Note:


1 Come ha dimostrato L. Rebay in un articolo di molti anni or sono, Ungaretti nasce giornalista. Cfr. L. Rebay, Ungaretti: gli scritti «egiziani» 1909-1912, in M. C. Angelici; C. Bo; M. Bruscia; E. Cardone; M. Petrucciani; D. Rossi (a cura di), Atti del Convegno Internazionale su Giuseppe Ungaretti, Urbino 3-6-ottobre 1979, Urbino, 4 Venti, 1981, pp. 33-60. Gli articoli di Ungaretti sono raccolti per lo più nei volumi: G. Ungaretti, Vita d'un uomo. Saggi e interventi, a cura di M. Diacono e L. Rebay, Milano, Mondadori, I Meridiani, 1974 [d'ora in poi: SI74] (anche se il volume è molto incompleto); G. Ungaretti, Filosofia fantastica, a cura di C. Ossola, Torino, Utet, 1997 (collaborazioni a «Il Tevere» e a «Il Mattino»); G. Ungaretti, Vita d'un uomo. Viaggi e lezioni, a cura di P. Montefoschi e L. Piccioni, Milano, Mondadori, I Meridiani, 2000. Il primo ad occuparsi di Ungaretti giornalista per la «presse d'émigration» è stato J.-Ch. Vegliante in Ungaretti dans la presse d'émigration, in «Les langues néo-latines», numero speciale di «Quelques Italies», 1982, a. 76, n. 241, fasc. 2, pp. 103-115: se da un lato questo articolo ha il merito di rendere noti testi ungarettiani all'epoca rari, dall'altro la loro riproduzione parziale non permette di coglierne la reale portata e di ricostruire adeguatamente il profilo di Ungaretti mediatore. Per la mediazione culturale con il Belgio, tra cultura e propaganda politica, si veda R. Gennaro, La risposta inattesa. Ungaretti e il Belgio tra politica, arte e letteratura, Firenze-Leuven, Cesati-Leuven University Press, 2002.

2 L'espressione è di F. Pellizzi, I generi marginali nel Novecento letterario, in «Bollettino '900», 1997, nn. 6-11, p. 88, <http://www.unibo.it/boll900/convegni/gmpres.htm>. Si veda anche l'intervento di Pellizzi alla Tavola rotonda sui «generi marginali», Università di Bologna, Dipartimento di Italianistica, 22 maggio 1997, <http://www.unibo.it/boll900/convegni/gmpellizzi.html>.

3 Come avevano già intuito Contini (Esercizi di lettura, Firenze, 1939 e 1947) e Ossola (G. Ungaretti, Milano, Mursia, 1975 e 1982).

4 Due articoli di mediazione francese particolarmente rappresentativi delle caratteristiche evidenziate sopra sono Art & Littérature. Un poète du "Quattrocento" [Burchiello], in «L'Italie Nouvelle», 1923, I, n. 7, p. 2 e Lettres romaines. Couleurs d'octobre - Montaigne de la Porte del Popolo à la Porte San Lorenzo - Le sens de la marche sur Rome, ivi, 1923, I, n. 8; articoli di imminente pubblicazione a cura di chi scrive sono Ungaretti mediatore de "L'Italie Nouvelle". Burchiello surrealista, in «Revue des Études Italiennes», janvier-juin 2003 e Il motivo di Roma barocca nell'Ungaretti degli anni Venti, giornalista e poeta, in Atti del Convegno di Lucca, 4-6 aprile 2002.

5 Già «L'Italie Nouvelle» risente di queste contraddizioni, ma nel periodo posteriore alla collaborazione ungarettiana; infatti da un certo momento in poi smise di essere redatta in francese e si trasformò ne «La Nuova Italia». Sono gli anni in cui anche «900» di Bontempelli andò incontro allo stesso destino. Fin dai primissimi anni del Novecento erano sorti periodici italiani in lingua francese dedicati alla letteratura e alle arti: il più antico che mi è occorso di rintracciare è «L'Italie et la France. Revue mensuelle illustrée» di P. Mazzini e S. Piroddi, fondato a Parigi nel 1906; ma anche a Firenze-Roma «La Revue du Nord» nel 1904-1907, e poi tra Firenze e Parigi «France-Italie» nel 1913-1914; ancora a Firenze «La Vraie Italie» di Papini e Soffici nel 1919-1920; a Roma «900» di Bontempelli nel 1926-1929. Anche «Poesia» di Marinetti, da Milano, benché redatta in italiano, si proponeva di mettere in relazione i letterati dei due paesi, sull'esempio della «Antologie-Revue de France et d'Italie» (Milano-Parigi, 1897-1900).

6 Lo studio che meglio ricostruisce la fisionomia e le contraddizioni di tale periodico è quello di E. Bellini, Politica e cultura nella «Vraie Italie», in Studi su Ardengo Soffici, Milano, Vita e Pensiero, 1987, pp. 113-151.

7 Luigi Campolonghi (1876-1944) non ha ancora 22 anni quando lascia l'Italia per la Francia, in seguito all'ondata di arresti seguiti ai moti del 1898. Si rifugia dapprima a Marsiglia, dove l'emigrazione italiana era molto forte. Qui conosce Garzia Cassola, Jean Jaurès, Mistral e Amilcare Cipriani. Corrispondente a Parigi del «Secolo» e del «Messaggero» di Roma, collabora al «Petit Parisien» perfezionando la conoscenza del francese. Incoraggiato da Leonida Bissolati, si occupa del comitato «France-Italie», di cui diventa una sorta di inviato speciale. Si stabilisce a Parigi nel 1910 e, definitivamente, dal 1915. Fino all'avvento del fascismo, resta in contatto con D'Annunzio, Prezzolini, Ungaretti e altri intellettuali italiani che si convertiranno ad esso. Montale lo stimava in quanto uno dei rari membri dell'intellighenzia che si opposero al regime. Aline Ménard-Dorian gli apre le porte del suo salotto politico-letterario: è in parte grazie a lei che Campolonghi frequenta gli uomini più importanti del periodo, da Clemenceau a Briand, da Léon Blum a Kerenski a Vandervelde, da Miguel de Unamuno ad Anatole France, ai critici di «Comœdia» e agli universitari. Al trionfo del fascismo, Campolonghi è licenziato dal «Messaggero» e da «Il Secolo». Con l'aiuto di sua moglie e dei loro amici, fonda la «Ligue italienne des Droits de l'Homme» (L.I.D.U.). È attivo antifascista. Rientra in Italia sul finire della Seconda Guerra mondiale. (Cfr. Lidia Campolonghi, Introduzione a Deux lettres [de Luigi Campolonghi] in «Quelques Italies», numero speciale di «Langues néo-latines», 1982, 76, n. 241, fasc. 2, II trimestre, pp. 121-123).

8 Les aïeux du Don Quichotte, in «Don Quichotte», 1920, n. 2, p. 1. Per un profilo del giornale dal punto di vista storico nel dibattito fra le due guerre cfr. G. Marengo, Italia e Francia nelle pagine del «Don Quichotte» (tesi di laurea in Storia contemporanea, Università di Milano, Facoltà di Scienze politiche, anno accademico 1995-1996, diretta da A. Riosa).

9 Notre programme. En route!, in «Don Quichotte», 1920, I, n. 1, p. 1.

10 «Don Quichotte» si presenta come un giornale di grande formato, composto di quattro pagine. Nella prima pagina compaiono l'editoriale di Campolonghi, la politica internazionale, la rubrica «Tribune libre» e l'economia; la seconda contiene i corrieri letterari, artistici, teatrali, gli «échos italiens», la settimana finanziaria, «Les latins de Paris»; in terza pagina si trovano la rubrica della «Ultim'ora» e gli sport; la quarta pagina è pubblicitaria. Costava 15 centimes e la sede si trovava a Parigi, 16, rue de la Tour-d'Auvergne.

11 Si vedano, oltre agli articoli di Ungaretti di cui tratterò fra poco, le inchieste sul libro italiano in Francia (B. Crémieux, 16 aprile, p. 2) e sul libro francese in Italia (G. Prezzolini, 15 maggio, p. 1); così come l'articolo su Traduction française et culture italienne (B. Crémieux, 2 maggio, p. 2); e numerosi altri contributi di Crémieux: su Giovanni Verga (14 ottobre, p. 1), sul centenario di Dante (29 settembre) e, tra letteratura e politica, Tribune libre. D'Annunzio et la constitution de Fiume (10 settembre, p. 1) e Futurisme et fiumanisme (4 novembre, p. 2).

12 H. Georges, Avant-Propos, in «Don Quichotte», 1920, I, n. 2, p. 2.

13 Se Ungaretti, oltre che opinionista politico e autore dei tre saggi di Letteratura italiana, fosse anche il misterioso «Proconsul» che firma il «Courrier littéraire» sulla Letteratura francese, il suo ruolo nel giornale sarebbe importantissimo, perché la rubrica è quotidiana e tenuta da un fine conoscitore delle lettere francesi. Petrucciani e Livi formulano questa ipotesi sulla base di un'idea suggestiva: «Le Proconsul» ricorda il ruolo di Console d'Egitto ricoperto da Ungaretti nella «Repubblica d'Apua», contesto in cui verosimilmente era avvenuto il suo incontro con Campolonghi. Cfr. M. Petrucciani, Poesia come inizio. Altri studi su Ungaretti, Roma-Napoli, ESI, 1993, pp. 20-22. Benché altrove abbia cercato di dipanare la questione, accogliendo questa ipotesi e raccogliendo altri indizi in proposito, mi mantengo ancora cauta sulla sua soluzione. Cfr. Le Proconsul et son «Courrier» de littérature française, nella mia tesi di dottorato Giuseppe Ungaretti, médiateur culturel entre la France et l'Italie, diretta da F. Livi, Université de Paris IV - Sorbonne, 2000, pp. 115-129.

14 Qualche informazione su Ceccardi e la Repubblica d'Apua si trova nella monografia dedicata da Lorenzo Viani al poeta toscano, nel 1922, con prefazione di Soffici: L. Viani, Ceccardo, Milano, Alpes, 1923. Viani dedicò poi un articolo all'associazione ne «Il Nuovo Paese» (La Repubblica d'Apua e la Grecia, 3 gennaio 1923). Per una bibliografia degli amici "apuani", cfr. l'articolo di G. Palermo, Due articoli "egiziani" di Ungaretti e una poesia dispersa di Pea, in «Italianistica», 1973, n. 3, pp. 557-568.

15 Enrico Pea, «sacerdote degli scongiuri», ha lasciato una testimonianza dell'esperienza apuana in Quattro "ubriachi" di genio, in «Corriere d'Informazione», 20-21 luglio 1951, p. 3 e in Qui fu la Repubblica degli anarchici viareggini, ivi, 25-26 marzo 1950, p. 3.

16 Ungaretti collabora alla rivista con una serie di poesie che furono pubblicate, in parte, anche su «Lacerba», e con un estratto del suo romanzo Turlurù, annunciato come di prossima pubblicazione. Cfr. U. Sereni; C. Ossola, "L'atto di Lucifero": Ungaretti apuano, in «Lettere Italiane», luglio-settembre 1990, pp. 388-413. In questo articolo, documentatissimo, Sereni spiega le caratteristiche dell'esperienza anarchica di Ungaretti. Ungaretti stesso dà qualche notizia sul suo passato di anarchico nei suoi ricordi (cfr. L. Piccioni, Vita di un poeta. Giuseppe Ungaretti, Milano, Rizzoli, 1970).

17 Ungaretti collabora a «L'Azione» con due articoli: Pittura, poesia e un po' di strada (10 dicembre 1919) e Il premio Goncourt resuscita i morti? (28 dicembre 1919); ora in SI74, rispettivamente pp. 20-26 e 27-33. «L'Azione» era stata fondata dall'on. socialista Orazio Raimondo, nel 1919. Il giornale sostenne l'impresa di Fiume e pubblicò la «Carta del Carnaro», la costituzione di Fiume stilata da D'Annunzio, ma ispirata da De Ambris. Tra i collaboratori della rivista c'erano Giuseppe Prezzolini, Mario Puccini, Vincenzo Cardarelli, Francesco Flora, Eugenio Montale, Luciano Folgore, Camillo Sbarbaro. Ne "L'atto di Lucifero", Umberto Sereni sottolinea che «L'Azione» e «Don Quichotte» erano ispirati da De Ambris e che l'interventismo ungarettiano si ispira all'idea di quest'ultimo, secondo cui la guerra doveva difendere la civiltà latina dal pericolo del «medioevo teutonico». Nel 1918, una recensione entusiastica del Porto Sepolto (Elios, Libri di guerra, giugno 1918) uscì nella rivista sindacalista «Il Rinnovamento», fondata e diretta da De Ambris, a cui collaboravano anche Ciarlantini, Gian Capo e Arturo Rossato. Secondo Sereni, fu grazie a loro, redattori del «Popolo d'Italia», che Ungaretti iniziò a collaborare al giornale di Mussolini, nel febbraio 1919.

18 Cfr. P. Montefoschi: «Del Don Quichotte - giornale ormai introvabile - è stato possibile reperire, in una biblioteca lombarda, soltanto pochi numeri (23 marzo, 20 aprile, 5 e 13 maggio, 8 e 24 giugno, 8 luglio)» (Lettera 54, nota 3, in G. Ungaretti, Lettere a Soffici, 1917-1930, a cura di P. Montefoschi, Firenze, Sansoni, 1981, [d'ora in poi: LS81], pp. 71-72). In realtà, presso l'Istituto Nazionale per lo studio del movimento di liberazione in Italia di Milano, è conservata una collezione quasi completa del «Don Quichotte».

19 Ungaretti firma i trafiletti col suo cognome. Questi figurano spesso a fianco del «Courrier littéraire» del Proconsul, nella seconda pagina del giornale. Talora, in prima pagina, si leggono articoletti firmati semplicemente «U.» (come i ritratti dei nuovi ministri - Giolitti, Croce, Bonomi, il conte Sforza, M. Meda -, nel numero del 18 giugno. Il ritratto di Giolitti ha un certo humor).

20 Cfr. M. Missiroli le pangermaniste, in chiusura de «L'opinion italienne» del 21 maggio, in cui Ungaretti critica l'atteggiamento poco amichevole degli articoli di Missiroli verso la Francia e sottolinea con forza che egli «n'[a] de la guerre rapporté aucune rancune» e che «à l'heure actuelle tous les gens sensés estiment qu'une entente cordiale s'impose de plus en plus entre les peuples». O ancora, si vedano gli attacchi alle affermazioni «gratuites» del «Resto del Carlino», a proposito del Guêpier albanais (14 giugno), che aveva sospettato l'implicazione della Francia negli intrighi anti-italiani dei greci e degli jugoslavi.

21 Gli articoli furono resi noti per la prima volta da Vegliante nel 1982, ma non pubblicati integralmente.

22 La lettera a Prezzolini dall'Egitto, del novembre 1911, testimonia l'ammirazione per il ruolo svolto dalla «Voce»; cfr. L. Rebay, Le origini della poesia di Giuseppe Ungaretti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1962, pp. 38-39 e ora, le lettere 1-3, in G. Ungaretti, Lettere a Giuseppe Prezzolini (1911-1969), a cura di M. A. Terzoli, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2000, pp. 3-6. L'altro articolo, oltre a questo, in cui Ungaretti sottolinea i meriti de «La Voce» è Considérations sur la littérature italienne moderne (1923), in «L'Europe Nouvelle», 6 octobre 1923, ora in SI74, pp. 55-59, e Art et Littérature. La vie littéraire en Italie. Brève introduction, in «L'Italie Nouvelle», 23 septembre 1923, p. 2, pressoché identico al primo.

23 Ungaretti aveva parlato per la prima volta di Proust nell'articolo di un anno prima, Il premio Goncourt resuscita i morti?, cit.

24 G. Prezzolini, Al lettore, in «La Voce», 1909, I, 9, p. 33: «È vero che ogni giovane d'animo generoso vien su con l'idea di rifare tutto il mondo che vede; ma è altrettanto vero che non conclude nulla se non si riallaccia agli interessi nazionali, alle questioni pratiche, ai moti già esistenti; altrimenti finisce per creare regni perfetti nelle nuvole e lasciando il disordine e la sporcizia sulla terra dove vive». Cfr. La cultura italiana del '900 attraverso le riviste, III, La Voce (1908-1914), a cura di A. Romanò, Torino, Einaudi, 1960, pp. 93-94.

25 Nell'articolo del 1923, dedicato in parte anche alla «Voce», Ungaretti insiste su questa versatilità di Prezzolini e sull'importanza del suo compito di informazione e formazione; ma sia il giornale su cui esce l'articolo («L'Italie Nouvelle» e «L'Europe Nouvelle» erano schierate politicamente) sia il momento storico (un anno dopo la marcia su Roma) spingono il giornalista a precisare che, tra gli italiani di talento pubblicati da Prezzolini, c'era anche Mussolini (fatto che costituiva ai suoi occhi un elemento di merito, evidentemente), e che Amendola, anch'egli collaboratore della «Voce», non era, nemmeno lui, lontano dalle posizioni di Mussolini, contrariamente all'opinione comune. Ungaretti opera qui, a profitto della sua dimostrazione, un appiattimento delle contraddizioni e della pluralità dei punti di vista politici e culturali che costituivano uno dei meriti della «Voce».

26 G. Ungaretti, Le mouvement littéraire en Italie. Giuseppe Prezzolini et «La Voce», in «Don Quichotte», cit.

27 In una lettera a Papini del 1918, scriveva: «Mi ricordo l'Italia come era quando avevo 15 anni, in confronto alla Francia alla quale m'iniziavo nello splendente Mercure de France dell'epoca [...] Non poco avete fatto voi della Voce» (G. Ungaretti, Lettere a Giovanni Papini, a cura di M. A. Terzoli, Milano, Mondadori, 1988, p. 186 [d'ora in poi: LP88]). «La Voce» e la «NRF» furono fondate nello stesso anno, il 1908.

28 Lettera a Papini, inizio agosto 1919, in LP88, p. 265. Lo studio abbreviato per «Littérature» è la recensione, in stile avanguardista, intitolata Giovanni Papini: Giorni di festa, in «Littérature», 1919, n. 4, ora in SI74, p. 34. All'epoca Ungaretti cercava una destinazione per i suoi articoli fra i numerosi contatti che aveva nel mondo letterario e spesso tali articoli uscivano modificati e aggiustati a seconda delle esigenze delle riviste: sono per lo più legati fra loro da un'intertestualità molto forte e presentano varianti continue, una caratteristica tipica della scrittura di Ungaretti, non soltanto poetica.

29 Le lettere a Papini sono una miniera di informazioni in questo campo. In un certo senso Ungaretti svolge anche nei carteggi il suo ruolo di mediatore. Le sue lettere si configurano come palestra d'esercizio, officina di lavoro; egli, scrivendo agli amici, fa spesso le prove generali dell'uscita in pubblico, saggiando le loro reazioni e dando voce alle proprie convinzioni letterarie. Spesso le lettere presentano varianti significative, da mettere in rapporto ai saggi e alle poesie. Veri e propri generi marginali. Ecco una rassegna delle lettere francesi, tracciata qualche mese prima dell'articolo del «Don Quichotte» che stiamo analizzando: «Le lettere francesi? Su per giù quello che succede da noi: Revue critique des livres et des idées e Nouvelle Revue Française da una parte, Littérature dall'altra. Gide, che la sa lunga, tiene un libro di Bourget in una tasca, e il manifesto Dada nell'altra, e gli uni amano la sua moralissima Symphonie Pastorale, e gli altri si preparano a pubblicare la sua demoralizzante continuazione delle avventure di Lafcadio (prossimi numeri di Littérature)». Lettera del dicembre 1919 a Papini da Parigi (5, rue des Carmes), in LP88, p. 287.

30 «Verso di te non ho bisogno di mettermi la maschera di quell'altr'uomo beffardo ch'è in me, per non sentirmi avvilito», lettera dalla zona di guerra, gennaio 1918, in LP88, p. 176. «Noi che dobbiamo metterci sul viso una maschera d'ironie per salvarci la sua fresca infantilità», lettera dalla zona di guerra, 20 gennaio 1918, in LP88, p. 178. È questa l'epoca in cui l'arte negra e le maschere africane sono molto in voga in Europa.

31 Si pensi al Porto sepolto, ma si veda anche l'immagine del «poeta palombaro» in Corrado Govoni.

32 «Leopardi ha aperto il solco della nuova ispirazione da noi. Palazzeschi solo è riuscito, specialmente nel suo Codice di Perelà, a sentirne qualche ritmo», lettera a Soffici, da Parigi (5, rue des Carmes), 23 febbraio 1920, in LS81, p. 79.

33 Rimando, per questo, all'articolo Ungaretti mediatore de "L'Italie Nouvelle", cit.

34 Lettera a Soffici, 23 febbraio 1920, cit.

35 L'espressione «André Gide, equilibrista impareggiabile» apre la lettera a Soffici Pittura cosmopolita, pubblicata su «Il Nuovo Paese», 16 gennaio 1923 (cfr. SI74, pp. 53-540). Si veda anche l'articolo dedicato a André Gide, in «Il Convegno», Milano, 1925, IV, n. 4, pp. 177-181, ora in SI74, pp. 95-99.

36 Ungaretti parla ancora di «dramma», a proposito del ritorno alla tradizione, nella celebre intervista con J. Amrouche, pubblicata nel 1972: «l'acceptation de la tradition a été, est encore pour moi l'aventure la plus dramatique» (J. Amrouche; G. Ungaretti, Propos improvisés, Paris, Gallimard, 1972, p. 91).

37 Ibidem.

38 Lettera a Raimondi, dalla zona di guerra, 1918; cfr. E. Conti, Ungaretti e Raimondi: un dibattito culturale, in Giuseppe Raimondi. Carte, libri, dialoghi intellettuali, Bologna, Pàtron, 1998, p. 100. L'occasione della lettera era l'intenzione di Raimondi di tradurre Baudelaire in italiano. Ungaretti gli suggerisce Cardarelli come prefatore.

39 Lettera a Soffici, da Roma (via Malta, 16), 21 aprile 1925 , in LS81, p. 114.


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Giugno 2003, n. 1