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BOLLETTINO '900 - Segnalazioni / A, aprile 1999
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Alcune recenti opere di narrativa contemporanea (II)
lette da Fabriano Fabbri
Sommario:
A. NOVE, *Puerto Plata Market*, Torino, Einaudi, 1997, pp. 208, £.14.000
A. NOVE, *Superwoobinda*, Torino, Einaudi, 1998, £.14.000
A. REZZA, *Non cogito ergo digito*, Milano, Bompiani, 1998, pp. 112, £. 20.000
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A. NOVE, *Puerto Plata Market*, Torino, Einaudi, 1997, pp. 208, £.14.000
*Puerto Plata Market* sembra il rovescio speculare e complementare del
trashissimo *Superwoobinda* per due ragioni interrelate: prima di tutto,
per il passaggio dal genere corto dello "spot-pourri" a quello lungo del
romanzo, il che, e qui veniamo al secondo punto, implica una conseguenza
fondamentale, l'inserimento del fattore "psicologico" che nel libro
precedente compariva in minima misura, come se nei tempi cortissimi di
quei microracconti, volutamente, proprio non ci fosse la possibilita'
materiale di dare consistenza ai personaggi, appiattiti a fumetto dal peso
schiacciante dell'enorme profluvio di prodotti industriali e di icone
mass-mediali; questi stereotipi da cultura Pop, o magari da "MTV", certo,
nel romanzo ci sono eccome, ma appunto vengono a inframmezzarlo come
inserti pubblicitari o messaggi promozionali. L'approfondimento
psicologico, invece, e' un passo non da poco compiuto da Nove, data
l'intelligente invenzione di Michele, un "io" che in perfetta sintonia con
la contemporaneita' proprio ci va stretto stretto, un involucro che noi
lettori dobbiamo indossare con non poche difficolta', obbligandoci a un
balsamico e significativo mutamento di rapporti con la realta': si tratta
di un personaggio fortemente ridotto, un semi-adulto dal linguaggio
elementare e coprolalico al tempo stesso, con una percezione naïve, con
reminiscenze e personali madelaines proustiane da supermarket, o da
cartone animato, da telenovela, come se, a causa di questa regressione
infantile, ogni forma di esperienza venisse ad assumere una dimensione
enorme, costantemente straniata, da cosa "piu' bella del mondo" vista con
gli occhi di un bambino; e quindi, caliamoci pure in quell'"io" piccolo
piccolo magari scomodo e problematico, ma anche decisamente multiforme,
"X", aperto a una percezione sempre "altra" e dunque sempre disposta a
lasciar trapelare le energie cosi' ingiustamente soppresse dalla dittatura
degli adulti, quelli che hanno messo una pietra sopra al loro mitico
paradiso dell'infanzia; e seguiamolo pure, questo Michele, nei suoi
frequenti motti di spirito, nella restituzione semplificata e candida che
ci da' degli eventi e della vita, sempre rapportati al suo mondo di
corrispondenze infantili, ovvero i filtri a cui certo non possono
sottrarsi i grandi avvenimenti della storia collettiva e personale, da
Aldo Moro al muro di Berlino alle sue esperienze sessuali, sempre
rivisitati da quella mente "candida & perversa" (... o *Confusa e felice*,
perfetto il CD di Carmen Consoli citato da Nove nel suo *musical
equipment*). Ma in fondo, cos'altro non e', quella di Michele, se non la
ricerca del suo paradiso perduto? I migliori personaggi della narrativa
contemporanea si buttano a capofitto nel loro Eden, un Eden anch'esso a
portata di mano, sia esso il paradiso ar tificiale di Demon e Davy
(Santacroce), sia esso l'artificio paradisiaco di Michele, un Eden su
scala industriale e mass-mediologica, tramutato nelle golose merci
dell'Ikea e dei centri commerciali, nella Juve di Lippi, dei film porno,
della Svizzera o di Beautiful. Anche Santo Domingo, l'isola ormai
accessibile alle tasche di ognuno, luogo dello stereotipo e del piacere
altrettanto stereotipato, diventa per Michele la terra promessa dei suoi
desideri, a cominciare dai piu' dozzinali, ad esempio l'intermi nabile
sfilza di prodotti del "Silverio Masson Supermarket", descritti per filo e
per segno come solo una mente alterata e maniacale potrebbe fare, una
mente "debole" dedicata anima e corpo a mansioni perfettamente inutili e
percio' contemplative, quasi f olgorate da una rivelazione epifanica; si
arriva poi alle pulsioni sessuali, le risorse irrinunciabili di tutta la
cultura contemporanea, tanto che Michele, coi suoi soliti mix di cartoons
- non per nulla "I cartoni animati sono sempre la migliore spiegazione
delle cose che non capisci ..." (p.138) -, ce ne elenca un resoconto *ab
origine*, dalle prime armi, all'avventura con un transessuale, alla
relazione con Marina, la sua ex ragazza, per finire con Francis, una
ballerina del posto che si invaghisce de lla perversa innocenza di
Michele. Diversamente dai racconti di *Superwoobinda*, questa volta il
romanzo culmina in un rassicurante lieto fine nel matrimonio dei due e nel
paradiso ritrovato dell'Ikea, ma, cosi' come era avvenuto al DJ Westwood
di Franzoso, non senza che qualche ombra di malessere esistenziale, di
"nausea" sartriana in formato tascabile e finalmente abbordabile, faccia
presa su Michele: di fronte all'inaspettata profferta sessuale di Francis,
a quella inedita novita' con cui la vita lo sorprende, Michele sarebbe
tentato di rinchiudersi nel bozzolo del suo mondo conosciuto e
tranquillizzante, quasi preso da un senso di vertigine, "Mi chiedo chi e'
lei, chi sono io" (p.182), sfociato nella mancata erezione della sua prima
volta con la nuova compagna. Ma Michele, guarda caso perfetto omonimo del
protagonista de *L'indifferenza* moraviana, e' "X" fino in fondo, non puo'
lesinarsi alla vita negandosi ai cambiamenti che questa gli riserva, e
pertanto noi sempre "ipocriti lettori", stretta o non stretta dobbiamo
infilarci in quella vitaminica postazione di ricambio percettivo,
condividerne pienamente, se possibile, gesti e comportamenti, strambi e
candidi che siano, cosi' potenzialmente e intimamente nostri.
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A. NOVE, *Superwoobinda*, Torino, Einaudi, 1998, £.14.000
La misura del racconto sembra essere fin troppo fuori luogo se applicata a
*Superwoobinda*, data la "brevita'" che raccorda le cinquanta e passa
storielle che lo compongono; semmai, per Nove il taglio giusto e' quello
dello spot o del cartellone pubblicitario (o del "lotto" da televendita,
come preferisce lo scrittore), che si sanno perfettamente adatti a
celebrare prodotti destinati a un consumo di massa, gia' bell'e pronti per
essere distribuiti nei supermarket e nei centri commerciali con confezioni
accattivanti, colorate, seducenti. Piu' in generale, tutti gli stereotipi
che sgorgano a fiotti dal mondo della TV, del cinema, del fumetto, dei
video-clips ecc. ammaliano con promesse di desideri, di fascino, tanto che
proprio questo universo dei mass-media diventa il termine di confronto e
di paragone di ciascun personaggio della bella raccolta di Nove: le merci
"mass-mediano" la loro vita quotidiana, iconizzano ogni brano della loro
esistenza, che per effetto di questo appiattimento viene ad assomigliare
sempre piu' a un catalogo promozionale, a un successione di immagini
stampate. Ma allora, siamo veramente sicuri di avere a che fare con
personaggi in carne e ossa, dotati di una loro psicologia, di uno spessore
reale, al punto da indurre addirittura, colpevoli i soliti critici
benpensanti, le diagnosi rovinose di una umanita' allo scatafascio?
Possibile che non si vogliano leggere gli spots di Nove con quella
"leggerezza", con quell'obbligo assoluto di essere disimpegnati, ironici,
che oramai si e' imposto come gusto dominante della narrativa "alla MTV"?
Per dirla in parole povere, Nove capisce bene che la cultura contemporanea
deve fare i conti con ogni prodotto inventato e divulgato dai mass-media,
che l'artificio mitomodernista e' diventato un fenomeno cosi' straripante
da apparire, alla fine, piu' naturale che mai, e dunque gli abitanti di
"Spot-landia" non rientrano affatto nelle normali categorie di
verosimiglianza, essendo a loro volta stilizzati a stereotipi, figurine
senza peso. Ognuna di quelle sagome, infatti, provvede immediatamente a
svuotarsi di qualche tratto individualizzante presentandosi col segno
zodiacale, e del resto qualsiasi loro gesto e' giustificato solo in base a
motivazioni esterne, tutte inderogabilmente legate a un programma
televisivo, a un jingle, a una band musicale, all'infinita cosmogonia del
"gia' fatto" industriale che si assiepano uno dietro l'altro. Tuttavia,
quell'enorme massa di merci luccicanti necessita di un montaggio
accelerato, che magari la riscatti da un a neutralita' troppo ripetitiva,
perfino ossessionante nella sua banalita': di qui l'inserimento di una
vena improntata allo splatter, in grado di controbilanciare
l'interminabile sequenza di stereotipi con un'abile miscela di umori
corporali, di liquami, di escrementi, di sangue, di smembramenti
ingigantiti fino all'iperbole. Insomma, il carosello di storielle diventa
appunto uno "spot-pourri" dove marciume e putrefazione da un lato, e
kitsch immacolato dall'altro, convivono in un amalgama equilibrato nelle
proporzioni, ma certo cortocircuitato in contenuti e in situazioni che
provocano risate liberatorie, e noi ce ne stiamo li' ad aspettare che
avvenga il patatrac, che lo spot arrivi al suo punto critico, che salti
per aria in tutte le sue colate di informe. Intendiamoci, l'ondata di
materiali organici viene anch'essa pressata a bidimensionalita', ogni
circostanza sottosta' a una flatness che tramuta in formato fumetto o
pellicola cio' che tocca, pulsioni erotiche comprese: i personaggi di
*Superwoobinda* l'eros non lo vivono in carne ed ossa, lo "mass-mediano"
da qualche film o rivista porno, oppure lo immaginano dai posters di
avvenenti icone/top-models. Ma puo' fermarsi al sesso il processo di
stereotipizzazione comica e sadico-perversa del mondo? Certo che no:
oltre a personaggi-figurine e a sesso-figurine, lo strapotere dell'icona
andra' a colpire anche il campo del sapere, e avremo cosi' una filosofia
dello yogurt come sostanza che compone il mondo (*Lo yogurt*); neanche la
morte sfugge alla macina dello "spot-pourri", come in *Drammatico caso nel
mondo dello sci*, dove il cadavere di un atleta gareggia per rispettare il
contratto dello sponsor; oppure *Lettera commerciale*, con la riduzione a
cartolina e a gadgets della morte di Fellini per riattivare il mercato
delle bocce di neve (il massimo del kitsch), a cui si aggregano numerose
altre tragedie realmente accadute, subito degradate a cliche'. Forse un
barlume di psicologia alcuni personaggi di *Supewoobinda* la possiedono
anche, ma inutilmente , come invece avviene in *Puerto Plata Market*,
andremmo a cercare nella loro "anormalita'" un ricambio percettivo,
qualche possibilita' di vita autentica, o una nuova visione del mondo che
non sia quella sospesa, altamente artificiale dei miti d'oggi, dalle
rockstars ai supereroi: valga su tutti "Quando si spaventano sono
fortissimo", con una Trieste simile a un "... cartone animato..." (p.106)
e il solito demente che si crede Diabolik, e infine "Un mondo bello come
le Spice che ballano", di nuovo la realta' equiparata a icona, quella
entusiasmante ed eccitante delle Spice Girls, contrapposto alla tristezza
della vita, che purtroppo e' un "... concerto delle All Saints" (p.192).
La "generazione MTV" lo stereotipo di massa lo ha metabolizzato da tempo,
non potrebbe piu' fare a meno di queste cornici di gioco alle figurine,
di artificio sfrenato, divertito: dopotutto, nella narrativa e nella
cultura contemporanea anche la "leggerezza" ha il suo peso.
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A. REZZA, *Non cogito ergo digito*, Milano, Bompiani, 1998, pp. 112, £.20.000
Davvero non si esagera a insistere su una tendenza della narrativa "alla
MTV" altamente mass-mediale, o piu' precisamente sintonizzata sulla stessa
linea d'onda di una cultura vorace, che remixa generi e immagini, li
riplasma, li ricicla, li reimpasta in nuove combinazioni, poi li cambia
ancora, li riprende in un vortice di gioco e ironia: dei salti d'orbita
alla "MTV", la Music Television che appunto rappresenta nel piu' efficace
e chiaro dei modi questa compressione di materiali disparati in un
prodotto unico, campionato, era ora, fra cultura alta e cultura
basso-popolare, *Non cogito ergo digito* ce ne da' una dimostrazione
perfino esemplare. Tanto per cominciare, gia' dal titolo sappiamo bene che
uno dei corollari fondamentali della narrativa dell'"assenza", la
narrativa totalmente basata sull'azione e sull'infittirsi della trama,
disinteressata alla proposta di una nuova etica di comportamento, viene
rispettato in pieno: facciamo pure a meno di cercare un "io", tra quelle
pagine, visto che non compare un minimo accenno a una coscienza e a un
corpo reali, a un personaggio in carne e ossa, e tanto meno a situazioni
possibili, anche lontanamente. Ogni cosa, in quel romanzo-videogame, in
quella insolita play station, risponde interamente a dinamiche di
"leggerezza", "rapidita'", si dissolve all'istante, e cio' implica un
susseguirsi incessante di eventi quanto mai iperbolici e imprevedibili; se
l'autore non "cogita" ma "digita", allora la metafora del computer va
benissimo a spiegare il movimento di app arizione/sparizione del romanzo,
quasi che Rezza aprisse un numero sempre maggiore di personaggi/files,
decidesse di accantonarli momentaneamente, ovvero di ridurli a icona, di
ripristinarli in altri contesti, oppure di chiuderli definitivamente.
Basta che la girandola degli avvenimenti continui a turbinare in modo
strampalato e demenziale, senza rispettare logica o regole, oppure, si',
la catena delle vicende puo' anche snodarsi con andamento "a domino",
magari facendo modo che la parola o il personaggio di una frase accenda la
miccia della serie successiva, si ponga come anello di congiunzione tra
due scene che comunque sfilano senza continuita'. Accade pure che quelle
veloci schermate di avventure avvengano in parallelo, "nel frattempo",
alimentando una storia che cresce su se stessa, aperta a un ventaglio di
direzioni in aumento progressivo; ma del resto un universo del genere, a
piu' dimensioni, non ha certo bisogno ne' di un punto di vista centrale,
ne' di giustificazioni verosimili: prevale invece un non-sense diffuso,
altamente compiaciuto di congegnarsi nei suoi meccanismi, di
autopresentarsi senza alcuna pretesa di "dire" qualcosa, di agglutinarsi
in un messaggio compiuto, e di nuovo il riferimento alla straordinaria
assurdita' delle sigle di MTV - che hanno solo il compito di celebrarne
il logo, magari al motto dello slogan "No sense makes sense" della Network
musicale visto poco tempo fa nei cartelloni pubblicitari - ci sta tutto,
cosi' come non guasta neppure un accenno al Woody Allen della celebre
trilogia (*Saperla lunga*, *Citarsi addosso*, *Effetti collaterali*). Ad
ogni modo, non e' detto che un qualche crocevia di raccordo non si
intrometta a sbrogliare la matassa, piu' o meno come un "VJ" che spezza il
flusso di tutta quella immaterialita' trasbordante di special effects, ma
solo per fornirci qualche indicazione, a ribadire che "... non c'e' da
sorprendersi di fronte a questo ammasso di vicende che cozzano tra di loro
sprigionando scintille di rada intensita'" (p.26), e dunque tanto va le
lasciarsi andare alle innumerevoli scorribande di tutti quei personaggi
stilizzati al massimo, smaterializzati in un evanescente Supermario
Nintendo della letteratura. Perfino Carlo, la figurina piu' gettonata del
romanzo, quella che riemerge piu' di frequente, e' un'altra entita'
diafana e incorporea che ci naviga in un non-luogo sintetico fatto di
fondali di carta, o meglio, di bits elettronici. Senza contare che questa
scenografia da computer-graphic preconfezionata puo' avvalersi di un
frasario alt rettanto in linea con la citazione e il luogo comune: accanto
alla stereotipia dei protagonisti, c'e' posto anche per i ready-mades del
linguaggio, frasi fatte e modi di dire, debitamente campionati e alterati,
manomessi in qualche particolare, giusto la scintilla che li renda meno
ovvi. Insomma, questo libro "a piu' pretese", come recita il sottotitolo,
digita in multitasking, su piu' aspetti contemporaneamente, inserendosi a
pieno merito in un filone narrativo che parte da lontano, da Queneau, a de
Chirico, a Bontempelli, su su fino a Borges e a Calvino: eccolo qui,
mutatis mutandis, ben iscritto nel codice genetico della cultura odierna,
dal romanzo al fumetto al video-clip, a tutta la cultura del software.
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Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature
versione e-mail - SEGNALAZIONI / A, aprile 1999. Anno V, 2.
Editor: Federico Pellizzi; Redazione: Daniela Baroncini, Eleonora Conti,
Silvia Dall'Olio, Stefania Filippi, Anna Frabetti, Elisa Soverini;
Dipartimento di Italianistica dell'Universita' di Bologna, Via Zamboni 32,
40126 Bologna, Italy, Fax +39 051 2098555; tel. +39 051 2098595/334294.
Reg. Trib. di Bologna n. 6436 del 19 aprile 1995 - ISSN 1124-1578
URL: http://www.comune.bologna.it/iperbole/boll900/
http://www.unibo.it/boll900/
http://www.brown.edu/Departments/Italian_Studies/boll900/
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