Germano Pallini

Sogno di sogno di sogno

 

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Una sera di fine marzo del 1800, dalla sua cella del carcere-fortezza dell'île Pelée, Philippe Buonarroti, avvocato e spirito balzano, osserva le strisce del mare. Stordito da lingue di nebbia e di azzurro, si sdraia sulla panca appena ricoperta d'umida paglia. Rapidamente prende sonno.
Una folata di vento lo risveglia, o così gli pare. Si alza, cammina verso la finestra e non vede più il mare, ma un campo di grano dove andava da bambino. Guarda meglio, stringe gli occhi perché è un po' miope, e vede se stesso, bambino, dare la mano a suo padre. Insieme camminano tra spighe e papaveri, portano il cestino della merenda, e fa caldo. Il babbo porta un buffo cappello a tricorno, che non gli si è mai visto, e punta il dito verso l'orizzonte. Si fermano all'ombra di una quercia, il babbo stende una tovaglia bianca e stappa un fiasco di buon rosso di Migliarino.
- Prendine un goccio anche tu, gli dice, è fresco e va giù che è un piacere - e mentre Filippo beve, suo padre è di nuovo in piedi che si scrolla le briciole, e pare un granchio dondolante sulle sue gambone arcuate.
- Prendine ancora finché sei in tempo, gli dice senza voltarsi, prendine prima che arrivino i nuvoloni - e se ne va dietro l'albero per orinare. A Filippo il vino non piace, ma se il babbo gliel'ha comandato, allora bisogna ubbidire e si sforza a inghiottire. A lui piace la cioccolata alla moda dei Lorena, speziata e profumata di gelsomino, che sua madre gli ha fatto assaggiare nei salotti granducali, ma di questo lui non parla col padre e se ne vergogna, perché è un bambino grasso e timido, dalle delicate manine adipose, atte solo a sgranare minuetti sul clavicembalo.
Così prova pena di sé e macchinalmente beve un altro sorso, e questa volta gli pare meno amaro. Il tempo passa, una nuvola cambia forma, nasce un'ansia.
Ebbe voglia di cercare suo padre e si alzò. Dietro l'albero non c'era nessuno. Fece il giro completo del tronco e allora lo vide di schiena, nuovamente seduto sulla tovaglia, con quel buffo cappello che gli copriva la testa. Filippo si avvicinò e gli toccò la spalla, ma sulla mano gli scese una cascata di riflessi rossi. Il cappello volò via. Gli si riempì la vista di una nuova bellezza.
- E tu chi sei?, chiese Filippo.
- Io sono la Rivoluzione, disse lei, e lui non fece altro che tuffarsi in quegli occhi di conchiglia. Era diventato adulto ormai, si vedeva cavalcare tra i filari di lavanda in Provenza e scriver lettere sui deretani di cortigiane nei postriboli del Marais e ogni dove ricercava quegli occhi che gli avevano aperto gli occhi.

 

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gennaio-maggio 2023, n. 1-2