Note:


1  Per una visione ampia e complessa del concetto di performatività si veda Homi K. Bhabha, DissemiNazione: tempo, narrativa e limiti della nazione moderna, in Nazione e narrazione (a cura di Id.), Roma, Meltemi, 1997, pp. 469-514 (ed. originale, Nation and Narration, Routledge, London-New York, 1990).

2  V. Pires Laranjeira, A Negritude Africana de Língua Portuguesa, Porto, Afrontamento, 1995.

3  Mia Couto, Cada Homem É uma Raça, Lisboa, Caminho, 1990.

4  Ossia «la punta dove la nostra soggettività reca, incarna la collettività, ossia la nostra cultura». Carlos Fuentes, Geografia del romanzo, Parma, Pratiche, 1997, p. 17 (ed. originale, Geografía de la novela, 1993).

5  «La Storia è una narrazione controllata» (questa e tutte le altre traduzioni dal portoghese presenti nell'articolo sono a cura dell'autrice).

6  Ungulani ba ka Khosa, Ualalapi (1987), Lisboa, Caminho, 1990.

7  Silvia Albertazzi - Barnaba Maj, Memoria/Storia, in Abbecedario postcoloniale, a cura di Silvia Albertazzi e Roberto Vecchi, Macerata, Quodlibet, 2001, pp. 62-63.

8  Sulle strategie attraverso cui l'Occidente ha costruito l'immagine dominante del Terzo mondo si vedano, in particolare, le due opere fondamentali di Edward Said, Orientalism, New York, Routledge, 1978 (trad. it. Orientalismo, Torino, Bollati Boringhieri, 1991) e Culture and Imperialism, New York, Knopf, 1993 (trad. it. Cultura e imperialismo. Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell'Occidente, Roma, Gamberetti, 1998).

9  Salman Rushdie, Patrie immaginarie, Milano, Mondadori, 1994 (ed. originale, Imaginary Homelands, London, Granta, 1992, p. 17).

10  Giovanni Marchetti, Lingua/Cultura, in Abbecedario postcoloniale, cit., p. 57.

11  Cfr. Patrick Chabal, Vozes Moçambicanas - Literatura e Nacionalidade, Lisboa, Vega, 1994, in particolare pp. 30-31.

12  Per la periodizzazione della letteratura mozambicana qui sommariamente riportata, si veda il suo testo Literaturas Africanas de Expressão Portuguesa, Lisboa, Universidade Aberta, 1995, pp. 253-263.

13  L'opera, dotata secondo alcuni di scarso valore letterario, costituisce soprattutto un punto di svolta a livello socio-culturale: è la presa di parola di un giornalista nero che finalmente parla dal punto di vista della sua gente. Vi è chi sottolinea che si sarebbe potuto scegliere come momento di rottura una qualsiasi opera contemporanea dettata dalle stesse istanze: cfr. Orlando de Albuquerque - José Ferraz Motta, História da literatura em Moçambique, Braga, APPACDM Distrital de Braga, 1998, pp. 23-24.

14  Pires Laranjeira, Literaturas Africanas, cit., p. 27.

15  Utilizzo il termine, preferendolo a quello più comune ma ormai logoro, di "intellettuali", secondo quanto suggerisce Armando Gnisci nella presentazione di Poetiche africane, a cura di Armando Gnisci, Roma, Meltemi, 2002, p. 7.

16  «Per strada, una dozzina di negri prepara il cemento con annaffiatoi di catrame e col busto semi-nudo nelle loro camice rotte. Forse alcuni, la maggioranza, si sentono felici in questa insufficienza di vita: lavorare come le bestie e un po' di riso. La tragedia dell'uomo nasce solo dalla coscienza di bastarsi e voler andare oltre, di vedere nella felicità l'inizio dell'infelicità. I negri, comunque, dovrebbero essere tutti docili, attivi come macchine, e con l'intelligenza giusto necessaria per la soddisfazione dei desideri dei bianchi. Quelli che non sono così esistono solo per complicare le cose». João Dias, Indivíduo Preto, in As Mãos dos Pretos - Antologia do Conto Moçambicano, (organização e prefácio de Nelson Saúte), Lisboa, Dom Quixote, 2000, p. 77.

17  «A quell'epoca non mi è mai capitato di far caso alle differenze che esistevano tra noi. Io ero più bianco che mulatto, con i capelli quasi biondi e ricci; mia madre era magrissima con gli occhi tagliati a mandorla, i capelli lisci e una tonalità di pelle uguale all'umbila [un albero tipico del Mozambico, dall'aspetto maestoso, con un legno castano-rossiccio]del tavolo dove di solito lavoro; Benjamin era nero, ma non tanto come sua madre e come il nostro domestico António che erano neri sul serio, neri come "Zampungana".
Per me le persone valevano unicamente per la loro bontà e per il modo in cui mi parlavano o si rivolgevano a mia madre». Virgílio de Lemos, Zampungana, in As Mãos dos Pretos, cit., p. 96.

18  Lisboa, Ed. 70, 1982.

19  In «Itinerário», Maio de 1949.

20  As Mãos dos Pretos - Antologia do Conto Moçambicano, cit., p. 16.

21  Luís Cavalierio Honwana, As mãos dos pretos, in Nós matámos o cão tinhoso (1964), Porto, Afrontamento, 1991, pp. 109-114.

22  «Quando scappai in cortile, per giocare a pallone, continuavo a pensare che non avevo mai visto una persona piangere così tanto senza che nessuno l'avesse picchiata». Ivi, p. 114.

23  Un'affinità messa in luce, fra l'altro, anche da alcuni autori mozambicani come, ad esempio, Ungulani ba ka Khosa (cfr. sua intervista in Patrick Chabal, Vozes Moçambicanas, cit., p. 312).

24  Silvia Albertazzi, Lo sguardo dell'altro. Le letterature postcoloniali, Roma, Carocci, 2000, p. 54.

25  Pires Laranjeira, Ensaios Afro-Literários, s.l., Novo Imbondeiro, s.d., p. 45.

26  «Il relativo silenzio attuale potrebbe riflettere il fatto che il confronto con le implicazioni del conflitto è ancora molto doloroso. Può anche essere dovuto al fatto che la letteratura incontra particolare difficoltà nell'affrontare alcune delle più tremende esperienze che l'uomo ha mai dovuto sopportare. Per ora, questi avvenimenti rimangono impressi nella mente delle loro vittime». Patrick Chabal, Vozes Moçambicanas, cit., p. 36.

27  Pires Laranjeira, Ensaios Afro-Literários, cit., p. 45.

28  Per una chiara distinzione fra postcoloniale e postmoderno, rimando ai due testi di Silvia Albertazzi, Verso una World Literature? La condizione letteraria postcoloniale all'alba del terzo millennio, in Lo sguardo dell'altro, cit., pp. 151-182 e Postcoloniale/Postmoderno, in Abbecedario postcoloniale, cit., pp. 115-123.

29  As Mãos dos Pretos, cit., p. 445.

30  Per una visione di sintesi sulla relazione fra mondo urbano e mondo rurale nell'ambito delle letterature postcoloniali si veda Maria Pia De Angelis, Città/Campagna, in Abbecedario postcoloniale, cit., pp. 33-44.

31  Pedro Chissano, Liberdade..., in «Charrua», 1987.

32  «"È andata come avevi programmato?" "Sì." "E tuo padre?" "Abbiamo deciso che se troverò un altro ragno con nove zampe non lo diremo a nessuno." "Mmm, allora sospetta qualcosa?" Papaíto scoppiò a ridere. "Credo che sappia tutto e gli vada bene così." Il vecchio gli passò la bottiglia. "Ho fatto come mi avevi detto, gli ho dato delle mosche vive." Papaíto sollevò la bottiglia contro la luce. Contò le zampe del ragno. Erano nove». Leite de Vasconcelos, A Nona Pata da Aranha, in As Mãos dos Pretos, cit., pp. 221-222.

33  Cfr. As Mãos dos Pretos, cit., pp. 20-21.

34  Come si legge nel sottotitolo della prima antologia di racconti dell'Africa lusofona, Africana - Racconti dall'Africa che scrive in portoghese (a cura di Vincenzo Barca e Roberto Francavilla), Milano, Feltrinelli, 1999.

35  Pires Laranjeira, Ensaios Afro-Literários, cit., p. 46.

36  Così venivano definiti, in epoca colonialista, gli indigeni che avevano assimilato la cultura portoghese e che, quindi, parlavano la lingua e potevano raggiungere un livello d'istruzione medio-basso.

37  «Ritagli di vita, che rivoltano le viscere di chi li ascolta. Attenzione! Quello che si racconta qui, sta succedendo adesso!, in qualsiasi parte del mondo. E tu balla, Maria, lo spogliarello dei tamburi della tua amarezza, che l'ebbrezza ti ha rivoltato la lingua. Sciogli il fazzoletto e la capulana [stoffa tradizionale mozambicana, di cotone, che le donne si cingono alla vita, lunga fino alle ginocchia]. Dalla camicia già sollevata fanno capolino i seni sciupati da mille baci, fai sventolare le tende dei tuoi segreti, sei indecente, Maria!». Paulina Chiziane, As Cicatrizes do Amor, in As Mãos dos Pretos, cit., p. 364.

38  «Perché nascondi gli occhi, Maria? Forse che ti vergogni delle tue azioni, forse che ti penti del tuo racconto, oppure ti rivolti contro la società che ti ha condotta sui sentieri della tragedia. Le cicatrici dell'amore hanno grattato via le croste e hanno fatto zampillare un sangue liquido che scorre lungo le curve delle tue palpebre». Ivi, p. 367.

39  Si tratta di parole speciali, tipiche delle lingue bantu, che veicolano una sorta d'idea-suono, idea-odore, idea-sapore, idea-sensazione, e conferiscono alla narrazione maggiore vividezza e partecipazione (cfr. Ruth Finnegan, Oral literature in Africa, Nairobi, Oxford University Press, 1977, pp. 64-67).

40  Maputo, Associação dos Escritores Moçambicanos, 1990.

41  Delle sue opere, troviamo, in edizione italiana, Voci all'imbrunire, Roma, Lavoro, 1989 (ed. or. Vozes Anoitecidas, Maputo, 1986), Il dono del viandante e altri racconti, Como, Ibis, 1998 (ed. or. Cronicando, Lisboa, Caminho, 1991), Terra sonnambula, Parma, Guanda, 1999 (Terra Sonâmbula; Lisboa, Caminho, 1992), Sotto l'albero del frangipani, Parma, Guanda, 2002 (A Varanda do Frangipani, Maputo, Ndjira, 1996).

42  «E la nuova generazione è molto meno segnata, molto più libera, capace di relazionarsi agli individui senza preoccuparsi della razza», intervista in Patrick Chabal, Vozes Moçambicanas, cit., p. 286.

43  Ivi, p. 287.

44  Cfr. l'intervista in «JL - Jornal de Letras, Artes e Ideias», n. 475, 13.8. 1991, p. 10.

45  «La storia di un uomo è sempre mal raccontata. Perché la persona continua a nascere per tutto il tempo. Nessuno segue un'unica vita, tutti si moltiplicano in uomini diversi e trasmutabili. Adesso, quando sciolgo il nodo dei miei ricordi imparo le mie tante lingue. Nemmeno così mi capisco. Perché mentre mi scopro, io stesso mi faccio notte, ci fossero cose visibili solo in piena cecità». Mia Couto, Cada Homem É uma Raça, cit., p. 29.


Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 2002

Giugno-dicembre 2002, n. 1-2