Sogna Pereira
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Eleonora Conti e Germano Pallini |
ALBO
I Edizione: Venerdì 7 aprile 2017 - Lycée Bellevue, Le Mans ore 8-13 / Classi partecipanti: 4AL EsaBac Faenza e Première EsaBac Le Mans / Vincitori: Abramo Tricoire, Anna Gallegati.
II Edizione: Venerdì 14 aprile 2023 - Lycée Stendhal, Milano ore 8-13 / Classi partecipanti: 5AL EsaBac Faenza e Seconde EsaBac Milano / Vincitori: Chiara Montagnon Palazzotti, Chiara Tura.
III Edizione: Venerdì 19 aprile 2024 - Liceo Torricelli-Ballardini, Faenza, ore 8:30-13 / Classi partecipanti: 5AL EsaBac Faenza e Seconde EsaBac Milano / Vincitori: Edoardo Argnani, Marie Scandroglio.
TESTIMONIANZE
<https://open.spotify.com/episode/7n1GeOoGRHPo8D0gINGD6y?si=_LWgX9SbR7i1Q5mWyKe6Lw&nd=1&dlsi=d0d77dc0e4fa4fab>. Anna Dolfi, podcast con Puntata speciale su Sostiene Pereira e «Sogna Pereira - Premio Tabucchi per la Scuola».
<https://www.liceotorricelli-ballardini.edu.it/il-premio-tabucchi-per-la-scuola-sogna-pereira-3-edizione-al-liceo-torricelli-ballardini/>. Per il trentennale di Sostiene Pereira.
<https://www.lsmi.it/homepage/prix-pour-les-ecoles-sogna-pereira/>.
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Schizzi eseguiti da Pierre-Henry Gomont sul Sogno di Chiara Tura, edizione 2023. |
II. Anna Gallegati, edizione 2017
Sostiene Pereira che quella notte ebbe tre sogni, che dimenticò al suo risveglio ma ricordò dopo tanto tempo.
Il primo sogno iniziò con Pereira stesso seduto al tavolo della sua cucina occupato nella correzione di uno dei necrologi di Monteiro Rossi. Era quello del poeta italiano Gabriele D'Annunzio e Pereira, man mano che leggeva, sentiva il sudore scivolargli sulla schiena, immaginando di pubblicare un giorno quell'articolo nella pagina culturale del giornale «Lisboa». Nel frattempo, sorseggiava un bicchiere di limonata dolce e il ritratto della moglie lo guardava dalla libreria. Un bussare sommesso alla sua porta preannunciò a Pereira una visita inattesa. Ad attendere sul pianerottolo, con uno sguardo alquanto altezzoso vi era proprio Gabriele D'Annunzio, vestito elegantemente e con i baffi ben curati. Pereira sorpreso e intimorito per quella visita così illustre si fece da parte lasciando entrare l'uomo, che avanzò a grandi passi nell'appartamento. Prima che Pereira potesse dire una sola parola di benvenuto, D'Annunzio era già seduto al tavolo della cucina, con in mano il suo necrologio. "Signor D'Annunzio", si affrettò a dire con imbarazzo, "spero che non se la prenderà se non pubblicherò quel necrologio nel mio giornale. Posso offrirle qualcosa da bere?". "Questa limonata sarà sufficiente, Pereira", rispose l'italiano senza staccare gli occhi dal foglio ma prendendo il suo bicchiere mezzo vuoto dal tavolo e cominciando a sorseggiare la bibita. "Dovrebbe metterci meno zucchero, sa? Le farebbe bene, Pereira", gli disse poi distratto. "Ha perfettamente ragione", rispose lui mestamente. Stava per spiegargli che un medico, che lui considerava un amico, gli aveva prescritto una dieta che proibiva del tutto la limonata, quando D'Annunzio alzò di scatto la testa dal foglio e chiese guardandolo: "Questo necrologio le procurerà una marea di guai, lo sa vero?". "È quello che penso anch'io", assentì Pereira. "Quindi non lo pubblicherà, giusto?". "Nossignore". "Grande errore". "Come può dirlo lei che sostiene il Fascismo, signor D'Annunzio?". "Io sostengo i miei ideali, che rivedo nel Fascismo", gli disse D'Annunzio fissandolo con occhi di falco. "Lei invece, Dottor Pereira?".
Il secondo sogno lo vide occupato a mangiare un'omelette alle erbe al Café Orquídea. Questa volta era solo, non c'era neanche Manuel nei dintorni. All'improvviso il cigolio della porta lo fece voltare e, stranamente, non fu sorpreso di vedere Federico García Lorca entrare e dirigersi con decisione al suo tavolo, sedersi di fronte a lui e sorridergli. "L'omelette non la finisce, vero Pereira?", gli chiese Lorca sporgendosi verso di lui. "Beh, veramente...", ma l'uomo aveva già preso il piatto e cominciato ad ingozzarsi con gusto. "A lei non fa bene, dottor Pereira", lo ammonì con un sorriso. Gli sembrò di vivere un déjà-vu. Lorca aveva un aspetto giovane e sereno, e Pereira pensò che evidentemente, essendo morto da due anni, poteva presentarsi alla gente con l'aspetto che preferiva. Lui invece aveva sempre la stessa pancia, che premeva sul tavolo di legno, e gli stessi acciacchi della vecchiaia. "Cosa ci fa qui?" chiese Pereira al giovane, quando ebbe finito di mangiare. "Vengo da parte di Monteiro Rossi" rispose. "E cosa deve dirmi?". "Il signor Monteiro non può comunicarglielo di persona, ma in ogni caso mi ha detto di ringraziarla e di dirle che non ha più bisogno del suo aiuto economico". Pereira ne fu stupito. "Ah no? E come mai? Ha risolto i suoi guai?". Lorca sorrise ancora, come divertito. "Sì, possiamo dire di sì". "Questa è una bella notizia", disse il giornalista. "E allora perché non è potuto venire a dirmelo di persona?". "Le circostanze non glielo permettono, purtroppo. Ormai è già lontano". "Ah capisco. Dunque non potrà più scrivermi i necrologi per la pagina culturale del «Lisboa». Non importa, ad ogni modo i suoi scritti non sono mai stati adatti". A quel punto García Lorca si alzò dal tavolo e tese la mano a Pereira. "Purtroppo non posso più trattenermi, dottore". Pereira gliela strinse di rimando. "Mi ha fatto piacere incontrarla". "Il piacere è stato mio". "La saluto". "Porterò i suoi saluti a Monteiro. Addio!". E detto questo se ne andò.
Il terzo sogno lo riportò indietro nel tempo, alla Granja. Pereira era di nuovo giovane e la moglie era addormentata al suo fianco sulla spiaggia, con quell'aria dolce ma malaticcia di sempre. Nel sogno Pereira era lì lì per svegliarla e poter parlare con lei un po', quando una voce maschile lo chiamò costringendolo a voltarsi. Steso accanto a lui dalla parte opposta vi era niente meno che quel rivoluzionario di Filippo Tommaso Marinetti. Era disteso su un asciugamano ed indossava un costume da bagno all'antica. Aveva un'aria piuttosto arrabbiata e sembrava in cerca di una lite. "Lei non dovrebbe essere qui, Pereira!", gli sussurrò con ostilità l'uomo. "Non direi, signor Marinetti. Perché dice così?", rispose lui con stupore. "Ma come perché? È impazzito? E per carità non urli, le spie potrebbero essere ovunque...", sibilò guardandosi intorno con preoccupata circospezione. Poi proseguì scrutando Pereira con occhi socchiusi: "Da quando ha fatto quello che ha fatto i sicari del governo la stanno cercando, e lei se ne sta qui, su una spiaggia a godersi il sole. Metta almeno al sicuro sua moglie se proprio vuole perseguire i suoi ideali suicidi". "Non ho affatto ideali suicidi, e ad ogni modo non so di cosa lei stia parlando. Sono stato ben attento a restare nell'ombra e in fin dei conti non ho fatto niente di male. Nessuno sospetta di me". "Starà scherzando, Pereira", lo fulminò Marinetti. "E che mi dice del centralino nella sede del suo giornale? Aiutare quel disgraziato ragazzo in quel modo le sembra niente? Per carità mi stia a sentire: si nasconda, cambi Stato. Vada in Francia e cambi vita, questo è il mio consiglio. E adesso me ne vado. Ho rischiato anche troppo venendo qui", concluse Marinetti alzandosi e spolverando via la sabbia dal suo asciugamano. Poi prima che Pereira potesse dire alcunché, il futurista si era già allontanato, e com'era iniziato, anche il terzo sogno terminò.
III. Abramo Tricoire, edizione 2017
Serata calda. Troppo. Soffocante. La luna quasi s'intravedeva, quasi s'indovinava da qualche briciola di luce che a malapena riusciva a sfondare quell'oceano nuvoloso di oscurità. Il sonno, invece proprio no, non voleva farsi vivo, e Pereira era stufo. Stufo di aspettarlo, stufo di quel caldo, di quel corpo, di quella realtà. Così, sostiene, decise di alzarsi e di andare nella rua da Saudade alla ricerca di quel sonno, del suo sogno. Scese e incominciò a camminare là nella rua da Saudade che ad ogni passo si faceva più tranquilla, più serena, più lontana dall'agitazione e dalla pazzia nelle quali il mondo sempre di più annegava. Camminava perché gli era dolce camminare. Camminava perché era spinto a camminare. Camminava perché, se non era sicuro di trovare il sonno, sicuro era di trovare qualcosa, là nell'orizzonte oscuro della rua da Saudade, che mai aveva trovato prima, e di cui aveva bisogno. Che cosa fosse quel qualcosa, non lo sapeva e, sostiene, non lo voleva sapere, ma il fatto è che verso quell'orizzonte camminava. Così, questa lunga via a poco a poco diventava un libro con tante macchie, tanti fiori e ancora tante pagine bianche. Si mise a percorrere a passo a passo le righe, le sue righe. E in queste righe, rivedeva. Rivedeva la signora Delgado e la sua gamba di legno che fuggiva le cose turche della loro epoca. Rivedeva Manuel e Padre Antonio, Monteiro Rossi e Marta che, come potevano, cercavano di migliorarla quell'epoca, con omelette, limonate o con confessioni, con articoli impubblicabili o con le armi. E tra queste righe della rua da Saudade, il suo cuore camminava con un dolce pianto. Aveva ragione, e Pereira seguiva senza ribellarsi. Sempre seguire le ragioni del cuore. Le righe, vie, articoli, giornali, incontri, funerali, omelette, limonate si succedevano, e Pereira continuava a camminare.
Ad un punto la rua da Saudade si fece insabbiata e lo sparire delle nuvole lasciò apparire davanti a lui un mare riflettuto dalle stelle, una spiaggia e la sua dolce brezza. Qualche casa addormentata e il club ancora aperto, piccola luce viva nel mezzo di questa notte stellata. Tempi di Coimbra, ancora. Di notte questa volta. Sostiene Pereira che s'avvicinò alla finestra illuminata del club e si mise a sorridere dolcemente: sì, erano là. I suoi amici, la sua giovine sposa, lui, a giocare, a ridere, insieme. Era bello rivederli, rivedersi, giovane, felice. Eppure una grande tristezza rimaneva: lui era da solo davanti a quel dolce riunirsi. Avrebbe voluto aprire quella porta, rompere questo muro pieno di silenzi che da tanto, troppo tempo gli vietava l'accesso a loro, a se stesso, ma non era possibile. Non poteva che guardare senza speranza di essere visto, udire senza speranza di essere udito, a questo era ridotto il nostro vecchio Pereira. Sostiene che dopo qualche minuto si rassegnò: decise di tornare ai piedi del mare, a contemplarlo e aspettare che venisse la mattina. Era arrivato lì senza avere trovato niente di nuovo eppure il sentimento di trovare il suo qualcosa di nuovo non era svanito. Si sedette sulla sabbia, i piedi nell'acqua ancora calda. S'innalzava il mare. Sì, anche all'acqua piace camminare. Così gli venne la voglia, sostiene, di andare a nuotare un po' come quand'era giovane. Nuotare gli faceva molto bene. Dimenticava il mondo, le cose turche, dimenticava il suo passato, il suo presente, dimenticava i suoi complessi, il suo corpo grasso, e tutto questo gli faceva molto bene. Poi ritornò a sedersi sulla sabbia, guardando i riflessi delle stelle. Gli sembravano tanto lontane, eppure anche esse gli facevano bene. Questo sogno proprio gli faceva bene. Era questo il suo qualcosa di nuovo? Su questo rifletteva il vecchio Pereira, sognava nel suo sogno, era sveglio nel suo sonno.
Mentre rifletteva, puntino davanti all'immensità dei mari, sentì una mano dolce sulla sua spalla. Sorpreso senza essere impaurito, si girò per vedere chi poteva essere, e vide sedersi accanto a lui una figura giovane, quella che per tanti anni aveva portata. "Ciao, dottore. Tanto tempo, eh?", gli disse il giovane lui. "Troppo tempo, sì", rispose Pereira, "ma tu come... come hai potuto vedermi? Il muro in realtà non c'è? Allora voi mi vedevate? ", chiese ancora. Sostiene Pereira che la risposta del giovane fu che il bello d'un sogno è forse di non essere realtà e che di sicuro c'erano cose più importanti da sognare che queste domande. Sostiene anche che non ebbe nulla da rispondere, e che poi si misero a ricordarsi i tempi passati, come due vecchi amici. I biliardi, le amicizie, le nuotate, l'amore, gli studi, la letteratura, si succedevano nelle parole dei due Pereira. Quelle parole che da troppo tempo dormivano, ora si svegliavano sotto le stelle, ora potevano respirare una brezza nuova. "E adesso, come sei, dottore?", chiese il giovane, "raccontami". Pereira si mise a raccontarsi: la morte di sua moglie, i diversi giornali, la nostalgia, la guerra civile in Spagna, Salazar, l'oppressione. Si mise a descrivere il suo passato, le sue delusioni, il suo presente, le sue domande. Il giovane non rispondeva, solo ogni tanto annuiva dolcemente. A volte ci fa bene solo essere ascoltati, e magari questa era una di quelle volte. Sì. Man mano che parlava, che piangeva, che chiedeva, fissando le stelle dentro al mare, le consolazioni e risposte si facevano più chiare nel suo cuore, nella sua mente. Capiva che in fondo il perché della resurrezione della carne non gli sarebbe servito a niente adesso. Capiva che gli articoli di Monteiro Rossi erano impubblicabili solo perché la censura c'era. Peccato. Capiva che in fondo magari qualcosa lo poteva fare e lo doveva fare. Dopo qualche ora di parole, di silenzi, di pianti, di sorrisi nostalgici, il nostro Pereira si girò verso il suo giovane compagno, e vide che era sparito. Non capiva. Decise di andare a vedere alla finestra del club. Tutti ancora stavano giocando, tutti tranne uno, il suo giovane sé, che non c'era più. E allora, tornando verso il mare, Pereira capì. Sì, il suo qualcosa di nuovo l'aveva trovato, era se stesso. Capì che sui suoi ricordi non poteva solo riposare e piangere. Capì che la sua vita era davanti e non dietro come si ostinava a pensare. Capì che cambiare a volte consiste semplicemente nell'aprire gli occhi, e i suoi occhi si aprivano su una vaga idea di quel qualcosa che poteva e doveva fare. Intanto il sole cominciava a farsi vedere nell'orizzonte ondato dell'oceano atlantico, e Pereira, stanco ma col cuore leggero, s'addormentò.
IV. Chiara Tura, edizione 2023
Quella notte sognò di ricevere una lettera senza mittente, sostiene Pereira. Mentre la apriva sentiva una grande curiosità montargli dentro, un'insolita eccitazione lo pervadeva, si sentiva leggero e libero come non lo era da tempo, anche se non ne conosceva il motivo.
Appena la aprì lesse la prima riga: "Lisbona, 25 agosto 1938. Necrologio del Dottor Pereira".
Immediatamente Pereira cercò la firma in calce e lesse: "Monteiro Rossi".
In quel momento, un brivido gli attraversò la schiena, quel nome lo risvegliò dallo stato di grazia che lo avvolgeva. Monteiro Rossi, giaceva inerte nella stanza a fianco, coperto da un lenzuolo bianco, come poteva avergli spedito quella lettera? E quando?
Iniziò subito a leggere:
"Si chiamava Pereira ed era un ex giornalista di cronaca nera che aveva deciso di allontanarsi dalle prime pagine dei giornali, per curare la rubrica culturale del «Lisboa», un piccolo giornale locale. Pereira amava circondarsi di abitudini rassicuranti, che gli davano l'illusione di tenersi al riparo da emozioni troppo forti, in particolare, dopo la morte della moglie... da quel momento in poi era infatti sprofondato in un intenso stato di malinconia e passività.
Era un uomo che amava molto il suo lavoro, ma che viveva in perenne conflitto tra seguire la sua vocazione, denunciando le ingiustizie di un regime sanguinario, o lasciare che la Storia facesse il suo corso senza interferire.
Nonostante fosse un uomo molto razionale e consapevole delle conseguenze delle proprie azioni, in fondo ha sempre vissuto seguendo le ragioni del cuore, che sono poi le ragioni più importanti, quelle che muovono il mondo...
E infatti la vita di Pereira è stata costellata di piccoli grandi gesti, fatti come in punta di piedi, senza fare rumore, ma che si sono rivelati fondamentali e hanno restituito dignità e senso ai numerosi sacrifici fatti da chi si batteva per un mondo più libero e giusto".
Firmato: Monteiro Rossi
Quando alzò lo sguardo dalla lettera, sostiene Pereira, non si era mai sentito più in pace; sentiva di essersi finalmente liberato da quell'intorpidimento che da tanto tempo lo opprimeva. Per la prima volta si sentiva vivo, sostiene. Ora sapeva cosa fare.
V. Chiara Montagnon Palazzotti, edizione 2023
Pereira rentre tard chez lui après avoir quitté l'appartement de Monteiro Rossi, Marta était là, aussi. La nuit est avancée, il est fatigué. Il se déshabille et se couche enfin dans son lit, il s'endort vite.
Au réveil, il se retrouve au milieu d'une rue du quartier de l'Alfama et décide de se promener dans le labyrinthe des ruelles. La ville est éteinte, il n'y a personne à l'horizon. On entend le bruit du vent et des volets qui tapent sur le mur. Soudain il entend le son d'une musique, il se laisse porter par le son. Plus le son devient fort, plus une odeur de sardines grillées au charbon de bois remplit ses narines.
Au fur et à mesure qu'il poursuit sa promenade, les rues deviennent de plus en plus sombres, jusqu'à ce qu'il arrive à un petit café faiblement éclairé. La porte s'ouvre brusquement, le vent le pousse à l'intérieur et Pereira reste bouche bée. A l'intérieur de ce café se trouvent des ombres blanches, ce sont des fantômes. Ils sont tous autour d'une grande table éclairée par plusieurs bougies. Ils jouent aux cartes. Ils l'invitent à se joindre à leur partie et à leur conversation. Ils ont tous les habits du temps qui fut le leur et leurs visages sont gravés des lignes de la vie.
"Permettez-moi de nous présenter", dit l'homme assis le plus près de lui. "Je suis Fernando Pessoa, et voici mes collègues, Eça de Queirós et Luís de Camões".
Pereira sent l'excitation monter en lui, la perspective de discuter avec une compagnie aussi distinguée le ravissait. Pendant des heures, ils discutent, débattent des mérites de différents courants littéraires, du rôle de l'artiste dans la société et ils explorent les mystères de l'univers.
Au fur et à mesure que la nuit avance, la conversation se tourne vers des sujets plus personnels. Les écrivains partagent des histoires sur leur propre vie, leurs luttes et leurs triomphes, leurs joies et leurs peines. Pereira s'ouvre aussi aux autres. Il leur raconte ses propres expériences et ses peurs.
Alors que la nuit touche à sa fin, les écrivains se lèvent pour partir. Pereira ressent un sentiment de perte, sachant qu'il n'aurait peut-être plus jamais l'occasion de leur parler. Il sent qu'il appartient à ces grands esprits, aussi, maintenant.
Soudain, le café commence à disparaître et Pereira se retrouve seul dans un vaste jardin. Le jardin est rempli d'un parterre de fleurs colorées, de grands arbres et de sentiers boueux qui mènent à des passages secrets et des fontaines cachées. Pendant qu'il se promène dans le jardin, Pereira est entouré par le doux parfum des fleurs épanouies et le doux bruissement des feuilles. Les couleurs sont vibrantes, vives: les roses rouge vif, les iris violets et les tulipes orange.
Alors qu'il explore le jardin, Pereira remarque une série de petites statues nichées parmi le feuillage. Elles représentent des créatures et des figures mythologiques, des centaures et des nymphes, des fées, aussi; toutes figées dans le temps.
Il y a un sentiment de paix et de tranquillité dans le jardin, avec le gazouillis des oiseaux et les papillons voletant autour des fleurs. Le doux écoulement d'un ruisseau à proximité fournit une bande sonore de fond apaisante à la scène. Alors que Pereira poursuit son chemin, il tombe sur un petit étang rempli de nénuphars. Au centre de l'étang, il y a la statue en pierre d'une femme, les bras tendus et le visage tourné vers le haut. Au fur et à mesure qu'il se rapproche, il se rend compte qu'il s'agit de sa femme décédée.
Pendant un instant, le temps s'arrête et Pereira se sent en paix. Il sait qu'il est dans un endroit spécial, à un moment spécial, qui est destiné à être savouré et rappelé. Pereira se réveille les larmes aux yeux, se sentant à la fois réconforté et attristé.
VI. Edoardo Argnani, edizione 2024
Erano da poco passate le sette e Monteiro Rossi, ancora disteso sul divano del salotto, dormiva di un sonno che Pereira non aveva mai conosciuto, neanche negli anni lontani della sua giovinezza. Quella notte era stata tumultuosa, si sentiva sudare nel letto e si alzava, sempre accompagnato da quelle sue fitte alla schiena che l’età non gli risparmiava. Appoggiato il lume sul tavolino si ricoricava e pensava, o sognava, o forse entrambe le cose. Quel senso velato di dolore e tensione Pereira non lo aveva mai sperimentato prima e forse non lo sapeva, non lo sapeva neppure raccontare, pensò.
Quello che è certo però, sostiene, è che tra un sogno e l’altro lui vedeva sempre un uomo. Questi sedeva smorto su uno scranno, aveva un viso smunto e guance cadenti. La pioggia batteva forte sulle tegole di cotto di rua da Saudade, tonfi e grida provenivano dalla finestra chiusa a coppo. Era la ronda. Polizia politica. Pereira cominciava davvero a non riuscire a tracciare un confine chiaro tra realtà e finzione. Dove finisse la realtà e dove iniziasse il sogno lui non lo sapeva, in fondo non gli importava.
Richiuse gli occhi ma l’uomo nell’ombra era ancora là e sembrava chinare la testa nel buio, pronunziando mesto la sua sentenza. Pereira non capiva cosa dicesse ma Freud, lui, lo aveva letto avidamente. Sapeva che ogni sogno ha un significato nel subconscio, ma quale, ora? La torre cuspidata del campanile scandì quattro rintocchi sul crepitio uniforme della strada. Pereira gettò un occhio all’orologio, era ancora troppo presto. Si rivoltò tra le coperte tirando un colpo al guanciale. Il personaggio ancora parlava in maniera strana e gli parve di riconoscere in quelle parole qualcuno di quei forbiti termini che padre Antonio soleva usare nei giorni di festa prima di celebrare la comunione. "In recte faciendo nullum est vinculum necessitatis" ansimava il vecchio sull’altare austero.
Che si trattasse di un frate, o forse di un cardinale? Difficile a dirsi. Ma ripescando meglio nella memoria Pereira riconobbe quel viso familiare tra le pagine di una vecchia edizione commentata della Divina Commedia che aveva letto da ragazzo. Certo il direttore di una pagina culturale non poteva esimersi dal conoscere a menadito ogni singolo passaggio di scritti simili, ma Pereira sentì lo stesso il bisogno di sfogliarlo avidamente in cerca di risposte, salvo poi accorgersi che la pagina tanto attesa restava sempre raccolta tra le sue dita assieme alla copertina. Ormai Pereira era sveglio. È un papa senza dubbio, pensò, e dopo attimi di febbrile ricerca, ebbe stampato in testa il nome del suo vile persecutore. Celestino V, «colui / che fece per viltade il gran rifiuto». Padre della chiesa. Uomo indolente. Quella notte Pereira non poteva più restare a guardare.
VII. Marie Scandroglio, edizione 2024
Una notte di luglio, calda e afosa, Pereira sognò.
Sognò di essere nel suo appartamento, anche se sembrava diverso: i mobili erano spostati, e tutte le finestre e le tapparelle erano chiuse, benché Pereira non le chiudesse mai. L'armadio, invece di trovarsi sul muro opposto al letto, era davanti al divano. Poi, la cucina era... la cucina non c'era. Ma quello non era importante perché faceva caldo, troppo caldo e Pereira sudava tanto. Allora aprì la finestra del salotto e una brezza leggera lo rinfrescò. Chiuse gli occhi. "Così va meglio", pensò tra sé e sé.
Quando li riaprì, non vide la città di Lisbona attraverso la finestra, ma il mare. All'improvviso sentì il bisogno di andare a farsi una nuotata. Si voltò e camminò verso la porta, quando si accorse che il pavimento non era più di legno, ma di sabbia. Continuò verso l'ingresso, aprì la porta e scese le scale, le quali, sostiene, erano anch'esse di sabbia. Ma ciò non gli impedì di scendere. Uscì dal suo palazzo e si avviò verso il mare. Visto che il costume non ce l'aveva, rinunciò a farsi un bagno e decise piuttosto di passeggiare in riva al mare con i piedi nell'acqua.
Era una notte profonda ma fresca ed era l'unico sulla spiaggia. Volle mettere i piedi in acqua ma appena lo ebbe fatto, urlò dal dolore. Cadde all'indietro sulla sabbia dalla sorpresa, allontanandosi dal mare. L'acqua era ustionante. Allora, Pereira notò che il mare bolliva: migliaia di bollicine scoppiavano sulla superficie dell'oceano. Si alzò con un po' di difficoltà quando una donna gli apparve davanti. Era magrolina e aveva un viso delicato. I capelli castani chiari le cadevano sulle spalle. La donna gli sorrise; era sua moglie.
"Scusa se ti ho spaventato", gli disse. Sua moglie lo guardò in modo strano e chiese "Ma non riconosci dove siamo?".
"Siamo al mare", replicò Pereira, "alla spiaggia della Granja".
"No, non siamo da nessuna parte", obiettò la donna, "guardati intorno".
Pereira si girò e vide il palazzo dal quale arrivava, completamente distrutto. La vegetazione avvolgeva le rovine rimaste.
"Ma cos'è successo?" domandò.
"Lo hai fatto tu questo, Amore", ribatté sua moglie.
Un senso di colpa lo assalì.
Pereira balbettò qualcosa come "Ma io non ho fatto niente". Stava sudando, sostiene, e la brezza non c'era più.
"Sei stato tu", insistette la moglie, "non facendo niente, tesoro".
Sorrideva dolcemente e quello rafforzò il senso di colpa che lo tormentava sempre di più. Il calore gli dava l'impressione di soffocare, e continuava a non capire come, senza fare niente, aveva demolito casa loro.
"Tu rimani al tuo posto e aspetti; non scrivi, non parli, non urli e queste sono le conseguenze", lo rimproverò sua moglie.
Pereira impallidì. Sostiene di aver avuto l'impressione che la vergogna lo mangiasse dall'interno.
"È già troppo tardi", disse la donna, "ma puoi ancora salvare il resto". Sua moglie gli tese la mano e lui sostiene che la brezza marina gli carezzò la fronte.
Notò che le bolle sul mare facevano un rumore strano. Il rumore si fece più forte, le bolle... squillavano? Fu svegliato, ancora nel suo sogno, dal telefono. Guardò l'ora, erano quasi le dieci. Uscì dal letto, si vestì e cominciò a scrivere, sorridendo. Sostiene Pereira di non essersi sentito così felice da tanto tempo.
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2023
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gennaio-maggio 2023, n. 1-2