasforma il lavoro
di traduzione in un lavoro di
archiviazione, per permettere al
poeta di aggirarsi come un *flaneur*
benjaminiano tra le poesie di Shakespeare.
Ungaretti era anche un valente filologo
a cui interessava in primo luogo riudire
e restituire la voce del Barocco.
Paola Montefoschi (Universita' di Chieti)
ha indagato sulle affinita' tra Ungaretti
e Pound, due poeti della stessa
generazione che condividevano anche
la stessa scelta ideologica nei
confronti del fascismo. Ungaretti
e' spinto a una lettura autorefenziale
quando sceglie le poesie di Pound da
tradurre in italiano, tanto più che
egli descrive il poeta americano
come un "uomo di pena". Il fatto
che Ungaretti abbia tradotto il
componimento *Song* nel 1955,
comporta il trasferimento e il
riadattamento dell'originale degli
anni Quaranta al nuovo clima del
dopoguerra. Oltre a un processo
di appropriazione del testo, nelle
traduzioni si scorge anche un
lavoro di neutralizzazione del
testo originale, a discapito del
plurilinguismo: la parola "Heimat"
per esempio, in tedesco nel testo
originale, viene tradotta con
l'italiano "suolo". Del resto, nel
dibattito seguito all'intervento,
che ha coinvolto Franco Musarra e
Alfredo Luzi, quest'ultimo ha
sottolineato come solo di recente,
con Claudio Magris, "Heimat" abbia
perso quella connotazione negativa
che lega storicamente la parola
all'uso fattone durante il nazismo,
connotazione di cui Ungaretti era
consapevole.

Con Alexandra Zingone (Universita'
di Roma 'La Sapienza') ci spostiamo
sul terreno delle poesie in lingua
araba, mediate dalla lingua francese,
che riportano Ungaretti alla sua
"Affrica". Anche qui e' evidente
un lavoro di riconduzione del testo
originale alla propria lingua poetica.
E' anche presente la lezione di Valery
nell'idea del miracolo della lingua,
della 'musica', talora piu' forte del
senso della poesia. La memoria
dell'infanzia del poeta traspare
nella figura del deserto e così
"fustat", ossia "tenda", diventa
nella traduzione "citta'". Monica
Savoca (Universita' di Bologna),
con un intervento d'impianto teorico,
ha scelto l'ottica delle teorie
contemporanee sulla traduzione
per mettere in luce i dilemmi del
poeta traduttore di Gongora, sempre
intento a sottrarre la traduzione
al suo ruolo ancillare rispetto
all'originale e al suo invecchiamento
nel tempo. Per riuscirci, rispetto
all'assoluto del testo originale
gongorino, la traduzione ungarettiana
mira invece a essere costantemente
ritraducibile per crearsi una
dimensione di infinito. Monica Jansen
(Universita' di Anversa e di Utrecht)
ha analizzato le attività di
traduzione di Ungaretti in Brasile
alla luce del concetto di "meticcio"
che ritorna nel poema *Monologhetto*.
Partendo dal presupposto che il
poeta in Brasile abbia scoperto
il significato del barocco con
l'aiuto delle opere dell'Aleijadinho,
il "Michelangelo mulatto", e tenendo
conto del fatto che "galeotto" in
tal senso fu un saggio sull'artista
del poeta modernista Mario de Andrade,
si potrebbe ipotizzare che il
barocco brasiliano veicoli
una forma "alleggerita" in cui
la memoria dell'assenza assume
i connotati della *saudade*.
Le traduzioni delle *Poesie
ispirate dall'amica* di De Andrade
e del sonetto *L'amore totale* di
Vinicius De Moraes confermerebbero
una ricerca della demistificazione
e della musicalità popolare che
accompagnano tale perdita.

Il pomeriggio del 28 novembre,
dedicato alle traduzioni
dell'opera di Ungaretti, e' stato
inaugurato da Francois Livi
(Paris IV - Sorbonne) che si e'
soffermato sulle affinita' tra
il poeta francese Pierre-Jean
Jouve e Ungaretti. Sorprende che
Ungaretti abbia scritto a Jouve
di trovare le sue traduzione
"perfette", mentre viveva una fase
di sfiducia nei confronti del
lavoro di traduzione, come
dimostrano le lettere a Paulhan.
Sorprende anche che Ungaretti non
abbia mai tradotto Jouve ne' abbia
scritto saggi su di lui. Abbiamo
soltanto l'"omaggio" al poeta
richiesto dallo stesso Jouve.
Si deve concludere che le traduzioni
di Jouve da *La morte meditata* di
Ungaretti, che seguono di poco la
svolta psicanalitica della sua
carriera letteraria, testimoniata
soprattutto a partire da *Les
mysterieuses noces* (1925),
abbiano giovato soprattutto allo
Jouve poeta, se e' vero che tale
traduzione sembra quasi la
continuazione del suo *Paradis
perdu* (1928-1929).

Partendo dalle traduzioni francesi
dei *Cori descrittivi di stati
d'animo di Didone* ad opera di
Lescure e Jaccottet, Alfredo Luzi
(Universita' di Macerata) ha
affrontato il problema centrale
del rapporto fra tradizione e
modernita' nell'opera di Ungaretti,
secondo i parametri di ordine e
disordine, cristallizzazione e
disseminazione. Ci si potrebbe
chiedere quindi se le modalità
dei *Cori*, tese ad arginare la
frantumazione del soggetto moderno
con riferimenti al mondo classico,
vengano conservate nelle traduzioni,
dato che secondo Ungaretti stesso
la poesia e' quasi intraducibile.
Confrontando l'originale con le
traduzioni in francese di Lescure
e di Jaccottet, Luzi conclude che
i traduttori hanno cercato di
rendere la cristallizzazione
attraverso uno stile
classicheggiante, Lescure
talora traducendo alla lettera
anche le spiegazioni di
contenuto fornite dal poeta.
Philiep Bossier (Universita'
di Groningen) a sua volta ha
cercato di rileggere i concetti
di tempo e memoria, cari al poeta,
alla luce del lavoro del traduttore,
concludendo che la traduzione,
essendo in fondo un'operazione
archeologica e conoscitiva, porta
a una buona percezione del tempo
per l'uomo moderno. In essa infatti
l'idea poetica del dettaglio che
trova il suo compimento nell'espansione,
vagheggiata sia da Ungaretti che da
Paulhan - come risulta dalla loro
corrispondenza -, puo' realizzarsi
nella continuita' insieme metastorica
e storicizzante della traduzione.
La traduzione, operando una fusione tra
tempo, sonorita' e mistero, puo' essere
definita infine come creazione del
traduttore in quanto "meta-artista".

Eleonora Conti (Universita' di Bologna
e Paris IV - Sorbonne), ha tracciato un
percorso del bilinguismo italo-francese
ungarettiano, attraverso le collaborazioni
in lingua francese ai periodici del
decennio 1919-1929 ("Letterature",
"Don Quichotte", "L'Italie Nouvelle",
"L'Esprit Nouveau", "Commerce").
In particolare, la modalita'
linguistica con cui Ungaretti si
fa mediatore in Francia di Giovanni
Papini, nel 1919-1920 su "Letterature"
e sul "Don Quichotte", dimostra la
complessita' di un asse culturale
che da Firenze porta a Parigi
attraverso l'Africa e collega Italia
e Francia, passando per l'avanguardia
proto-surrealista di Breton e soci, per
la metafisica saviniana, per l'*art
negre* e per la lingua francese.
Ha concluso la giornata Giuseppe
Nicoletti (Universita' di Firenze)
che ha riportato l'attenzione
sull'importante e complesso rapporto
fra Ungaretti e Valery. Benjamin
Cremieux, recensendo il *Porto*
nell'edizione spezzina del 1923,
aveva definito Ungaretti come il
Paul Valery italiano, affinita'
spesso ribadita dal poeta stesso
nelle lettere agli amici.
Successivamente pero', con
atteggiamento ambivalente,
Ungaretti dichiarera' di non
avere debiti di riconoscenza
nei suoi confronti e che si
tratta piuttosto, per i loro
percorsi poetici, di avventure
parallele. Nicoletti si chiede
se l'atto della "mancata traduzione"
di Valery, da parte di Ungaretti,
possa gettare luce sul rapporto tra
i due poeti (chiamando in causa
forse anche spiegazioni di tipo
psicanalitico).

L'ultima mattinata del convegno,
che si e' svolta presso la
Katholieke Universiteit di Lovanio,
e' stata inaugurata da Rosario Gennaro
(HIVT) che si e' soffermato sulla
stretta collaborazione fra Ungaretti
e il suo traduttore francese, Jean
Lescure, nella traduzione dei *Cinq
livres* (1954). L'opera ungarettiana
veniva pubblicata integralmente in
francese per la prima volta e il
volume servira' anche da trampolino
di lancio per la candidatura di
Ungaretti al Nobel per la Letteratura
(sostenuta da una campagna promozionale
anche in Francia), che pero' il poeta
non otterra' mai. Bart Van Den Bossche
(Katholieke Universiteit Leuven) ha
affrontato i problemi connessi alla
traduzione del mito, presente
soprattutto nel *Sentimento del
Tempo*. Si puo' parlare di traduzione
per la riscrittura di un mito? Van Den
Bossche conclude che riscrivere
un mito implica sempre una duplice
traduzione che guarda insieme al
passato e al futuro: al passato,
in quanto si riscrive una *fabula*
che funge da ipotesto, e al futuro
perche' cosi' il mito viene
attualizzato. Francesca Corvi
(Universita' di Genova) ha
illustrato l'interessante progetto
di *Collana bilingue testo e traduzione*,
nato nel 1935 in collaborazione con
Ettore Serra e che doveva coinvolgere
il traduttore Jean Chuzeville.
L'autografo ungarettiano, che
testimonia un progetto di "espansione
dell'italiano all'estero" molto caro
al poeta, ma non immediatamente
sovrapponibile alla propaganda
fascista, e' conservato presso
il Fondo Serra di Roma.

Ha concluso infine l'intero convegno
l'affascinante relazione di Franco
Musarra (Katholieke Universiteit Leuven)
che, prendendo spunto dalle traduzioni
da Ungaretti del poeta tedesco Paul Celan,
ha ricostruito i sotterranei legami di
affinita' fra i due poeti, "girovaghi"
"entre les langues" e protagonisti di
un secolo duro e complesso come il
Novecento. Suggerendo una tripartizione
dell'opera ungarettiana in tre fasi
caratterizzate dalle tematiche di *Eros*,
*Nostos* e *Thanatos*, Musarra propone
di interpretare la scelta di Celan di
tradurre *La terra promessa* come il
tentativo di controbilanciare la propria
propensione per la fase di *Thanatos* con
l'*Eros* e il *Nostos* ungarettiani.
Resta da spiegare pero' perché egli decida
di tradurre anche il *Taccuino del vecchio*.
Il convegno ha permesso un vivo confronto
sulle molteplici prospettive ispirate
dall'Ungaretti "traduttore" e "tradotto".
La rinnovata attenzione su questo aspetto
della produzione ungarettiana e' dimostrata
dalla preparazione in corso di un "Meridiano"
che riunira' tutte le traduzioni del poeta
in un unico volume. Il convegno si e' poi
concluso con la speranza di riunire gli
studiosi in un'associazione internazionale,
"Amis de Giuseppe Ungaretti", che promuova
studi, convegni e tesi sulla sua opera.
Ci auguriamo che cio' si possa realizzare,
magari sotto l'auspicio della Fondazione
Ungaretti.

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