[B900] Segnalazioni/A - Resoconto di convegno: La biografia

Redazione di Bollettino '900 redazione at boll900.it
Sun Apr 2 01:13:03 CEST 2006


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    BOLLETTINO '900 - Segnalazioni / A, aprile 2006

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SOMMARIO:

- Resoconto di convegno: Eleonora Conti
   *La biografia*
   Sant'Arcangelo di Romagna, Rocca Malatestiana,
   27-28 maggio 2005

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I Colloqui malatestiani, svoltisi il 27-28 maggio
2005 nella Rocca di Sant'Arcangelo di Romagna,
a cura dell'Associazione Sigismondo Malatesta, hanno
avuto per tema la Biografia.

Si tratta di un genere letterario che apre tutta una
serie di problemi importanti e che non sempre mette
d'accordo storici, scrittori, critici letterari e
pubblico. Se e' vero infatti, come ha notato Jean
Canavaggio parlando di Cervantes, che far rivivere
un uomo (o una donna) e' "fissarlo per l'eternita'",
risulta evidente la responsabilita' del biografo
nell'atto di consegnare ai lettori la vita "ufficiale"
di qualcuno, noto per la rilevanza dei suoi meriti o
delle sue gesta (uno scrittore, un artista, un re,
un santo). La pignoleria poi, aggiungiamo, con cui
certi protagonisti di biografie suggeriscono e tentano
di imporre determinati dati ed elementi utili alla
ricostruzione della loro vita o, al contrario, cercano
di distogliere da essi l'attenzione del biografo, la
dice lunga sul peso che il genere biografico finisce
per avere sul personaggio stesso e sulla sua gloria
postuma.

Possono fungere da premessa metodologica generale al
Convegno alcuni canoni a cui storicamente si e' attenuto
il genere della biografia, ricordati da Jean Canavaggio
all'inizio della sua relazione. Sulla scorta di Daniel
Madelenat, egli distingue tre periodi nella sua storia
- classico, romantico e moderno -, ciascuno con il
proprio canone. Se ordine retorico e concisione
caratterizzano lo stile della biografia antica, tesa
a razionalizzare il vissuto del personaggio in
funzione dell'esemplarita' della sua vita, sul modello
di Plutarco; la biografia romantica mira a cogliere
autenticita', totalita' e intimita' della vita del
personaggio. A partire dalla prima guerra mondiale si
fissa invece il canone moderno di un genere destinato
a un successo di pubblico crescente: un maggior scrupolo
di oggettivita' e il bisogno di ricostruire il contesto
storico in cui la vicenda umana si inserisce, si sommano
all'esigenza, ormai data per acquisita dal biografo, di
avvicinarsi alla dimensione intima e privata del
personaggio. Descrivere una vita, sottolinea Canavaggio,
significa costruirla; l'impresa e' ardua considerando
che uno scrittore si nasconde dietro le innumerevoli
maschere della sua opera e che l'opera continua a
vivere anche dopo di lui, arricchendosi di nuovi
significati e, in un certo senso, contribuendo ad
occultarlo col passare del tempo.

Le relazioni hanno preso in esame casi di studio
specifici, analizzando il genere della biografia
nei suoi piu' diversi aspetti e cogliendone le
trasformazioni nel trascorrere dei secoli, dal
Medioevo ad oggi. Hanno toccato cosi' questioni
metodologiche, problemi legati alla committenza,
all'ingerenza dei diretti interessati sul lavoro del
biografo, alla ricezione discordante di pubblico e
critica all'apparire di una nuova biografia, al rapporto
tra opera e vita. Da Tommaso da Celano a Giorgio
Vasari, da Sainte-Beuve a Georges Painter, le
*Vite* di San Francesco e degli artisti del nostro
Rinascimento, di Cervantes e di Samuel Johnson,
di Proust  e di Joyce, di Proudhon e di D'Annunzio
rappresentano altrettante occasioni per parlare non
solo dei diretti interessati, ma anche della societa'
e del momento storico in cui essi sono vissuti o
che li hanno fatti rivivere, cosi' come degli uomini
che li hanno giudicati.

Dato poi per certo il requisito della notorieta' del
personaggio da immortalare in una *vita*, risulta
certo singolare il caso di una biografia medievale,
redatta in antico francese, l'unica di cui si abbia
notizia, dedicata ad un laico non sovrano, William
Marshall, conte di Pembroke: sul suo significato e
sul suo uso anche novecentesco, in particolare ad
opera dello storico Georges Duby, si e' soffermato
Alberto Varvaro nella relazione che ha aperto il
convegno e successivamente in una vivace discussione
con la storica Chiara Frugoni.

Per entrare nello specifico di alcune delle relazioni
ascoltate, Giorgio Vasari, certo uno dei piu' noti
biografi di artisti del nostro Rinascimento, oltre che
artista egli stesso, e' stato oggetto della relazione
di Laura Corti: Vasari e' un biografo che, se da una parte
viaggia a lungo per cercare dati di prima mano sugli
artisti da fissare sulla pagina, ha dall'altra il difetto,
per noi moderni, di non citare le fonti letterarie a cui
si rifa'. Consapevole del fatto che la scrittura, piu' che
le opere manuali, poteva accrescere la fama di un uomo,
oltre a dare implicitamente una chiara motivazione della
propria vocazione di biografo, applica questo criterio
anche al giudizio sugli artisti immortalati dalle sue
*Vite*, rivelandosi un vero accademico, e non solo del
gusto.

Avvincente la relazione di Chiara Frugoni, centrata sul
confronto fra le tre *Vite* di San Francesco d'Assisi,
scritte da Tommaso da Celano: i diversi momenti storici,
committenti e scopi delle tre biografie in questione
incidono notevolmente sul risultato e sull'immagine
del santo che ne emerge. Il problema di interpretazione
che esse pongono allo storico che voglia ricostruire
un'immagine di San Francesco piu' vicina alla realta' e'
evidente: questi e' infatti il giovane laico dissoluto
che si sottrae, grazie alla fede, alle lusinghe di un
ambiente familiare corrotto e del mondo, oppure il profeta
dotto e illuminato da Dio o ancora il santo dei miracoli
e delle stigmate? Un confronto fra le tre biografie
permette di capire quali interpretazioni successive
vengono date della santita' di un uomo percepito da
subito come straordinario e, proprio per questo, a
tratti scomodo da classificare per la stessa Chiesa,
perche' allo stesso tempo dentro e fuori i canoni;
ma ci parlano anche della personalita' del suo biografo
e della stretta rete di committenze che ne hanno
condizionato il lavoro.

Dense ed efficaci le relazioni di Mariolina Bertini e
Paola Pugliatti, dedicate rispettivamente alla contrastata
ricezione della biografia di Georges Painter su Marcel
Proust e a tre diverse "vite" di James Joyce. Proust
e' un autore che, proprio per la tipologia della sua
opera, cosi' legata alla memoria e alla ricostruzione
del passato del protagonista, propone in modo vistoso
il problema di non confondere vita reale e creazione
letteraria: infatti il materiale autobiografico sembra
entrare in modo abbastanza evidente nella scrittura.
Del resto, pero', egli stesso, in opere come *Contro
Sainte-Beuve* e *Il tempo ritrovato*, attacca in modo
esplicito il genere della biografia e la tendenza a
vedere nell'opera una continuita' troppo diretta
rispetto alla vita dell'autore. Partendo dalla
biografia proustiana di Painter, e attraverso le
critiche successive che ad essa sono venute da critici-
biografi come Bonnet, Bersani, Tadie' (in contrasto
col grande successo di pubblico che l'ha accolta),
Mariolina Bertini sottolinea le difficolta' in cui gli
studiosi incorrono quando si misurano con la vita di
un mito letterario, come la tentazione di santificarlo
o, al contrario, desacralizzarlo; o ancora di usare
l'opera come serbatoio da cui trarre, *tout court*, gli
episodi che il biografo non e' riuscito a documentare
altrimenti. Paola Pugliatti, a sua volta, ha comparato
i metodi sottesi a tre biografie su James Joyce: quelle
di Herbert Gorman (1939 e 1941), Richard Ellman (1959)
e John Mc Court (2000). Paradossalmente, proprio la prima
di esse, scritta quando Joyce era ancora in vita e alla
quale egli stesso collaboro', e' la meno attendibile,
la piu' manipolata, proprio  perche', diversamente da
quanto si sarebbe indotti a credere, la testimonianza
oculare dei fatti contiene una "rappresentazione debole"
di essi, mentre la distanza temporale contribuisce a un
maggior effetto di "verita' storica".

Nella sessione di sabato mattina, e' stata oggetto della
relazione di Antoine Compagnon, la biografia dedicata da
Sainte-Beuve a Proudhon, scandaloso omaggio di un senatore
dell'Impero al profeta del socialismo, secondo alcuni, la
miglior biografia su Proudhon, secondo altri, a
testimonianza dei sentimenti sempre forti e contrastanti
che il genere suscita. Viola Papetti, poi, con un ulteriore
salto nel passato, si e' concentrata sul genere biografico
nel Settecento, e, partendo dal caso Johnson-Boswell, ha
evidenziato alcuni dei suoi elementi caratteristici, come
il bisogno di creare un effetto di realta', la cura del
dettaglio e dell'aneddoto, la tendenza a trasformare
l'uomo di cui si racconta la vita in eroe. Infine, Anna
Maria Andreoli ha affrontato l'*iperbiografia* di
Gabriele D'Annunzio, un autore intenzionato a trasformare
la propria vita in opera d'arte e quanto mai
rappresentativo delle difficolta' di separare la verita'
storica dal mito di se'.

D'altronde, proprio la complessita' del rapporto fra
l'uomo eccezionale e l'opera che lo ha reso tale rende
cosi' difficile il compito del biografo e, come rilevava
Francesco Orlando nella relazione di chiusura al convegno,
certi dati biografici hanno alimentato in passato la
leggenda dell'uomo (si pensi alla follia del Tasso) e il
rischio e' stato spesso che essa finisse per incidere sul
giudizio sull'opera, come mostrano alcuni celebri giudizi
del passato (il Leopardi nello *Zibaldone*, o Montaigne).
Se e' vero che da una parte il testo abolisce, trascende
e smentisce la persona dell'autore, dall'altra pero'
esso resta in intimo rapporto col mondo, non e'
autoreferenziale. Non va dimenticato tuttavia che esso e'
autosufficiente. Esistono pero' alcuni casi, ha
sottolineato Orlando, in cui nel testo resta qualcosa
di piu' che non semplici "residui" di vissuto, e che
questi finiscano per entrare nell'opera. E' su questi
casi meno strettamente definibili che lo studioso ha
incentrato la sua relazione, in un viaggio affascinante
che ha infine, come sempre, suscitato un acceso dibattito
conclusivo. Il primo gruppo di testi passati in rassegna
sono stati i "canzonieri" poetici, nella forma fissata a
partire dal Medioevo: dalla *Vita Nuova* di Dante a
Petrarca ai sonetti di Shakespeare, per approdare, tra
Otto e Novecento, a Victor Hugo, Baudelaire e Mallarme'.
Questi testi, passati alla lente del critico e del
filologo presuppongono informazioni spesso strettamente
autobiografiche, nonostante l'autore le abbia
coscientemente espulse, ma che si possono far riemergere
in modo talora molto preciso. Il secondo gruppo di esempi
scelti, invece, appartiene a una forma di narrativa che
si appropria di forme imparentate con la biografia, pur
non rientrando a pieno titolo in questo genere letterario,
per la forma che assumono, vicina al diario, come il gia'
ricordato *Zibaldone* leopardiano, o i testi di Montagne.

A giudicare dai numerosi interventi al dibattito, sembra
si possa concludere che il rapporto fra opera e vita
dell'autore e' uno dei nodi piu' spinosi che la critica
deve affrontare per offrire una corretta visione di essa
ma anche della personalita' del suo autore, uomo in carne
e ossa, di cui e' rischioso cercar di ricostruire le
zone di vita rimaste oscure deducendole dalla sua
creazione.

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