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Note:


1  J. Joyce, Ulisse, a cura di E. Terrinoni, trad. it. di E. Terrinoni e C. Bigazzi, Roma, Newton Compton, 2012.

2  J. Joyce, Ulisse. Nella traduzione di Gianni Celati, Torino, Einaudi, 2013.

3  L. Fiedler, Dodici passi sul tetto: saggi sulla letteratura e l'identità ebraica, Roma, Donzelli, 1999, p. 35.

4  A.M. Aiazzi, Il farsi di una traduzione memorabile: l'Ulisse di Joyce nel Fondo Giulio de Angelis, in «LEA. Letterature d'Europa e d'America», 2004, n. 1, pp. 349-359. Il saggio è stato poi ampliato e pubblicato anche sulla «Rivista di Letterature moderne e comparate» (ottobre-dicembre 2009, n. 4, vol. 62, pp. 447-473) col titolo Il plasmarsi di una traduzione memorabile. Giulio de Angelis traduce «Ulysses» di Joyce.

5  Ha scritto Massimo Bagicalupo (Una Molly più serva, in «Alfabeta2», 2012, n. 3, p. 4): «De Angelis scrive in un italiano idiomatico quasi sempre efficace e quasi sempre aderente al testo. C'è qualche svista anche dovuta alle riedizioni e qualche toscanismo di troppo».

6  P.P. Pasolini, Nuove questioni linguistiche, in «Rinascita», 26 dicembre 1964. Poi in Id., Empirismo eretico, Milano, Garzanti, 1972. Si veda anche O. Parlangeli, La nuova questione della lingua, Brescia, Paideia Editrice, 1971.

7  Cfr. P.P. Pasolini, s.t., in «Vie Nuove», 3 dicembre 1960, n. 48. Si vedano anche M.A. Bazzocchi, I burattini filosofi. Pasolini dalla letteratura al cinema, Milano, Bruno Mondadori, 2010, p. 50 e Id., Pier Paolo Pasolini, Milano, Bruno Mondadori, 1998, pp. 86-87: «La scrittura dei romanzi romani viene fatta rientrare in una geneaologia che comprende Joyce e Gadda, gli scrittori che hanno mimato linguisticamente il pensiero e il mondo dei loro personaggi».

8  S. Sullam, Le traduzioni di letteratura inglese in Italia dal 1943 ai primi anni sessanta. Una ricognizione preliminare, in «Enthymema», <http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema/article/view/2723>, 2012, n. 7, p. 135.

9  Cfr. O. Fracastoro Martini, La lingua e la radio, Firenze, Sansoni, 1951.

10  Nel passo De Mauro cita B. Migliorini, Lingua contemporanea, Firenze, Sansoni, 1957, p. 28.

11  T. De Mauro, Storia linguistica dell'Italia unita, Roma-Bari, Laterza, 1972³ [Bari, Laterza, 1970¹], p. 126.

12  A. Rossi, Introduzione a J. Joyce, Poesie da un soldo. Dall'Ulisse, Milano, Cederna, 1949, p. 10.

13  S. Zanotti, Joyce, Pound, Linati and the italian Ulisses, in Joyce in Italy. L'italiano in Joyce, Roma, Aracne, 2004, pp. 17-18.

14  F. Di Blasio, «Una variopinta e bizzarra calligrafia?»: la ricezione del romanzo modernista inglese nelle riviste italiane dagli anni Venti agli anni Quaranta, in Frammenti di Europa (terza serie), a cura di M.M. Coppola, F. Di Blasio, C. Gubert, Bergamo, Sestante edizioni, 2011, p. 155. La studiosa riporta, fra gli altri, brani di articoli di Arrigo Cajumi (Romanzi inglesi, in «Il Baretti», febbraio 1927, n. 2), Umberto Morra di Lavriano (Virginia Woolf, in «Il Baretti», maggio 1928, n. 5) e Silvio Benco (James Joyce, in «Il Baretti», maggio 1925, n. 8) dai quali ricava un giudizio chiaro (p. 153): «Il problema che sembra permanere negli scritti degli intellettuali italiani sugli autori inglesi del tempo, dunque, è quello di una certa approssimazione, o forse di una distanza che non permette una conoscenza sufficientemente approfondita, – che non impedisce l'apprezzamento, ma che dà il senso di un discorso critico che rimane sulla soglia, o che è costretto a cogliere echi che arrivano da troppo lontano, nell'Italia soffocata dal fascismo, per poter essere uditi distintamente e organicamente». Vedi anche M. Luzi, L'Ulisse in Italia, in «Il Tempo», 28 gennaio 1961, p. 63; M. Lunetta, I traditori di Joyce, in «L'Unità», 23 ottobre 1982, p. 15.

15  Cfr. M. Calinescu, Five faces of modernity: modernism, avant-garde, decadence, kitsch, postmodernism, Duhram, Duke university press, 1987.

16  G. Cianci (a cura di), Modernismo/modernismi: dall'avanguardia storica agli anni Trenta e oltre, Milano, Principato, 1991, p. 15.

17  A. Rossi, Introduzione, cit., p. 17: «La disarticolazione del linguaggio si limita infatti più che altro a esercitarsi nella sintassi, liberando la parola dalla dipendenza del costrutto e logico del discorso – soggetto verbo complemento attributo – verso un impiego di essa, e particolarmente del sostantivo, in cui, sciolta da ogni gerarchia grammaticale, viene a vibrare isolata con tutta la forza delle sue suggestioni, di quella frangia di echi associativi multipli che risveglia nella coscienza. Impossibile non vedere, in questo uso della parola come elemento indipendente e direttamente evocativo, nei riflessi di quei movimenti artistici rivoluzionari che fecero a quel tempo parecchio rumore e scandalo. Anzitutto il futurismo con le sue parole in libertà, e per quel che poté più direttamente influire su Joyce, il fenomeno inglese, collaterale e in parte derivato, del "vorticismo" di Windham Lewis e compagni, tra i quali, non ricordo se ufficialmente o meno, grande istigatore di avventure letterarie».

18  Cfr. A. Camerino, Scrittori di lingua inglese, Milano-Napoli, Ricciardi, 1968, p. 240. Vedi anche S. Sullam, Le peripezie di Ulisse nell'Italia del secondo dopoguerra, in «Letteratura e letterature», 2013, n. 7, p. 75.

19  Cfr.: G. Celati, Il disordine delle parole, in J. Joyce, Ulisse. Nella traduzione..., cit., p. VII: «Fin dal terzo episodio l'Ulisse abbandona la narrativa del naturalismo e lascia emergere un disordine delle parole, guidato da divagazioni del pensiero che si coagulano nel cosiddetto stream of consciounsness o "flusso di coscienza": un continuo succedersi di pensieri e immagini che passano per la testa dell'io narrante, si disfano o si richiamano l'uno con l'altro, quasi senza sosta. Ed è un disordine liberatorio, dove le percezioni d'un dentro e d'un fuori collimano, scivolando dall'uno all'altro, richiamandosi a vicenda, dalle vedute attuali al ricordo come una forma di rêverie (sogno o fantasticazioni)».

20  Ivi, pp. VI e VIII.

21  Full Metal Jacket, ricavato dal romanzo Nato per uccidere (The Short-Times) di Gustav Hasford (trad. it. di Pier Francesco Paolini, I ed. Milano, CDE Stampa, 1988, poi Milano, Bompiani, 1990 e Milano, Fabbri, 2002) è un film di Stanley Kubrick (USA-UK, 1987) interpretato da Ronald Lee Ermey, Mattew Modine, Vincent d'Onofrio e Adam Baldwin. Candidato ai premi Oscar per la miglior sceneggiatura non originale e al Golden Globe per il miglior attore non protagonista, ha vinto un David di Donatello per Stanley Kubrick (miglior produttore straniero) e due Boston Society of film critics Award per Stanley Kubrick (miglior regia) e Ronald Lee Ermey (migliore attore non protagonista).

22  J. Joyce, Poesie da un soldo. Dall'Ulisse, cit. p. 69.

23  J. Joyce, Ulisse, a cura di E. Terrinoni, cit. p. 74.

24  D. Fertilio, Il vero Joyce, popolare e sboccato. Torna l'Ulisse, più vicino al linguaggio originale irlandese, in «Corriere della Sera», 10 dicembre 2011, p. 57.

25  G. Ferrero, L'Europa giovane. Studi e viaggi nei paesi del nord, Milano, Treves, 1898, p. 136.

26  W. Krysinski, Il romanzo e la modernità, Roma, Armando, 2003, p. 190.

27  Di Fabio Rossi si vedano Lingua italiana e cinema, Roma, Carocci, 2007; Il linguaggio cinematografico, Roma, Aracne, 2006; Le parole dello schermo. Analisi linguistica del parlato di sei film dal 1948 al 1957, Roma, Bulzoni, 1999; La lingua adattata, G. Massara (a cura di), in La lingua invisibile. Aspetti teorici e tecnici del doppiaggio in Italia, Roma, NEU, 2007; Un trailer linguistico (1945-2006), <http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/cinema/rossi.html>; Il parlato cinematografico: il codice del compromesso, in Italia linguistica anno Mille Italia linguistica anno Duemila, atti del XXXIV Congresso internazionale di Studi della Società linguistica italiana (SLI), Firenze, 19-21 ottobre 2000, a cura di N. Maraschio, T. Poggi Salani, Roma, Bulzoni, 2003.

28  Si tengano presenti, almeno, A. Masini, L'italiano contemporaneo e la lingua dei media, in I. Bonomi, A. Masini, S. Morgana (a cura di), La lingua italiana e i mass media, Roma, Carocci, 2003, pp. 11-32; C. Giaccardi, Il paese catodico. Televisione e identità nazionale, Milano, Franco Angeli, 1998; R. Simone, Specchio delle mie lingue, in «Italiano & Oltre», 1987, n. 2, pp. 1987; nonché il recentissimo Storie e culture della televisione italiana, a cura di A. Grasso, Milano, Oscar Mondadori, 2013, dove si segnalano in particolare gli articoli di Fabio Guarnaccia (Cronache di una guerra persa. Tv e scrittori, nuove forme di convivenza, pp. 181-193) e Massimo Arcangeli (Nientepopodimenoché. La tv fra storia della lingua e storia della comunicazione, pp. 159-168).

29  Cfr. R. Donati, I veleni delle coscienze. Letture novecentesche del secolo dei Lumi, Roma, Bulzoni, 2010. Nell'Appendice del volume è contenuta una conversazione Donati-Celati (Su Jonathan Swift e lo sviluppo degli alieni) a proposito delle due edizioni della Favola della botte tradotte da Celati. A p. 298 si legge: «Nel 1990 l'editore Einaudi mi ha proposto di ripubblicarla, e qui l'ho completamente rifatta per renderla più aderente allo stile sei-settecentesco, poi aggiungendovi una nuova prefazione. E ora, riscrivendo ancora una volta quella prefazione [...], ho ricordato il mio sbandamento giovanile davanti agli impietosi sarcasmi swiftiani. [...] L'impressione che si ricava da queste satire è quella d'un alieno che vede nell'umanità una specie votata al falso, al sordido, alla violenza ferina».

30  J. Joyce, Poesie da un soldo. Dall'Ulisse, cit., p. 71.

31  Cfr. F. Rossi, Un trailer linguistico, cit.

32  F. Guarnaccia, Cronache di una guerra persa. Tv e scrittori, nuove forme di convivenza, in Storie e culture..., cit., p. 182.

33  Cfr. G. Mounin, Teoria e storia della traduzione, Torino, Einaudi, 1965.

34  F. Buffoni, Joyce a Tunisi, in «Alfabeta2», 2013, n. 31, p. 7.

35  I Caroselli "Idrolitina" cominciarono dal 1958. Le prime serie (È arrivato il signor Pietro!), interpretate da Gino Bramieri (in coppia con Gino Rizzo, 1958) e Aurelio Fierro (1959), ebbero subito un notevole successo di pubblico; nel 1960 il Carosello fu affidato a Nino Manfredi (Corrispondenza immaginaria di...). Seguirono le interpretazioni di Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer in Il ladro gentiluomo (1964); Memmo Carotenuto e Carlo Romano in Pensa alla salute (1965); Enzo Andronico, Silvio Bagolini e Nino Terzo in 004 e il professore (1967) e l'animazione dal titolo Sir Corleone (1971). Cfr. P. Dorfles, Carosello, Bologna, Il Mulino, 2007; M. Scaglioni, Verso un'Italia a colori. La pubblicità televisiva fra «Carosello» e lo spot, in Storie e culture..., cit., pp. 337-351; R. Bertola, Caro Carosello, Lodi, Morellini, 2011; P. Musso, Telepubblicità: un genere?, in A. Grasso e M. Scaglioni (a cura di), Che cos'è la televisione. Il piccolo schermo fra cultura e società. I generi, l'industria, il pubblico, Milano, Garzanti, 2003, pp. 251-259; L. Ballio, A. Zanacchi, Carosello Story, Torino, Rai Eri, 1985. Sui rapporti fra lingua italiana e pubblicità si vedano I. Bonomi, A. Masini, S. Morgana, La lingua italiana e i mass media, cit.; G.L. Falabrino, Storia della pubblicità in Italia dal 1945 ad oggi, Roma, Carocci, 2007.

36  F. Buffoni, Joyce a Tunisi, cit.

37  Cfr. C. Linati, Nota su Joyce, in «Primato», 1941, n. 2-3, pp. 7-8.

38  E. Terrinoni, Per un Ulisse democratico, in «Tradurre. Pratiche, teorie, strumenti», 2013, n. 4.

39  Alcuni chiarimenti di aspetti poco "intellegibili" dell'Ulisse erano già stati anticipati da Enrico Terrinoni in Il chiarore dell'oscurità: narrazioni parallele e possibili nell'Ulisse di James Joyce, Roma, Bulzoni, 2007.

40  Cfr. R.S. Crivelli, Ulisse colmo di ironia, in «Il Sole 24 Ore», 22 gennaio 2012, p. 29: «In Italia, un paese in cui la fortuna di [Joyce] è ancora notevole, per mezzo secolo studenti e studiosi (ma anche solo appassionati) hanno potuto usufruire di una singola traduzione, quella mondadoriana di Giulio de Angelis [...], uscita agli inizi degli anni Sessanta nella collana della Medusa mondadoriana. Un lavoro dignitosissimo, in talune parti eccellente, legato però ad una lingua ormai obsoleta e a una concezione "aulica" del capolavoro, interpretato con lo spirito con cui si affronta un classico. [...] La forte ironia che permea tutto il romanzo, la sua matrice tradizionale irlandese [...] questo è il modo in cui l'Ulisse va proposto in italiano, oggi ancor più di ieri: accentuandone lo slancio divulgativo più che quello élitistico, privilegiando l'affabulazione di certi episodi (magari senza quell'anacronistico spirito "toscaneggiante" di de Angelis), esaltando la dinamica percettiva dei personaggi secondo il loro istinto più elementare».

41  Cfr. E. Terrinoni, Per un Ulisse democratico, cit.: «Parlando della "traduzione autorizzata" con riferimento alla mia nuova versione di Ulisse, qualcuno recentemente ha detto: "mandarla in pensione potrebbe essere meno semplice del previsto" [...]. Nessuno, mi si creda su questo punto, voleva mandare la grande traduzione di De Angelis in pensione, e c’è da credere e da sperare che non ci andrà per molto tempo ancora. La traduzione va considerata, mi si perdoni l’ulteriore similitudine sentimentale, alla stregua dell’amante di un testo originale, e – ce lo ricorda il grande traduttore John Florio (Florio 1904, 5) – per quanto riguarda gli amanti, più ve ne sono e meglio è. È per questo che i traduttori sono spesso a rischio transfert, ma questa è un’altra storia. Insomma, quando mi fu chiesto di lavorare a una nuova versione italiana di Ulysses, la proposta, molto poco sentimentale, devo dire, mi fece "tremare le vene e i polsi", come a Dante di fronte alla lupa».

42  J. Joyce, Ulisse, versione e note di Bona Flecchia, Firenze, Shakespeare & Company, 1995.

43  Ivi, N.d.T.

44  N. Fusini, Com'è bello festeggiare la liberalizzazione dei capolavori di Joyce, in «La Repubblica», 10 febbraio 2012, p. 53. Vedi anche M. d'Amico, E così l'estroso Ulisse ritorna divertente, in «Tuttolibri - La Stampa», 14 gennaio 2012, p. V.

45  J. Derrida, Sopra-vivere, trad. it. e prefazione di G. Cacciavillani, Milano, Feltrinelli, 1982.

46  J. Derrida, La scommessa, una prefazione, forse una trappola, prefazione a S. Petrosino, Jacques Derrida e la legge del possibile, Milano, Jaca Book, 1997, p. 14.

47  Cfr. E. D'Erme, Delusione per Joyce tradotto da Celati, in «Il Piccolo», 14 marzo 2013, p. 22. L’autrice riporta il severo giudizio di John McCourt: «Mi sembra un passo indietro rispetto alla storica traduzione di de Angelis, che, pur non disponeva delle conoscenze che abbiamo oggi sull'opera di Joyce. Credo che Celati abbia fatto un grande errore [...] a non utilizzare il materiale esplicativo uscito in questi anni. In un intervista al "Corriere della Sera" ha detto d'aver comprato una ventina di dizionari; avrebbe fatto meglio a comprare qualche guida annotata alla lettura in più, perché tradurre Joyce è soprattutto un paziente e umile lavoro di ricerca».

48  Ibid.

49  R. Kirchmayr, "Possiamo sempre cercare di tradurre". Nota su decostruzione e traduzione, in «aut-aut», 334, aprile-giugno 2007, p. 161.

50  J. Derrida, Qu'est-ce qu'une traduction "relevante"?, in Quinzièmes assises de la traduction litteraire, a cura di Ph. Bataillon, Paris, Atlas, 1999, p. 63.

51  Cfr. E. D'Erme, Delusione per Joyce..., cit.: «Quando Joyce cita autori famosi, come Yeats o d'Aquino, il traduttore dovrebbe ricorrere a traduzioni canoniche e, se la citazione fosse ripetuta più volte [...] dovrebbe usare sempre la stessa versione. Invece Celati cambia versione come cambia modo di tradurre varie parole e frasi ricorrenti. Nell'Ulisse il significato si trova proprio in questi echi, un aspetto importante che, mi pare, non ha riscontro nella nuova traduzione. A volte Celati sembra non aver capito l'originale (e ogni tanto può accadere), ma è grave che non abbia capito, nel profondo, Joyce».

52  Le tre traduzioni di Celati sono le seguenti: «Cos’è una casa senza/la carne in scatola Plumtree?/Ben povera credenza/Anche se fosse quella del re» (Lotofagi); «Cos’è una casa senza la carne in scatola Plumtree?/Se la carne in casa c’è, è una casa da re» (Lestrigoni); «Cos’è una casa senza la carne in scatola Plumtree?/Incompleta/Con quella siete in paradiso» (Itaca).

53  G. Celati, Conversazioni del vento volatore, Macerata, Quodlibet, 2011, pp. 112-113. Vedi anche F. Pedone, Celati/Joyce: è l'incanto del suono a far vibrare il senso, in «Alias - Il Manifesto», 7 aprile 2013, p. 12: «Senza l'ausilio di quegli apparati di note che invece distinguevano le altre versioni, rieseguendo la partitura joyciana dotata di un ventaglio lessicale non paragonabile a alcun altro testo simile, Celati si orienta verso una propria personale "stralingua", ispirata alla furia deformante di Rabelais e Folengo – e forse, anche sul piano del ritmo, memore del Céline di Guignol's band da lui pure tradotto».

54  G. Celati, Conversazioni..., cit., pp. 107-108.

55  Ibid.

56  Cfr. G. Celati, Il disordine delle parole, cit., p. VII: «In quegli anni c'è solo un autore che percepisce come Joyce un senso generale del movimento discontinuo, ma collettivo in ogni angolo, in ogni transito, in una carraia, in ogni luogo di negozi o di fabbriche: sarà il grande cineasta russo Dziga Vertov, che nel suo straordinario film del 1929 (L'uomo con la macchina da presa) sembra aver appreso certi aspetti delle tendenze di Joyce, per farne un flusso di vite».

57  L'uomo con la macchina da presa (Chelovek s kino-apparatom) è un film muto sovietico del 1929. L'unico interprete della pellicola è Mikhail Kaufman, fratello del regista (il cui nome all'anagrafe era David Abelevič Kaufman; Dziga Vertov era uno pseudonimo che significa "turbine rotante", in riferimento alla frenesia del suo stile). Cfr.: P. Montani, Vertov, Firenze, La Nuova Italia, 1975; N. Pavlovič Abramov, Dziga Vertov, a cura di M. Verdone, trad. it. di C. Masetti, Roma, Edizioni di Bianco e Nero, 1963.

58  Cfr. K. Oeler, A collective interior monologue: Sergei Parajanov and Einsenstein's Joyce-inspired vision of cinema, in «The modern language review», aprile 2006, n. 101, pp. 472-487; G. Werner, James Joyce and Sergej Eisenstein, in «James Joyce Quarterly», 1990, n. 27, pp. 491-507; W.V. Costanzo, Joyce and Eisenstein: literary reflections of the reel world, in «Journal of modern literature», marzo 1984, n. 11, pp. 175-180.

59  S.M. Ejzenštein, Teoria generale del montaggio, a cura di P. Montanari, Venezia, Marsilio, 1992, pp. 253-254.

60  Cfr. O. Calvarese, Introduzione a S.M. Ejzenštejn, Quaderni teatrali e piani di regia (1919-1925), a cura di O. Calvarese e V. Ivanov, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, pp. 9-32. Vedi anche M. Norris, James Joyce, drama and cinema, in Id., Ulysses, Cork, Cork University Press, 2004, pp. 1-14.

61  Sui rapporti fra la scrittura di Joyce e il cinema di Vertov, alcuni spunti interessanti si trovano in G. Frasca, Joyicity. Joyce con McLuhan e Lacan, Roma, Perrone, 2012.

62  Th.W. Sheehan, Joyce montage: Sergei Eisenstein, Dziga Vertov, and Ulysses, in «James Joyce Quarterly», 2006, n. 42/43, pp. 69-86.

63  J. Joyce, Lettere. Il carteggio del più grande scrittore del Novecento, a cura di G. Melchiori, Milano, PGreco, 2012, p. 188.

64  G. Celati, Sul cinema italiano del dopoguerra mezzo secolo dopo, in Id., Conversazioni..., cit., p. 140.

65  «Whenever I am obliged to lie with my eyes closed I see a cinematograph going on and on and it brings back to my memory things I had almost forgotten».


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