Suse Vetterlein
Jogging nella Nescultura


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Il mondo è un ossimoro. La vicinanza tra low culture e high culture, tra fastfood e dieta macrobiotica, tra società del divertimento e depressione, tra banale e santo è onnipresente. Perciò il mondo è anche schizofrenico. La cosiddetta postmodernità oscilla tra minimalismo e kitsch, tra stile e non-stile.
A questo melting pot alcuni scrittori italiani hanno reagito in tanti modi diversi, tanto diversi che solo intellettuali fissati con le etichette riescono a parlare di una scuola letteraria. Sia cannibale, post-cannibale o non-cannibale, sia Letteratura Pulp o Letteratura Pop - scrittori come Aldo Nove, Matteo Galiazzo, Paolo Nori, Tiziano Scarpa e altri vengono qui definiti i sismografi della nostra epoca. Quando un autore nasce tra il 1960 e il 1970, ed è quindi un figlio della società del consumo, del paese dei balocchi mediali, è anche logico che Domenica In, Cicciolina, Big Mac, Sanremo o Mulino Bianco diventino motivi letterari, «nuovi miti» o «pseudo miti». Sono i figli della nostra epoca quindi, e soprattutto specchi della nostra epoca.

Fatto sta che anche nella letteratura italiana contemporanea gira un virus. Questo virus, con le sue routine quotidiane dell'uomo-qualunque, potrebbe rammentare a prima vista il Grande Fratello, la reality-ossessione di certi docu-soaps della televisione. In realtà questi giochi letterari seguono leggi ben diverse, se ad esempio scrittori come Paolo Nori si presentano piuttosto come homo ludens: «Mi sveglio alle cinque trallallà. Faccio il bagno, trallallà. Prendo un caffè, trallallà». Anche per altri scrittori i quotidiani piaceri dell'ordinario fungono da ispirazione o motore narrativo, ma la realtà, che viene comunque rappresentata in modo giocoso, appare straniata, a volte cade nell'assurdo-paradosso, a volte nel cinismo, oppure viene modificata sotto la maschera dell'ironia. A differenza di un pomposo mito mediatico come Il Grande Fratello, dove l'indice d'ascolto o gli incassi dettano il ritmo, tanti autori contemporanei scelgono invece l'humour e l'originalità. Così per esempio, in Aldo Nove il protagonista, uno schiavo del consumismo, erutta un fiume irrefrenabile di parole sulla ricerca di un parcheggio: «Arrivati all'Iper, facciamo tre o quattro giri per trovare il parcheggio, a volte anche dieci, e solo due se non sono ancora le cinque, l'anno scorso addirittura una volta sola». Così la personalità viene ridotta fino al livello zero anche quando il personaggio, una specie di everyman, spiega in questo suo linguaggio da supermercato che contro le molestie delle zanzare aiutano le «Plagatox, non dannose per la salute», oppure che lo snack Baecon Tv Bar è un incrocio tra Bounty e Ciocorì, o ancora che basta arraffare 140 punti per ricevere dalla Barilla un bel Frullymix. A proposito di tutto ciò si potrebbe parlare di un'altalena che oscilla tra un eccesso di vuoto e un vuoto eccessivo. Si potrebbe parlare degli strumenti stilistici del nonsenso, e di letteratura come provocazione. E senz'altro si potrebbe parlare di un intento critico nei confronti del turbocapitalismo - tant'è vero che già un'università californiana sta testando una medicina contro la mania dell'acquisto.
E siccome non è solo la dittatura del consumo, ma anche il sesso, che dominano il nostro mondo, alcuni autori seguono volentieri la preghiera di Aurelio Picca: «Basta con i supermercati!». Dato che una Sabrina Ferilli svestita aumenta del 30% le vendite del calendario sexy di MAX, è ovvio che nella nostra sex society anche autori italiani inseriscono nel palcoscenico letterario dei maniaci sessuali. Questi eroi quotidiani, o anti-eroi, con il loro flat character, assomigliano non tanto ad un Orlando Furioso, ma piuttosto alla «Sex Machine» di James Brown o al «re degli onanisti» di Michel Houellebecq in Le particelle elementari. La schietta rappresentazione di violente scene di sesso sembra essere stata un ingrediente obbligatorio per i cannibali. Tuttavia bisogna distinguere due fronti ben diversi: mentre i rappresentanti letterari dei cosidetti «brutti sporchi e cattivi» spesso si fermano ad una piatta e monotona imitazione di Pulp fiction, inserendo il più possibile «sangue, vomito, sperma» nelle loro opere, altri scrittori si avvicinano al tema del sesso in modo scanzonato. Aldo Nove, per esempio, trasporta le ossessioni sessuali in un'atmosfera iperbolico-assurda, lasciando godere sessualmente i suoi personaggi con grande entusiasmo la compagnia del gatto «Amore» o del telefonino «Vibravoll». E mentre Matteo Galiazzo, col suo curioso pulp filosofico, conduce ad absurdum la immacolata concezione oppure la sverginazione di Maria da parte del suo proprio figlio, Tiziano Scarpa si avvicina al tema sessuale tramite i mezzi della parodia e della fonetica, facendo recitare «L'Infinito» di Leopardi durante il sesso orale nel seguente modo: «hèmpe kào mi fu huesp'èmmo kojje». Mondi opposti vengono, secondo la ricetta dell'umorismo, sollecitati e fusi l'uno con l'altro. Si espande la grande rottura dello stile. Tanto paradossale e schizofrenica è la nostra cultura di massa, quanto diversamente gli autori rispondono alla richiesta di Tondelli di «fare sociologia con i mezzi della letteratura»; ed è per questo che sicuramente la Letteratura Pulp non è un fastfood letterario unidimensionale.

Si gioca con i cliché della società, Tommaso Labranca critica il «cialtronismo» pseudo-intellettuale e la «Nes[café]cultura»; si smaschera la vuota chiacchiera dello small talk o si assorbe l'estetica della frammentazione dei videoclip, per esempio quando leggiamo in Nove: «se sei alta almeno un metro e settanta taglia 42 puoi partecipare a Bellissima dalla baia di Gabicce Cotonella slip il vino Ronco si strappa così ogni volta che premi la merenda». Questo «linguaggio del telecomando» rappresenta molto chiaramente l'effetto confusionale del mondo mediato. Allo stesso tempo questa «vuota pienezza» critica in modo implicito la dominante tv-overdose, l'ossessivo culto della star e la ricerca della fama. «Telereporter mi comandava come un pupazzo», scrive Aldo Nove: le cui figure, concepite volutamente in modo molto naif, sono schiavi del media - e in effetti, ormai, la perdita del senso della realtà, il pericolo di vivere in una mediarealtà o pseudorealtà non è del tutto sconosciuto.
L'8 marzo 2000 Il Messaggero ha seppellito ufficialmente l'era del Pulp. Tuttavia, già un anno dopo la pubblicazione della discussa antologia Gioventù cannibale si mormorava che i cannibali sarebbero finiti a «cannibalizzarsi da soli». A questo punto bisogna considerare la data di scadenza di un trend. Naturalmente la letteratura non è morta. Invece di questi eterni dibattiti, sarebbe più utile pensare ad un concetto più ampio della letteratura, dato che «arte e letteratura insomma non sono più le classiche principessine sul pisello». Le strade dei trend sono infinite. Ma con successive opere come Amore mio infinito di Nove, Ti prendo e ti porto via di Ammaniti e «l'autore del 2000» come Paolo Nori è cominciata un'epoca decisamente senza sangue - e ancora di più se addirittura il Terminator Arnold Schwarzenegger si presenta addomesticato e proclama: «Arnold posa le armi».

 

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Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 2001

Giugno 2001, n. 1