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          BOLLETTINO '900 - Segnalazioni / A, febbraio 2001             Successivo

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- Valentina Serra
Resoconto sul Convegno "Esilio ed Ebraismo",
Universita' di Cagliari, 20-22 Novembre 2000

Nei giorni 20 e 22 Novembre 2000 il Dipartimento di Filologie
e Letterature Moderne dell'Universita' di Cagliari e' stato
promotore di un interessantissimo Convegno Internazionale in
cui numerosi studiosi hanno affrontato, secondo le diverse
prospettive letterarie, storiche, politiche e sociali, la tematica
"Esilio ed Ebraismo". Il Convegno, tenutosi a Cagliari e a Nuoro,
e' stato organizzato dalla prof.ssa Maria Sechi dietro proposta
di un gruppo di studenti universitari e di neo-laureati.
Ha aperto i lavori il prof. Dario Calimani dell'Universita' di
Venezia con un brillante intervento sull'importanza e l'incidenza
della memoria nella realta' contemporanea, custodita nella cultura
ebraica attraverso la scrittura. A differenza del monumento,
considerato mero simbolo del ricordo, esilio delle emozioni,
rifugio e fredda pietra tombale della mente, la scrittura e'
realta' e simbolo allo stesso tempo, volta a ricordare il passato
e a tramandarlo nel futuro. Il monumento e' invece delega alla
pietra, e' sconfitta che annulla il senso della catastrofe che si
e' abbattuta sul singolo individuo. Talvolta il monumento sfocia
in un orrore estetizzato, come nel caso dei musei dei campi di
concentramento, musei dell'impensabile che invece di dare vita
alla memoria sembrano decretarne la morte e inneggiare alla
dimenticanza. Per tali motivi l'ebraismo ingiunge il superamento
della tentazione dell'oblio e dell'esilio imposto alla memoria
attraverso il racconto, la consegna del testo all'individuo
nella lettura collettiva, affinche' il ricordo viva mediante
l'empatia, l'assunzione delle emozioni dell'altro come se
fossero proprie.
A conclusioni del tutto simili e' arrivato anche il prof.
Claudio Natoli dell'Universita' di Cagliari che, partendo dalla
necessita' di smentire una visione edulcorata del fascismo
italiano in quanto estraneo alla persecuzione ebraica, ha
efficacemente delineato le differenti caratteristiche
dell'antisemitismo fascista e nazionalsocialista. Natoli ha,
infatti, ricordato che la memoria dei settemila ebrei italiani,
vittime dell'odio fascista a prescindere dall'occupazione
tedesca, deve essere conservata come parte fondamentale della
nostra storia, messa a dura prova dal silenzio in cui si sono
talvolta chiusi i sopravvissuti, dal negazionismo di coloro che
hanno sempre cercato di confutare la veridicita' del genocidio e
dalla tendenza a banalizzare e a spettacolarizzare lo sterminio
degli ebrei con spiegazioni troppo semplicistiche e astrazioni
dalle condizioni politiche, economiche e ideologiche che lo
permisero. Solo con una comprensione critica del passato e'
possibile, infatti, conservare la memoria e analizzare il
presente, pericolosamente vicino a tendenze razziali e xenofobe.
L'aspetto storico del tema "Esilio ed Ebraismo" e' stato
ulteriormente approfondito dalla prof.ssa Giannarita Mele
dell'Universita' di Cagliari, che ha preso in considerazione la
condizione degli ebrei nella Russia di Stalin, vittime nella
seconda meta' degli anni Trenta di una sistematica epurazione
dietro l'accusa di trotzkismo e di internazionalismo. La prospettiva
storica ha contrassegnato anche gli interventi del prof. Manlio
Brigaglia dell'Universita' di Sassari e del dott. Corrado Zedda
dell'Universita' di Cagliari. Brigaglia si e' occupato della
condizione dell'esiliato sardo e della sua funzione negli
avvenimenti internazionali degli anni Venti e Trenta. Il suo
intervento si e' concentrato sulla nascita delle associazioni
politiche di stampo antifascista nei paesi in cui contadini,
pastori e minatori sardi emigrarono a partire dal 1921 e
sull'intervento delle forze sarde nella guerra civile spagnola.
Corrado Zedda si e' invece occupato di alcuni documenti commerciali,
dai cui si evince la situazione delle comunita' ebraiche in
Sardegna durante il Medioevo. Dallo studio di tali rapporti
economici risalenti al XIV e al XV secolo, infatti, emerge che
le comunita' ebraiche sarde non solo godevano di una straordinaria
tolleranza, ma intrattenevano interessanti e fiorenti rapporti
commerciali con le altre comunita' del bacino del Mediterraneo.
La memorialistica degli ebrei tedeschi, che si rifugiarono in Italia
nonostante l'imperante regime fascista, e' stata oggetto
dell'interessante studio presentato dal prof. Klaus Voigt
dell'Universita' di Berlino. Si tratta di opere in cui i profughi
ebrei riportarono con impressionante drammaticita' la tremenda
solitudine del loro soggiorno italiano o le esperienze da loro
maturate nei campi di concentramento. Tuttavia, alcuni scrittori
fornirono una visione relativamente insolita dell'internamento,
dando risalto alla relativa liberta' di cui godevano i prigionieri,
in una realta' paragonabile alla vita del ghetto. E' questo il
caso di *Con la gente di Ferramonti: mille giorni di una giovane
ebrea in un campo di concentramento*, in cui Nina Weksler comunica
in termini del tutto eccezionali la sua esperienza di internata,
quasi fosse un'entusiasmante avventura condivisa da persone
provenienti da tutto il mondo. Voigt ha comunque ricordato che,
anche in questa curiosa eccezione, la triste esperienza della
prigionia, della privazione della liberta' e della fame emerge
prepotentemente nella memoria dell'autrice.
La comunicazione del prof. Alberto Cavaglion dell'Universita' di
Torino si e' invece concentrata sugli aspetti contraddittori della
cultura ebraico-triestina nel primo Novecento. L'ebraismo triestino,
infatti, rivela la sua alterita' nei confronti dell'ebraismo del
resto della penisola sotto diversi profili, dall'eccezionale
dimensione storico-politica che contraddistinse la citta', alla
penetrazione di numerose influenze culturali, che interessarono
in maniera differente le restanti comunita' ebraiche. Tra queste
Cavaglion ha ricordato la cultura rabbinica del Novecento, le
teorie della psicanalisi e il primo movimento sionista,
contrassegnato da figure di grande importanza quali Dante Lattes
e Giorgio Voghera, lo scrittore disincantato, ironico e scettico,
che sin dal 1949 si trasformo' nella memoria storica della propria
citta'. La comunita' ebraica triestina si rivelo' particolarmente
ricettiva verso la cultura viennese, anche attraverso
l'assimilazione dello scabroso e sconveniente fenomeno dell'odio
di se' ebraico, lo "Juedische Selbsthass". Forma di dissimulazione
della propria identita', che non si limita al rifiuto delle
origini, l'odio di se' ebraico porta all'assimilazione spietata,
e in certi casi accanita, da parte degli stessi ebrei di stereotipi
e di pregiudizi antisemiti. Introiezione dell'odio degli altri, lo
"Juedische Selbsthass" e' il peggiore male che la civilta' europea
abbia causato all'ebraismo e a coloro che godevano di una scarsa
cultura, identita' e coscienza ebraica.
Questo discorso e' con ogni probabilita' alla base della lettura
tormentata delle proprie radici che ebbero sia Umberto Saba sia
Italo Svevo, accusato da Giacomo Debenedetti di avere taciuto le
proprie idee sull'ebraismo e l'identita' ebraica dei suoi
personaggi piu' famosi. La figura di Svevo e' stata oggetto
dell'analisi condotta dal prof. Sandro Maxia dell'Universita' di
Cagliari, con un riferimento specifico all'ambito culturale
mitteleuropeo e ebraico proprio dello scrittore. In particolare,
l'interesse nella narrativa sveviana per la figura dell'uomo
d'affari rivela una proiezione di cio' che l'autore pensava
sarebbe stato il suo destino se non lo avesse riscattato la
coscienza della sua condizione sociale storicamente fallimentare.
Questo aspetto rivela cosi' il sintomo di una crisi piu' generale
che aveva colpito l'intero mondo cui egli apparteneva. "L'uomo
d'affari" di Svevo potrebbe essere definito come uno degli esempi
piu' evidenti dell'ebreo assimilato che, spesso identificato con
la figura del padre, diverra' il bersaglio polemico di numerosi
scrittori mitteleuropei, tra cui Kafka.
Anche la prof.ssa Angela Guiso ha dedicato il suo intervento ad
uno scrittore italiano di origine ebraica, Primo Levi, ravvisando
nella sua produzione, dagli scritti legati alla tragedia del lager
a quelli che viceversa si riferiscono ad una vita "normale", alcuni
procedimenti comuni finalizzati a comunicare sentimenti e immagini,
riflessioni e concetti legati all'esigenza di una vita libera e
uniti da un medesimo messaggio di liberta' e di condanna
dell'oppressione. Primo Levi universalizzo' la sua esperienza
personale affinche' divenisse messaggio autonomo, facendo derivare
la sua dialettica da quella devastante esperienza del lager e
consentendo comunque la riflessione su snodi fondamentali della
cultura e della storia del Novecento.
L'attenzione del vasto pubblico e' stata sollecitata in modo
particolare dalla comunicazione del prof. Enrico Fubini
dell'Universita' di Torino, imperniata sulla difficile problematica
del sionismo e dell'assimilazione ebraica nella comunita' tedesca.
Fubini ha posto l'accento sulla grande differenza tra la libera e
spontanea emigrazione verso la Palestina prima del 1933, basata
sulla convinzione che la realizzazione dell'ebreo potesse avvenire
solo ed esclusivamente in Terra Santa, e l'emigrazione avvenuta
successivamente, frutto della scelta obbligata dalle persecuzioni
nazionalsocialiste. Egli ha ricordato che se il sionismo negli
anni Venti era considerato il principale ostacolo all'integrazione
degli ebrei presso il popolo tedesco, coloro che viceversa
supportavano il movimento sionista, vedevano nella Germania una
minaccia di distruzione della propria cultura. Il sionismo, in
sostanza, funse da spartiacque tra l'ebreo emancipato e l'ebreo
assimilato, contrapposizione ben rappresentata in seno alla stessa
famiglia di Gershom Scholem. Questi, infatti, si reco' in Palestina
ancora giovanissimo, nel 1923, convinto che la scelta sionista
fosse una decisione morale e non politica, in una Germania da lui
considerata terra d'esilio che minacciava la distruzione della sua
cultura. Suo padre, d'altro canto, si oppose ai figli poiche'
avevano solidarizzato in Germania con una manifestazione di estrema
sinistra contro la guerra, da lui giudicata come una presa di
posizione antitedesca.
La prof.ssa Virginia Verrienti dell'Universita' "La Sapienza" di
Roma ha approfondito l'analisi dell'esperienza dell'esilio che la
"poetessa del popolo ebraico" Else Lasker-Schueler espresse in
*Das Hebraeerland*, scritto nel 1934, dopo il suo primo soggiorno
in Palestina. Nella "Terra degli ebrei" la nostalgia millenaria
nei confronti della Palestina sembra prendere corpo nella Citta'
Santa, in un ideale congiungimento della poetessa con le figure
dei suoi defunti familiari. Gerusalemme viene qui percepita
come un unico grande tempio, in cui si concreta il
ricongiungimento tra passato e presente e dove l'oggi vive in
una corroborante fusione con l'ieri. Nelle intenzioni
dell'autrice, *Das Hebraeerland* non doveva essere una
testimonianza dell'esperienza dell'esilio, ma ad un tempo un
dovere da svolgere nei confronti di coloro che venivano torturati
nei campi di concentramento e un'aspra critica per quegli ebrei
europei che si recavano in Palestina sono per "assaggiare" la
Terra Promessa e poi tornare in Europa con la coscienza tranquilla.
I problematici rapporti di assimilazione degli ebrei nella
societa' e nella cultura tedesca sono il terreno ideale su cui si
fonda lo studio condotto dalla prof.ssa Maria Sechi dell'Universita'
di Cagliari sulla stampa ebraica, che nella Germania
nazionalsocialista si fece carico di dibattere il problema
dell'antisemitismo in chiave squisitamente sociale e culturale. Le
riviste ebraiche, infatti, non solo sopravvissero durante il
Terzo Reich, ma vennero addirittura create ex novo o ebbero una
crescita notevole, esempio ben rappresentato dall'"Israelitisches
Familienblatt". Il dibattito culturale venne reso ancora piu'
stimolante grazie all'autorizzazione concessa esclusivamente ai
giornali ebraici, di pubblicare a puntate opere di autori in
esilio, articoli di studiosi non tedeschi, traduzioni dall'ebraico
e dall'yiddish e recensioni dei testi piu' svariati della
Exilliteratur. La stampa ebraica pote' cosi' non solo informare su
cio' che avveniva al di fuori della Germania, ma anche discutere
quei problemi del mondo che la stampa tedesca non poteva
assolutamente trattare, suscitando in questo modo l'interesse e
la curiosita' di un nutrito pubblico di lettori non solo ebrei.
Le riviste vennero vendute liberamente fino al 1937, poiche'
Goebbels resto' fino a quel momento convinto che nessun lettore
potesse interessarsi a riviste non tedesche. La stampa ebraica,
invece, fu unanime nel considerare l'ebraismo "una forza
spirituale e morale contro la menzogna" e cerco' di esporre una
visione del mondo che potesse risvegliare l'orgoglio dell'uomo
ebreo e provocarne la trasformazione dell'anima.
La prof.ssa Paola Boi dell'Universita' di Cagliari ha infine
preso in considerazione l'impatto e l'affermazione della cultura
ebraica in America attraverso l'esempio di una scrittrice
polacca, Anzia Yerzeska, immigrata negli Stati Uniti durante gli
anni Venti. Tra il 1881 e il 1914, ventitre' milioni di persone,
di cui circa tre milioni di ebrei, giunsero nella citta' di New
York, dove si stabilirono e vissero in condizioni di assoluta
poverta'. Gli aspetti nascosti della citta' e la sua stessa anima
vivono nelle fotografie di Jacob Riis e in opere come *The fat of
the land*, *The lost beautifulness* o *Bread givers*, in cui Anzia
Yerzeska focalizza gli elementi transitori e contraddittori
del quartiere ebraico, spesso attraverso l'uso della lingua e
dell'espressione del ghetto, un ibrido di inglese e yiddish. In
un processo di assimilazione l'estetica di separazione e
dislocazione della scrittrice trasforma tale luogo segnato
dall'assenza e dalla chiusura in un luogo di desiderio,
differenza e presenza, diventando infine narrazione del
ricongiungimento alla comunita' originaria.
La particolarita' degli interventi del convegno ha dato vita ad
un interessante dibattito cui hanno preso parte anche gli
studenti presenti alle due giornate di lavori. Al fine di
appagare il grande interesse suscitato a piu' livelli
dall'avvenimento, si e' resa evidente la necessita' di
proseguire nello studio degli argomenti affrontati e di
realizzare la pubblicazione degli atti del Convegno, che
avverra' entro breve presso la casa editrice Giuntina.


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SEGNALAZIONI / A, febbraio 2001. Anno VII - 2001

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