Renzo Paris
Palude

 

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Ricordo di aver festeggiato negli anni diversi anniversari de Gli indifferenti del mio amico Alberto Moravia. Per i cinquant'anni fui invitato in una trasmissione televisiva dove accostai il protagonista del romanzo ai giovani contestatori degli anni Settanta, che volevano lanciare alle ortiche il loro abito piccolo borghese. Accanto a me c'era Enzo Siciliano che parlò di quanto quel romanzo apparisse diverso se ascoltato dalla voce di un attore. Avevo da poco approntato Impegno controvoglia che sarebbe uscito l'anno dopo. In quel libro, dove avevo raccolto tutti i suoi articoli politici di viaggio, risuonava la voce di Michele. E così ricordo anche gli ottant'anni del romanzo festeggiati a Milano con Umberto Eco, Mario Andreose, Enzo Golino. Venivo da Jyvaskyla, una città della Finlandia della zona dei laghi, dove ero stato invitato dal prof. La Grassa che insegnava cultura italiana nella Università. Umberto Eco si vantò di possedere la prima edizione de Gli indifferenti e quando venne il mio turno agitai la terza ristampa che era giunta al quindicesimo migliaio. Raccontai anche l'aneddoto riferito dal prof. La Grassa su ciò che gli era capitato in una libreria di Helsinki la prima volta che aveva cercato i romanzi di Moravia, che sapeva tradotti in finlandese. Dopo inutili tentativi si rivolse alla commessa, che lo informò che Moravia era nel reparto dei romanzieri pornografici, mentre quelli di sua moglie Elsa Morante figuravano tra i romanzi-romanzi. Avevo notato però che nella biblioteca di quella università e in quella pubblica di Jyvaskyla, i due comparivano insieme.
Nella mia edizione de Gli indifferenti, l'editore Alpes aveva inserito alla fine del volume tre pagine di pubblicità, dove si diceva che il romanzo era «il più discusso del momento» e si riproduceva un mazzetto di giudizi della critica italiana. In primis quello di G.A. Borgese apparso sul «Corriere della sera», dove si diceva: «Qui assistiamo, pagina per pagina, stupiti, al crescere di un ingegno narrativo [...] Moravia ha un'arte di scrittura molto bella perché depurata di ogni belluria, giusto il contrario del vescicante calligrafico, del falso e intossicato bello scrivere [...] si sente un respiro sano e continuo [...] qui è vera prosa. Il romanzo un po' scherzando, si può chiamare Cinque personaggi in cerca d'autore, ma si può anche dire che l'autore l'hanno bell'e trovato. Gli indifferenti potrebbe essere un titolo storico. Dopo i crepuscolari, i frammentisti, i calligrafi, potremmo avere il gruppo degli indifferenti. E sarebbero i giovani di venti anni».
Segue nel mazzetto la recensione firmata G.D. sul «Corriere d'Italia», dove si parla dell'ottimo lancio del romanzo e della sua fortuna dovuta soprattutto alla giovane età dell'autore. Arturo Lanocita sull'«Ambrosiano» scrive: «Basterebbero pagine che precedono le ultime - il processo interno a Michele assassino, intessuto dalla sua fantasia nell'atto di recarsi a tentare di uccidere Leo - basterebbero quelle a mostrar di quali unghie, e come forti disponga il leoncello nuovo...».
Su «La Tribuna di Roma» il romanziere Arnaldo Frateili: «Ecco un vero romanzo, ammirevole e repugnante, cinico e moraleggiante, realistico e di là della realtà, disperato e ansioso di una fede. Insomma il romanzo del nostro tempo: Gli Indifferenti di Alberto Moravia». Adriano Greco sul «Giornale di Genova» scrive che si tratta di un «romanzo vasto e conchiuso quale da diversi anni al di qua delle Alpi, non ci era stato più dato di leggere».
Chiude la rassegna una nota da cui si evince che: «hanno favorevolmente parlato de Gli Indifferenti anche il Mezzogiorno, Giornale Notari, L'Italia che scrive, il Lavoro, il Carroccio, Augustea, Il lavoro fascista, il Mattino, il Popolo d'Italia, Pegaso, il Resto del Carlino, Epoca Nuova, Rassegna italiana illustrata, il Tempo, Giornale del Friuli, Malta letteraria». Non venne riportato il giudizio di Arnaldo Mussolini, uno dei proprietari della casa editrice, che scrisse: «Vorremmo sapere se la gioventù italiana debba leggere i libri di Dekobra, inventore di facili avventure decadenti, di Remarque, distruttore della grandezza della guerra, e di Moravia, negatore di ogni valore umano». Ci fu anche una recensione del futuro papa Montini, che non si scandalizzò affatto. Il romanzo rappresentava la prima generazione mussoliniana indifferente alla politica. Come considerare l'autore: un antifascista o un critico dall'interno del regime? In ogni caso l'autore andava tenuto d'occhio e l'OVRA mussoliniana lo fece pedinare fino alla Seconda guerra mondiale. Moravia non ne seppe niente. Quando dopo la sua morte scoprii le veline dell'OVRA, ne parlai sull'«Espresso» del sedici giugno del Novantuno. I poliziotti lo pedinavano anche per scoprire che cosa si diceva con Carlo Rosselli, quando Moravia lo raggiungeva a Parigi. Quando poi i cagoulards, una setta fascista, massacrarono i fratelli Rosselli, Moravia si chiuse in un silenzio imbarazzante per la famiglia Rosselli, che dovette leggere anche Il conformista, dove Carlo e sua moglie erano dipinti come due alto borghesi. Inutile precisare che i veri antifascisti erano i comunisti, mentre Carlo rappresentava la borghesia ottocentesca.
Nel mio romanzo biografico intitolato Alberto Moravia, una vita controvoglia, nel capitolo dedicato al tempo degli Indifferenti, scrivevo: «Gli Indifferenti uscì nel mese di maggio del Ventinove presso la casa editrice Alpes di Milano. Un copia costava dodici lire [...] Moravia aveva macchiato d'inchiostro le lenzuola di diversi alberghi europei per scriverlo [...] Si doveva chiamare: Cinque persone e due giorni in omaggio a Pirandello, oppure Gli Ardengo, Lisa e Merumeci in ricordo forse del Rubè di Borgese, oppure ancora Palude in omaggio a Gide e al suo Paludes [...] Il successo di pubblico fu strabiliante, al quale seguì quello della critica».
La rivista a cui aveva sottoposto il dattiloscritto rispose con queste parole poco lusinghiere: «Caro Pincherle, lei ha scritto una nebbia di parole». Al suo amico Andrea Caffi invece era piaciuto. Lo fece leggere a tutti i suoi amici. Suso Cecchi d'Amico mi raccontò che Emilio Cecchi apriva la porta della sua casa ad Alberto già prima dell'uscita del romanzo e che nelle feste danzanti Alberto pestava i piedi alle signorine.
Il protagonista del romanzo, l'amletico giovanotto Michele Ardengo, non riuscì ad uccidere Leo, amante di sua madre e di sua sorella, nonché sfruttatore del loro patrimonio. Gli indifferenti non è solo il romanzo delle voglie erotiche di Leo e delle donne della casa Ardengo. Eros e denaro, Freud e Marx, facevano capolino fin dall' esordio. Se Michele è un dandy a metà, assomiglia forse a un crepuscolare, un rondista, un decadente, un calligrafo? Lo escluse fin dall'inizio Borgese. Allora Michele è un sognatore sovversivo sulla scia di Dostoevskij, oppure un giovane dell'atto gratuito come vorrebbe Dominique Fernandez, o un utopista religioso alla Geno Pampaloni? Michele non ha un retroterra filosofico che possa giustificare un'impalcatura diversa da quella letteraria. Provo l'ipotesi che si tratti di un inetto alla Svevo. Non ci siamo. Michele è duro, preciso. L'ipotesi del nipotino di Amleto, anche questa non combacia. Amleto è un attore mentre Michele implode e allo stesso tempo è già pronto a venire a patti con la sua incapacità quasi patologica ad agire. L'interpretazione di Michele è dunque aperta. L'odio per il denaro e per la borghesia che lo possiede deve andare a braccetto con il tentativo individuale di agire con una pistola che non riuscì a usare quando scoprì sua sorella Carla nel letto di Leo Merumeci. Era insorta la gelosia insieme all'onore offeso?
A guardar bene fin dal primo romanzo Moravia racconta la gelosia, che poi ritroveremo in tutti gli altri, soprattutto ne La noia. La gelosia è un sentimento predominante al punto che si potrebbe scrivere un intero libro su Moravia e la gelosia, di cui soffrì soprattutto nel rapporto con Elsa Morante. Basta leggere le lettere che si spedirono. Riusciva tuttavia a distanziarsi da quel sentimento che lo faceva soffrire attraverso l'analisi letteraria che lo raffreddava. Questo sfata l'idea di Moravia freddo e cinico, anche perché egli l'indifferenza la condannava.

 

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Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2022

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Giugno-dicembre 2022, n. 1-2


 

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