Note:


Con il concetto di "forma simbolica" ci si riferisce chiaramente al noto studio di Erwin Panofski, La prospettiva come "forma simbolica" ([1927], Milano, Feltrinelli, 1961), e all'opera che l'ha ispirato, Ernst Cassirer, Filosofia delle forme simboliche [1923-29], Scandicci (Fi), La Nuova Italia, 3 voll., 1961-1966. Una "forma simbolica" è un dispositivo che ci permette di interpretare il mondo in un certo modo, e al tempo stesso di oggettivare e rappresentare il nostro modo di interpretarlo. Sottratto a una concezione puramente idealistica, il concetto può essere considerato al tempo stesso come uno strumento percettivo e un modello realizzato; un mezzo per strutturare il reale e un congegno per generare significati, metafore e ulteriori forme simboliche.

1 Messi a punto da Engelbart tra il 1962 e il 1968 mentre lavorava al progetto «Augment» presso lo Stanford Research Institute, in California.

2 Jay David Bolter e Richard Grusin, Remediation. Understanding New Media, Cambridge (Mass.), London, MIT Press, 1999; Donald A. Norman, Le cose che ci fanno intelligenti. Il posto della tecnologia nel mondo dell'uomo [1993], Milano, Feltrinelli, 1995; Giovanni Anceschi, Il dominio dell'interazione, in Il progetto delle interfacce. Oggetti colloquiali e protesi virtuali, a cura di G. Anceschi, Milano, Domus Academy, 1992; Brenda Laurel, Computer as Theatre, Reading (Mass.), Addison-Wesley, 1991.

3 Si veda sull'argomento Lev Manovich, An Archeology of a Computer Screen, in NewMediaTopia, Moskva, Soros Center for the Contemporary Art, 1995, nonché Raphael Lellouche, Théorie de l'écran, in «Traverses», n. 2, aprile 1997, <http://www2.centrepompidou.fr/traverses/numero2/textes/lellouche.html>.

4 Per una definizione allargata di ipertesto, e per una descrizione dei dispositivi (pragmemi) della sua operatività, rimando a Federico Pellizzi, Per una critica del link, in «Bollettino '900», 1999, n. 2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/1999-ii/Pellizzi.html>; Id., Intertestualità e ipertestualità, ivi, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/1999-ii/Pellizzi1.html>; Id., Configurare la scrittura: ipertesti e modelli del sapere, in «Bibliotime», anno III, n. 1, marzo 2000, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iii-1/pellizzi.htm>; poi in «Intersezioni», 2000, n. 3, pp. 479-489. Un sostenitore dell'importanza del database come forma è Lev Manovich. Il titolo del presente saggio riproduce quello di un paper (Hypertext as «Symbolische Form») da me proposto alla «IX International Bakhtin Conference» di Berlino nel luglio 1999 (<http://userpage.fu-berlin.de/~bakhtin/agenda.htm>), indipendentemente dallo scritto di Lev Manovich, che allora non conoscevo, dal titolo Database as Simbolic Form, 1998, <http://www-apparitions.ucsd.edu/%7Emanovich/docs/database.rtf>. I due punti di vista sono chiaramente differenti.

5 Il cane di terracotta, dal romanzo di Andrea Camilleri. Cartone animato interattivo in CD-ROM, Dizionarietto vigatese-italiano, Palermo, Sellerio, 2000. La quantità di informazioni presenti sulla confezione rivela un certo disagio nella definizione dell'oggetto: «Contiene: Dizionarietto vigatese-italiano oltre 750 voci; CD-ROM: oltre 150 minuti di animazione, 40 personaggi doppiati da attori siciliani, oltre 40 minuti di musiche originali, 15 giochi interattivi, 21 schede di approfondimento, 12 ricette». Certo la tentazione di definire tutto questo, che in realtà è una sorta di elenco borgesiano, «database», può essere forte; ma quando mai, per dirne una, un database ha contenuto minuti?

6 Michael Heim, The Metaphysics of Virtual Reality, New York, Oxford, Oxford University Press, 1993, p. 154.

7 Un libro che suggerisce, fin dal titolo, una lettura in chiave «kantiana» del mondo digitale è Tomás Maldonado, Critica della ragione informatica, Milano, Feltrinelli, 1997.

8 Pierre Lévy, Il virtuale [1995], Milano, Cortina, 1997, pp. 35-36.

9 Reti medievali. Iniziative on line per gli studi medievistici, <http://www.retimedievali.it>, coinvolge cinque dipartimenti di storia di diverse università: Firenze, Napoli, Palermo, Trento, Venezia, ed è promosso e animato da Pietro Corrao, Roberto Delle Donne, Stefano Gasparri, Gian Maria Varanini e Andrea Zorzi.

10 I signori della rete. I mondi di Internet, le frontiere delle telecomunicazioni, la guerra dei bottoni, Quaderni speciali di «Limes», supplemento al n. 1/2001, pp. 192. Si vedano in particolare i contributi di Federico Rampini, Paolo Morawski e Federico Garimberti.

11 World Employment Report 2001, International Labour Organization, <http://www.ilo.org/public/english/support/publ/wer/tables/tabl_toc.htm>.

12 Globalization Index, «Foreign Policy», gennaio-febbraio 2001, <http://www.foreignpolicy.com/issue_janfeb_2001/gindexpressrelease.html>.

13 Federico Rampini, Internet: la riscoperta del territorio, in I signori della rete, cit., p. 20.

14 N. Katherine Hayles, How We Became Posthuman. Virtual Bodies in Cybernetics, Literature and Informatics, Chicago and London, The University of Chicago Press, 1999, p. 8.

15 Ci si rifà, per la nozione di ibrido, a Bruno Latour, Non siamo mai stati moderni. Saggio di antropologia simmetrica, Milano, Elèuthera, 1995.

16 Adolf Hildebrand, Il problema della forma, Messina-Firenze, D'Anna, 1949, pp. 39-41 e ss.

17 Richard Lanham, Digital Rhetoric: Theory, Practice, and Property, in Myron C. Tuman (a cura di), Literacy Online. The Promise (and Peril) of Reading and Writing with Computer, Pittsburg, University of Pittsburg Press, 1992, p. 235.

18 Se in Gadda l'enigma è coloristico, in Argento, in questa prima fase, è disegnistico: è celebre, in Profondo rosso (nonostante il titolo sanguigno), la sequenza in cui per un attimo il volto dell'assassina appare in uno specchio tra gli arzigogoli di una parete.

19 Vittoria Intonti, Rappresentazione e crisi della rappresentazione: The Sacred Fount di Henry James, in Clotilde De Stasio, Maurizio Gotti, Rossana Bonadei (a cura di), La rappresentazione verbale e iconica: valori estetici e funzionali, Milano, Guerini e Associati, 1990, p. 141.

20 Alain Robbe-Grillet, Una via per il romanzo futuro, a cura di Renato Barilli, Milano, Rusconi e Paolazzi, 1961, pp. 37, 71.

21 R.-M. Albérès, Michel Butor, Torino-Leumann, Borla, 1965, p. 140.

22 Virginia Woolf, To the Lighthouse [1927], London, Dent, 1948.

23 Ian Hacking, La riscoperta dell'anima. Personalità multipla e scienze della memoria, Milano, Feltrinelli, 1996.

24 Ibidem, p. 237 e ss.

25 George P. Landow, Hypertext: The Convergence of Contemporary Critical Theory and Technology, Baltimore, The Johns Hopkins University Press, 1992 e 1997².

26 Roland Barthes, S/Z, Torino, Einaudi, 1981, p. 55.

27 Giovanni Pozzi, Dall'orlo del «visibile parlare», in Sull'orlo del visibile parlare, Milano, Adelphi, 1993, p. 443.

28 Brenda Laurel, Computer as Theatre, cit. Per un approfondimento del tema del rapporto tra «distanza» e «prospettiva» nelle forme ipertestuali rimando a Federico Pellizzi, Critica, fiction, ipertesti. «Modernità» e trasformazioni della scrittura, in «Nuova Corrente», 2001, n. 127, pp. 161-184.

29 Wladyslaw Tatarkiewicz, Storia di sei idee. L'Arte il Bello la Forma la Creatività l'Imitazione l'Esperienza estetica, Palermo, Aesthetica Edizioni, 1997².


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