Lorenza Miretti
Manifesto e romanzo. Generi a confronto nel primo Futurismo

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Sommario
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
Introduzione
Il primo Futurismo o Futurismo Eroico
I Manifesti
Romanzo
Le relazioni… pericolose
Riferimenti religiosi e parole in libertà
Conclusione


§ II. Il primo Futurismo o Futurismo Eroico

I. Introduzione

Se, da un lato, questo mio intervento ha voluto rispondere alla domanda: se nel Novecento esista un genere marginale - nel caso specifico quello del manifesto - e che rapporto questo abbia con quelli così detti tradizionali ed alti quale il romanzo, dall'altro, però, ha dovuto per prima cosa porsi il quesito se esista nel Futurismo, in particolare quello Eroico, un genere romanzesco. Pertanto, ho dapprima cercato di individuare, all'interno del periodo indicativamente compreso tra il 1909 e il 1920, opere che nel loro insieme potessero rappresentare una linea narrativa caratterizzata per la presenza di precisi elementi comuni di pensiero ed elaborazione letteraria, elementi già da tempo confermati nei manifesti, che conoscono una fortuna di pubblico e critica sicuramente superiore a quella riservata ai romanzi e che si protrae oltre le barriere cronologiche del Futurismo di questi anni, fino al Novecento inoltrato.
Mi sono, pertanto, dedicata all'analisi approfondita dei romanzi e dei manifesti scritti in questi anni - ma compaiono riferimenti anche ad altre opere teoriche contemporanee - per scoprire quanta e quale distanza vi sia fra loro per forma e contenuti o se, al contrario, si possano individuare chiari punti di contatto e quali essi siano.

Vorrei cominciare dal titolo stesso di questo intervento, ossia dagli elementi che lo compongono: manifesto, romanzo, primo futurismo, cercando di definirli in se stessi prima di metterli a confronto fra loro.

 

§ III. I Manifesti Torna al sommario dell'articolo

II. Il primo Futurismo o Futurismo Eroico


Con questa definizione si intende il periodo che va dalla fondazione del movimento avanguardista al 1920, secondo Luciano De Maria e Laura Dondi,1 o al 1920-22, secondo Claudia Salaris.2 Il restringimento del campo della nostra ricerca a questi anni è motivato in particolare da due diversi fattori: essi costituiscono il periodo di più intenso fervore progettuale, di proposizione di un ideale non solo puramente letterario ma anche di radicale trasformazione sociale. Si codificano molti elementi già in embrione nella tradizione romantica e nel simbolismo francese: valgano per tutti lo stravolgimento di quell'ideale rapporto arte-vita più o meno evidente nelle estetiche romantiche e post-romantiche e l'esasperazione di quel terrorismo espressivo scapigliato che raggiungerà il suo stadio più alto nelle tecniche dissacranti delle parole in libertà e nel teatro futurista, ludico e parodistico. Inoltre, dopo il 1920, il movimento subisce diverse trasformazioni interne: alcuni fra i veterani, che sin dall'inizio avevano accompagnato il fondatore del Futurismo, vengono meno - si ricordino: Palazzeschi che si dissocia dal gruppo nel 1914 e Boccioni che muore nel 1916 - mentre, nel dopoguerra, prevalgono sempre più gli interessi sociali e politici, e col consolidarsi del Fascismo (che assorbe il Futurismo, neutralizzandone l'elemento anarchico ed eversivo) si assiste alla lenta dissoluzione del Futurismo come movimento prettamente avanguardista e alla sua trasformazione in una sorta di palestra d'«esercitazioni parolibere» che tanto contraddice gli intenti originari del movimento (ne è già un chiaro esempio l'antologia Nuovi poeti futuristi del 1925).3

 

§ IV. Romanzo Torna al sommario dell'articolo

III. I Manifesti

I futuristi non furono né i primi né gli ultimi a utilizzare questo genere: basti ricordare i manifesti romantici4 o quelli dada e simbolisti,5 ma va notato che verso la fine del XIX secolo - per influenza dello stile giornalistico, più conciso e incisivo, e la sempre maggiore attenzione rivolta al grande pubblico dai mass-media - ebbe una grandissima diffusione il manifesto inteso come cartellone pubblicitario, e dopo il 1914 aumentarono l'importanza e la diffusione del manifesto politico. I manifesti futuristi si inseriscono in questo quadro generale assumendo un ruolo senza precedenti sia per quantità sia per qualità di produzione.
Si tenga presente, inoltre, che l'impatto dell'energia trasgressiva del Futurismo sul sistema dei codici letterari, dopo l'iniziale onda d'urto distruttrice, tende inevitabilmente a ricreare una situazione di assestamento e di codificazione delle sue proprie teorie avanguardistiche capaci di farsi «norma d'infrazione alla norma».6 In questo processo, le poetiche subiscono importanti trasformazioni, tra le quali particolarmente importante per il nostro discorso è quella che coinvolge le «tecniche di presentazione, in quanto i loro enunciati provocatori e sovversivi necessitano di una strategia d'urto, breve e folgorante di paradossi conflittuali. Questi, non potendo indossare l'analitica veste del trattato, sollecitano l'apposita creazione del manifesto, la forma più adatta a un discorso energico e perentorio».7 Si noti che

«la prosa urlata del manifesto, connotata dal grido insolente e scandito per la smania scandalistica, è già di per sé la liberazione di forze represse, invocata però con tecniche che molto debbono all'industria pubblicitaria funzionale a una civiltà di massa. […] E in Italia, più tradizionalista che la Francia, l'effetto urtante di choc e di sconcerto seguito ai primi manifesti futuristi deve essere stato profondo e immediato, per la trasposizione sul piano letterario di un genere derivato direttamente dall'arte oratoria e dal giornalismo rivoluzionario, a segnare l'attiguità delle avanguardie letterarie e politiche».8

I manifesti futuristi possono essere suddivisi in due gruppi: il primo comprende i tre manifesti tecnici che costituiscono un nucleo compatto e omogeneo perché, nel loro insieme, chiarificano il percorso evolutivo seguito dal paroliberismo: il Manifesto tecnico della letteratura futurista con annesso Risposte alle obiezioni, del 1912;9 Distruzione della sintassi. Immaginazione senza fili e parole in libertà, del 191310 e, infine, Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica, del 1914.11 È in questi manifesti che si mettono a punto alcuni ideali di questa avanguardia che hanno un riscontro ben preciso nei romanzi, tra i quali: l'elogio del brutto (si vedano i protagonisti dei romanzi marinettiani) e dell'intuizione più sfrenata, che fa muovere parole in libertà, e l'adesione della parola alla materia che si realizza nell'uso-abuso dell'onomatopea. A questi si aggiunge l'elogio dell'analogia, che permette di creare fitte reti di immagini non guidate dalla riflessione e capaci di cogliere ciò che è fuggevole nella realtà fino ad arrivare all'immaginazione senza fili che, sopprimendo i primi termini dell'analogia, dà luogo a una catena ininterrotta di secondi termini dove la distanza tra l'oggetto e il suo nome è via via annullata. Si esalta, in questo modo, il poeta asintattico che, ricorrendo all'intuizione - ossia tramite parole slegate - riesce a penetrare nel cuore, nell'essenza della materia. Conseguenza di ciò è la definizione dello sdoppiamento tra pensiero intellettivo e pensiero inconscio, che anticipa la scrittura automatica del Surrealismo, con la differenza che Marinetti non cerca una letteratura ispirata dall'inconscio (come quella di Breton): al contrario, egli vuole «distruggere nella letteratura l'"io" cioè tutta la psicologia […]. L'uomo completamente avariato dalla biblioteca e dal museo» per sostituirla con l'«ossessione lirica della materia».12 In altre parole, vuole combattere l'io affidandosi ai sensi che registrano il materico. E proprio questi elementi sono sommamente evidenti nei romanzi futuristi.
Accanto ai manifesti tecnici occorre prendere in considerazione quelli contenenti obiettivi e programmi del Futurismo in ogni settore della vita sociale. Tra questi, fondamentali sono Le futurisme, che compare sulla rivista francese «Le Figaro», il 20 febbraio 1909, e il cui testo è poi diffuso in Italia in due versioni: i punti programmatici con il titolo Manifesto del Futurismo; il testo integrale, invece, compare in Fondazione e manifesto del Futurismo. In secondo luogo, Tuons le clair de lune!, del 1909, che esce in italiano con il titolo Uccidiamo il chiaro di luna, nel 1911; infine, il Primo Manifesto politico del Futurismo, anch'esso del 1909. Occorre, infine, tenere conto dell'esistenza di scritti teorici che, pur non essendo dei veri e propri manifesti, molto si avvicinano alla tipologia del manifesto, in quanto opere di propaganda che si rivolgono a un folto pubblico utilizzando tipiche strategie pubblicitarie: a questi si farà riferimento di volta in volta, quando presi in considerazione.

 

§ V. Le relazioni… pericolose Torna al sommario dell'articolo

IV. Romanzo

Le opere creative scritte in questi anni sono numerosissime e, proprio per il loro tentativo di frantumare le barriere fra generi, talvolta è difficile collocarle con sicurezza in un genere. Ecco, ad esempio, che cosa scrive Arnaldo Ginna nella Prefazione a Le locomotive con le calze:

«Queste composizioni di Arnaldo Ginna stupiranno molto i lettori. Li stupiranno e li disorienteranno prima di tutto per l'impossibilità di farle rientrare nel cerchio di un qualsiasi definito genere letterario. Essi non sono né novelle, né fiabe, né racconti fantastici, né poemetti: non sono nessuna di queste cose pur partecipando dei caratteri di ognuna di esse. Bisogna che il pubblico si persuada oramai che quando davanti ad un'opera letteraria si domanda, oggi, a quale genere appartenga si commette lo stesso errore misoneista di chi si ostina ancora a chiedere davanti ad un quadro moderno che cosa rappresenta».13

De Maria, comunque, individua un gruppo di cinque opere rappresentative, nel loro insieme, di una narrativa d'avanguardia che prende le distanze dagli schemi romantici imperanti: Mafarka il futurista, di F.T. Marinetti scritto nel 1909;14 Il codice di Perelà, di A. Palazzeschi, scritto nel 1911;15 L'ellisse e la spirale, di P. Buzzi, del 1915;16 Sam Dunn è morto, di B. Corra, del 1917;17 Gli Indomabili, di F.T. Marinetti, scritto nel 1922.18
In questa sede si è scelto di individuare i caratteri comuni di un ambito della narrativa futurista, senza per questo negare le peculiarità delle singole opere, piuttosto che «puntare sull'eterogeneità delle soluzioni presenti nel medesimo sistema dell'avanguardia» sulla scia dell'opera curata da Alessandro Masi.19
I cinque romanzi elencati sono cronologicamente molto vicini fra loro e solo l'ultimo, Gli Indomabili, quasi infrange i confini temporali inizialmente definiti. Tuttavia, questo romanzo non può essere tralasciato, perché è il secondo romanzo di ambiente africano di Marinetti e, al di là del valore dell'opera in sé, può essere utilmente confrontato con il romanzo di Mafarka.
In questa narrativa futurista è evidente una forte tendenza antinaturalistica che associa elementi di puro non senso a elementi tipici della favola allegorica; in essa si intersecano, convivendo, momenti fortemente contrastanti: lirici e comici, ferinamente violenti od oscenamente erotici e picarescamente avventurosi. I protagonisti, ben poco umani, sono figure abnormi e mostruose, quando non depongono totalmente la loro veste umana per farsi marionette e macchine animate o, addirittura, astrazioni ideali. Tutto questo si svolge entro una cornice in cui le coordinate spazio-temporali sono costantemente ribaltate, così che la narrazione si presenta come un caleidoscopio di situazioni nate da un'immaginazione sfrenata capace di delineare mondi in cui tutto è possibile senza condizionamenti logico causali, con frequenti riferimenti a forze magiche e occulte.20

 

§ VI. Riferimenti religiosi e parole in libertà Torna al sommario dell'articolo

V. Le relazioni… pericolose

I cinque romanzi elencati si caratterizzano per una straordinaria complessità di richiami sia tra loro sia con le opere teoriche considerate. Il romanzo di Mafarka va letto all'insegna di quella che il protagonista definisce la «religione della volontà estrinsecata e dell'eroismo quotidiano»,21 che richiama alla memoria tre leitmotiv dello Zarathustra di Nietzsche: la volontà, il superuomo e il volo. Gazurmah (figlio di Mafarka e da lui creato senza l'intervento di una donna) è la concretizzazione della volontà del padre e nello stesso tempo è il superuomo capace di staccarsi in volo dalla terra alla conquista del cielo. Il protagonista, Mafarka, è un essere extra-umano: il suo corpo possente sembra più quello di una belva feroce o quello di una macchina da guerra che non quello di un uomo comune, mentre la sua volontà sovrasta costantemente ogni cosa. Se lo scenario in cui è ambientato, un'Africa dalle tinte forti e dai colori autobiografici, richiama quello de Gli Indomabili - e gli stessi Indomabili condividono con Mafarka l'aspetto ferino e meccanico, nonché la ferocia e la brutalità -, il secondo romanzo africano di Marinetti, però, non rivela più lo slancio e l'ottimismo un po' artificiale del primo, intimamente corrispondente allo slancio e all'ottimismo del Futurismo nascente, ma, al contrario, lascia trapelare un pessimismo che ricorda quello giovanile espresso nella tragedia ilare Le Roi Bombance del 1905 (tradotta in italiano nel 1910)22 ed esprime la delusione politica dell'autore negli anni Venti che sfocerà, poi, nelle sue dimissioni dai Fasci di Combattimento, già chiaramente orientati al conservatorismo e alla compromissione con la monarchia e il Vaticano.
Accanto ai protagonisti, che danno il titolo all'opera, compaiono altri personaggi, i Cartacei, fatti, come dice il nome stesso, di carta e la cui in-umanità, costruita sulla mancanza di quella carne e di quel sangue che caratterizzano l'umana esistenza, è la stessa che contraddistingue l'«uomo-fumo» di Palazzeschi: l'uomo nuovo, purificato attraverso il fuoco che lo ha liberato dalle pesanti catene della carne, del vivere e dell'esistenza sociale, che lo tenevano vincolato alla terra.23 Il suo compito, in quanto poeta, è quello di redigere un codice per liberare l'umanità dalla falsa razionalità e dalle costrizioni sociali, ma la sua missione fallisce ed egli esala verso il cielo dissolvendosi pessimisticamente nel nulla. Il messianismo, il tema del fuoco catartico e l'appello alla follia purificatrice sono tipici temi futuristi, al contrario del pessimismo finale di questa tragedia e del fallimento dell'utopia, che si allontanano dal credo collettivo del movimento pur riecheggiando temi de Gli Indomabili.24
D'altra parte, l'introduzione di personaggi come questi non meraviglia, se si tengono presenti le parole del Manifesto tecnico della letteratura futurista, dove si legge:

«Distruggere nella letteratura l'"io", cioè tutta la psicologia. L'uomo completamente avariato dalla biblioteca e dal museo, sottoposto ad una logica e ad una saggezza spaventose […]. Sostituire la psicologia dell'uomo, ormai esaurita, con l'ossessione lirica della materia. […] Facciamo coraggiosamente il "brutto" in letteratura, e uccidiamo dovunque la solennità. Dopo il regno animale, ecco iniziarsi il regno meccanico […]. Noi prepariamo la creazione dell'uomo meccanico dalle parti intercambiabili».25

Il mito del superuomo, che trova realizzazione nel Mafarka marinettiano, ma naufraga nel dissolversi di Perelà, riemerge in Paolo Buzzi: in L'Ellisse e la spirale, infatti, ricompaiono allegorizzati molti elementi futuristi: dal superuomo, già ricordato, alla «guerra sola igiene del mondo», alla guerra dei sessi, uniti a elementi autobiografici (quali la misoginia o la necessaria castità del futurista). Di questo romanzo scrive De Maria:

«Incarna con consumata maestria stilistica l'allegoria in una vicenda tesa ed incalzante, in figurazioni icastiche e grandiose che verso la fine acquistano un'evidenza "ultravivente" e "medianica" […]. Ma anche questo romanzo si confina nell'orizzonte polemologico e conferma le tremende parole di Marinetti sulla "guerra sola igiene del mondo"».26

Tuttavia, il romanzo, il cui sottotitolo è Film + parole in libertà, è interessante soprattutto per la sua struttura, che si sviluppa come se fosse la proiezione di un film - non a caso, ogni capitolo è preceduto dall'indicazione della metratura come fosse una pellicola - testimoniando ancora una volta la volontà futurista di far convergere tutte le arti e tutti i generi dell'inventiva umana,27 con una particolare attenzione per il cinema, in quanto mezzo di espressione di massa ma anche nuovo linguaggio basato sul montaggio, tecnica già usata da Marinetti in Zang Tumb Tuuum nel 1914. Ma la tecnica filmica è espressione concreta della velocità telegrafica e travolgente, dell'intuizione fuggevole che «concentra le risorse nello slogan dell'affiche».28 E Buzzi, nella sua dedica a Marinetti, posta all'inizio di L'Ellisse e la Spirale, scrive:

«Convinto che il mondo cammina a ruote di vertigine, ho riconosciuto l'importanza degli elementi ideo-telegrafici in una letteratura la quale voglia essere l'espressione dei tempi che accorrono».29

I «tempi che accorrono» nella visione futurista sono, si sa, tempi rivoluzionari. Infatti,

«se sul crinale ideologico, pare sintomatico l'enunciato con cui Papini proclama che "nessuna rivoluzione potrà riuscire cambiando soltanto alcuni fatti o alcune teorie", laddove "è necessario cambiare tutta l'anima di molti uomini", sul piano delle poetiche o delle retoriche della verbalizzazione proiettiva ciò equivale alla fusione tendenziale delle varie arti e alla contaminazione dei generi tradizionali, se, a esprimersi con un imperativo di Marinetti, "non vi sono categorie d'immagini, nobili o grossolane o volgari, eccentriche o naturali. L'intuizione che le percepisce non ha né preferenze né partiti-presi". […] L'esigenza di un'invenzione inesauribile […] comporta un escamotage combinatorio responsabile di accostamenti casuali e insoliti, di immagini stravolte, di tecniche aggregative saggianti con esperimenti artigianali il verso libero, le parole in libertà, il poema in prosa, la prosa polifonica, il monologo interiore, e poi il "montaggio"»

cosicché

«la contaminazione tra i generi è imposta dallo sperimentalismo conseguente alla poetica di movimento, i ritmi evolutivi si accelerano per non incorrere nell'inerzia dell'usura».30

Ritorniamo al superuomo: esso compare anche in Corra, dove, sebbene a suo modo rivoluzionario - Sam Dunn incarna la provocazione futurista ad andare al di là delle abitudini consolidate infrangendo ogni certezza sociale -, è evidentemente un superuomo vigliacco,31 un eroe antieroe e per di più pazzo. Ma se Sam Dunn è definito pazzo, nel romanzo di Palazzeschi anche la Marchesa Oliva di Bellonda, che prende le difese di Perelà, è per questo a sua volta detta pazza, e di lei si urla: «È impazzitaa!… Guardatela, impazzisce!… È pazza!»32 e Marinetti, in Fondazione e manifesto del Futurismo dice: «La furente scopa della pazzia ci strappò a noi stessi e ci cacciò attraverso le vie, scoscese e profonde come letti di torrenti»,33 mentre in Uccidiamo il chiaro di luna grida: «Che cosa dite?… Siamo Pazzi?… Evviva! Ecco finalmente la parola che aspettavo!».34 Allo stesso modo, se Mafarka afferma: «Amo la guerra io!… obbedisci soltanto alla tua anima che arde dal desiderio di domare il tuo destino»35 e poi ancora: «Vedo che sai, al pari di me, tenere alla catena il tuo sesso possente come un mastino che si sguinzaglia soltanto nelle sere di temporale, per difendere dai ladri la porta della sposa!»36 e nel capitolo Il discorso futurista (integralmente riportato in Guerra sola igiene del mondo) ribadisce: «Sappiate che io ho generato mio figlio senza il concorso della femmina!… Così, io ho ucciso l'amore, sostituendogli la sublime voluttà dell'eroismo!»,37 nel Manifesto del Futurismo si legge: «Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna»38 e in Contro Venezia passatista: «Noi ripudiamo l'antica Venezia estenuata e sfatta da voluttà secolari, che noi pure amammo e possedemmo in un gran sogno nostalgico. Ripudiamo la Venezia dei forestieri… letto sfondato da carovane di amanti, semicupio ingemmato per cortigiane cosmopolite, cloaca massima del passatismo».39
C'è forse qualche differenza, di forma o di contenuto, tra i testi creativi e i manifesti?

 

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VI. Riferimenti religiosi e parole in libertà

Altre somiglianze, analoghe a quelle appena analizzate, richiamano l'attenzione del lettore. Nel primo romanzo africano di Marinetti, Mafarka il futurista, accanto al volontarismo, è evidente un altro elemento tipico dell'ideologia futurista: la religiosità, che si esprime negli attributi divini dei quali si fregiano il protagonista e più ancora suo figlio Gazurmah, nella divinizzazione di elementi naturali, quali il Sole e, infine, nell'utilizzo di un brano del Genesi, la creazione dell'uomo, per descrivere la creazione di Gazurmah. Ma anche Il codice di Perelà può essere letto come una riscrittura del Vangelo nei momenti salienti della vita di Cristo. Infatti, a parte il fatto che Perelà è incaricato di redigere, come è già stato notato, un codice universale (quasi un secondo Vangelo) per la salvezza degli uomini, egli è definito: «Il figlio di Belzebub! […] Il Cristo del Diavolo!»,40 è accusato di «propaganda di strage incendiaria ed omicida […] per restare padrone temibile e assoluto del campo»41 come Cristo fu accusato di sollevare il popolo, e subisce un processo che termina con una condanna. «Voi preparate a quest'uomo la stessa pena che date ai ladri e agli omicidi»,42 dice la Marchesa Olivia al giudice dopo la condanna di Perelà; e la pena è da scontarsi su un monte, «luogo desolato per la sua natura calcarea»,43 che il condannato raggiunge a piedi passando per le vie della città e dove «ogni cittadino avrebbe potuto rivolgergli comodamente l'"ultimo insulto"».44 Il sepolcro vuoto di Perelà, infine, è scoperto da una donna (la Marchesa Olivia di Bellonda che ricalca il ruolo di Maria di Magdala, che con Giovanni e Maria di Giacomo trovò il sepolcro del Signore completamente vuoto).45
Leggendo il romanzo di Corra, poi, si trova che anche Sam Dunn è paragonato a Cristo: «Egli sapeva già il fallimento irrimediabile ed imminente dell'opera religiosa che era stato lo scopo di tutta la sua vita, sapeva già di essere egli stesso votato al sacrifizio, ma, nonostante ciò, più forte e più elegante di Cristo, non trascurava di conservare, avviandosi alla crocifissione, una linea d'indifferenza veramente divina».46 La tematica religiosa futurista - che solitamente si esprime, da un lato, come condanna della religione cristiana, ritenuta inefficace rispetto alla «nuova morale della velocità» e ridotta a fonte di stilemi da parodizzare umoristicamente, dall'altro come un richiamo a un misticismo orientale, origine dell'«antica sapienza» (evidente in Uccidiamo il chiaro di luna!), e al bambino Gesù riecheggiato nell'esaltazione del mito della giovinezza incontaminata e vigorosa - rivela una forte trasformazione dell'intrinseca sacralità della fede tradizionale in una religione dell'arte, intesa

«come impegno assoluto e talvolta come consolazione dei mali del mondo, ma sempre come rigenerazione e innalzamento rispetto al livello della vita brutale e mercificata. L'estetica futurista così si converte in etica, l'artista si fa "missionario" tra gli infedeli, portatore di "nuove verità crudeli"».47

Dunque, l'artista si fa profeta e l'arte «capacità di produrre miracoli». In Distruzione della sintassi. Immaginazione senza fili. Parole in libertà, Marinetti dice: «Io dichiaro che il lirismo è la facoltà […] di cambiare in vino l'acqua torbida della vita che ci avvolge e ci attraversa»48 e ne Il controdolore del 1913 Palazzeschi scrive:

«Dio non è né corpo, né mani, né piedi, è un puro e semplicissimo spirito […].49 È il suo spirito che voi dovete riuscire a scoprire; il suo corpo, che non esiste, potete raffigurarvelo come vi pare e piace. […] La sua faccettina rotonda divinamente ride come incendiata da una risata infinita ed eterna, e la sua pancina tremola, tremola in quella gioia. Perché dovrebbe questo spirito essere la perfezione della serietà e non quella dell'allegria? […] Uomini, non siete creati per soffrire; nulla fu fatto nell'ora della tristezza e per la tristezza; tutto fu fatto per il gaudio eterno».50

A queste affermazioni si affiancano le dichiarazioni fortemente anticlericali e antimonarchiche dei testi teorici che ritraggono la Chiesa e la monarchia come i nemici giurati del progresso e della nascita di un nuovo mondo:

«Noi aspiriamo ad un tipo non umano nel quale saranno aboliti il dolore morale, la bontà, l'affetto e l'amore, soli veleni corrosivi dell'inesauribile energia vitale, soli interruttori della nostra possente elettricità fisiologica […]. Il giorno in cui sarà possibile all'uomo esteriorizzare la sua volontà in modo che essa si prolunghi fuori da lui come un immenso braccio invisibile il Sogno e il Desiderio, che oggi sono vane parole, regneranno sovrani sullo Spazio e sul Tempo domati. Il tipo non umano e meccanico, costruito per una velocità onnipresente, sarà naturalmente crudele, onnisciente e combattivo […] Per preparare la formazione del tipo non umano e meccanico dell'uomo moltiplicato mediante esteriorizzazione della sua volontà, bisogna singolarmente diminuire il bisogno di affetto non ancora distruttibile che l'uomo porta nelle sue vene. L'uomo futuro ridurrà il proprio cuore alla sua vera funzione distributrice. Il cuore deve diventare in qualche modo, una specie di stomaco del cervello, che si empierà metodicamente perché lo spirito possa entrare in azione».51

Questo brano illustra bene il contrasto tra il Futurismo e la Chiesa e porta in primo piano di elementi - volontà, energia vitale, desiderio di dominio, meccanicità - che si ricollegano, chiarendole, a tematiche precedentemente esaminate.
Tornando, ora, al "Cristo" palazzeschiano, va sottolineato che egli, in quanto poeta, è chiamato a guidare gli uomini alla salvezza, ma che il suo messaggio rimane incompreso dall'ottusa razionalità degli uomini che lo condannano; così come accade agli Indomabili. Riprendiamo il testo marinettiano - che Claudia Salaris definisce «romanzo allegorico e fantascientifico»52 - e leggiamo dall'introduzione, intitolata Lo stile parolibero:

«Come definire Gli Indomabili? Romanzo d'avventura? poema simbolico? romanzo fantastico? fiaba? visione filosofico-sociale? - Nessuna di queste denominazioni può caratterizzarlo. È un libro parolibero. Nudo crudo sintetico. Simultaneo policromo polirumorista. Vasto violento dinamico».53

L'autore elenca quindi alcune opere di parole in libertà, tra le quali compare anche L'Ellisse e la Spirale, poi continua:

«Le parole in libertà orchestrano i colori, i rumori e i suoni, combinano i materiali delle lingue e dei dialetti, le formole aritmetiche e geometriche, i segni musicali, le parole vecchie, deformate o nuove, i gridi degli animali, delle belve e dei motori. […] Le nostre tavole parolibere […] non contengono più la successione narrativa, ma la poliespressione simultanea del mondo. […] Dalle nostre parole in libertà nasce il nuovo stile italiano sintetico, veloce, simultaneo, incisivo».54

Frasi che ricordano proprio l'introduzione già citata di Buzzi:

«Per meglio intonare alle progressive trascendenze enarmoniche il metraggio pellicolare della fantasia, ho chiamato in aiuto le formule del calcolo sublime, dall'algebra alla chimica, alla meccanica ed all'astronomia.
Così ho dato alla lava della prosa (non anomala ma neppure solita) lo scarico a bolidi delle parole in libertà quando mi fu necessario rendere la sensazione pneumica e psichica d'un gruppo d'esseri antropomorfi staccato definitivamente dal suolo.
Per rendere la circolarità ambientale d'un'atmosfera di teatro vorticoso, ho tracciato dei diagrammi a base di linea curva spingendovi, come su rotaie di smistamento, gli scambi del pensiero».55

Ciò conferma nuovamente quello che è stato detto da Battistini e Raimondi: «La contaminazione dei generi è imposta dallo sperimentalismo conseguente alla poetica del movimento».56
Eppure, proprio all'interno della cornice parolibera di questo libro, si possono leggere alcuni fra i capitoli più belli scritti da Marinetti, dominati da una prosa tradizionale, virtuosa e lirica, in cui si narra di una sosta che gli Indomabili fanno durante il viaggio che li condurrà alla città dei Cartacei, presso un lago, il lago della poesia. Qui, pervasi da uno spirito poetico immanente alle cose, sentono i loro animi rasserenarsi e placarsi l'odio:

«Il lago era intimo, personale come una vasca da bagno. Vivo, respirava, sognando infinite metamorfosi […]; sembrava un ipnotizzante chiaro di luna sommerso dipinto da un pittore palombaro […]. Volavano e guizzavano le stelle in libertà sul lago di untuoso chiaro di luna stemperato. Mirmofim, giunto pel primo sulla sponda, fu il primo a constatare il prodigio.
- Hanno liberato dalle catene anche le stelle! Non più in costellazioni, come cortei di prigionieri! Le stelle sono libere! Siamo giunti finalmente al lago della libertà. […]
- Questo non è il Lago della Libertà. Siete giunti al lago della Poesia e del sentimento! Abbeveratevi, bagnatevi, e create, se potete, con la frescura di queste onde, l'alta e serena musica della Bontà […]; troverete in quest'acqua l'arte delle vibrazioni e dei suoni intrecciati […]. - In realtà, quei negri sono dei buoni bestioni! […] Io li odio meno di una volta, quasi non li odio più! Non hanno colpa. Sono i nostri carcerieri condannati, e noi siamo poco addomesticati […]. Nuotavano intanto nel lago gli Indomabili, domati dalla musica della Bontà. […]
- Riposiamo un po'. Questo bagno è igienico. Non mi sento più pesare il cuore nel petto […]. Nasce in me una dolcezza che vuol salire, salire. Guardami negli occhi […]. I tuoi sono dolci come quelli di un bambino. Tutti i bambini che uccidesti ti sorridono perdonati negli occhi. Mi sembra di aver finalmente imparato a sorridere […]. Gli Indomabili si abbracciarono l'un l'altro meravigliandosi con gioia di non ferirsi più, perché le punte dei cosciali, dei bracciali e dei cerchi frontali si piegavano elasticamente nelle strette della tenerezza, come tentacoli di polipi in un mare caldo d'agosto […]. Poi, sola distinta s'udì la voce del grande Cartaceo:
- Vi lodo tutti, Indomabili e voi carcerieri negri, perché avete trovato il grande ritmo! Siete tutti degni di entrare nella Città! […]. [Gli Indomabili] si sentivano la forza di camminare lungamente, ma constatavano senza preoccupazione alcuna che il loro corpo aveva in un certo modo mutata la sua essenza».57

In realtà l'effetto delle acque poetiche ha breve durata, e il destino degli Indomabili è quello di ritornare al loro primigenio stato di brutalità e di prigionia. Il fallimento della poesia, dunque, accomuna l'esperienza degli Indomabili e quella di Perelà; ma, per il convivere di tratti lirici, allegorici, fantascientifici e paroliberi, è anche evidente che siamo di fronte a una commistione tra struttura romanzesca e poemetto parolibero.
Parlando di paroliberismo, però, è necessario fare qualche riferimento anche all'uso di espedienti tipografici. Alla fine del romanzo di Buzzi si trovano alcune delle più belle pagine di parole in libertà composte in questi anni, ricche di espedienti58 che, comunque, non sono appannaggio delle sole opere creative, bensì si ritrovano anche negli scritti teorici,59 per esempio nel Manifesto tecnico della letteratura futurista, in Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica e in Sintesi futurista della guerra in Guerra sola igiene del mondo. Il perché dell'uso di questi espedienti tipografici è chiarito da Marinetti stesso:

«Io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante concezione del libro di versi passatista e dannuziana, la carta a mano seicentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse a ghirigori, ortaggi, mitologici nastri da messale, epigrafi e numeri romani. Il libro deve essere l'espressione futurista del nostro pensiero futurista. Non solo. La mia rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina, che è contraria al flusso ed al riflusso, ai sobbalzi e agli scoppi dello stile che scorre nella pagina stessa. Noi useremo perciò in una medesima pagina, tre o quattro colori diversi d'inchiostro, e anche 20 caratteri tipografici diversi, se occorra. Per esempio corsivo per una serie di sensazioni simili e veloci, grassetto tondo per le onomatopee violente ecc. […]. Io mi propongo di raddoppiare la forza espressiva delle parole».

E poco prima aveva anche detto: «Io impiego il carattere corsivo per tutte le parole in libertà che esprimono l'infinitamente piccolo e la vita molecolare».60

 

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VI. Conclusione

Un ultimo raffronto, concludendo, riguarda la presenza, nei manifesti, di brani che non sembrano affatto programmatici o propagandistici, ma più propriamente autobiografici o ricchi di venature immaginative e simboliste. Basti ricordare Uccidiamo il Chiaro di Luna, un capolavoro dell'arte marinettiana del manifesto, per lo stile ricco e sapiente, la parola pregnante di simboli e la dimensione surreale in cui si snoda l'azione, oppure la prima parte del Manifesto futurista, che descrive la fondazione del Movimento in forma di mito, quasi fosse uno strano rito di iniziazione:

«Avevamo vegliato tutta la notte - i miei amici ed io - sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perché come queste irradiate dal chiaro fulgòre di un cuore elettrico […]. Un immenso orgoglio gonfiava i nostri petti […]; soli, in quell'ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come sentinelle avanzate, di fronte all'esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti accampamenti. […] Poi, il silenzio divenne più cupo. Ma mentre ascoltavamo l'estenuato borbottìo di preghiere del vecchio canale e lo scricchiolar dell'ossa dei palazzi moribondi sulle loro barbe di umida verdura, noi udimmo subitamente ruggire sotto le finestre gli automobili famelici. […] La morte, addomesticata, mi sorpassava ad ogni svolta, per porgermi la zampa con grazia, e a quando a quando si stendeva a terra con un rumore di mascelle stridenti, mandandomi, da ogni pozzanghera, sguardi vellutati e carezzevoli.
- Usciamo dalla saggezza come da un orribile guscio, e gettiamoci, come frutti pimentati d'orgoglio, entro la bocca immensa e torta del vento!… Diamoci in pasto all'Ignoto, ma non già per disperazione, ma soltanto per colmare i profondi pozzi dell'Assurdo!»61

Evidenti e quantitativamente numerose, quindi, sono le somiglianze tematiche e stilistiche tra romanzi e manifesti, tanto che, seppure fino ad ora, per comodità e prassi, si è continuato a distinguere tra il genere del romanzo e quello del manifesto, in realtà è possibile passare da un testo all'altro, da un genere all'altro, quasi senza fratture.
L'analisi comparata dei testi qui effettuata conferma ciò che aveva detto Ginna nella Prefazione riportata nelle prime pagine di questo saggio, circa il disorientamento dei lettori di fronte alle opere futuriste che non possono più essere fatte rientrare in un genere letterario definito poiché esse partecipano «dei caratteri di ognuna di esse», dimostrando sia come la precettistica e le retoriche volitive e aforistiche dirompenti nel manifesto convivano con quegli stessi squarci lirici e allegorici penetranti nelle zone profonde della psiche e dei sentimenti che affollavano i romanzi ottocenteschi, sia come epica, lirica, narrativa, autobiografia, allegoria, fantascienza, letteratura erotica e paroliberismo rendano la narrativa futurista polifonica e sintetica.
Già nella Prefazione a Mafarka il futurista, Marinetti aveva detto: «È un romanzo polifonico… è, insieme, un canto lirico, un'epopea, un romanzo d'avventura e un dramma».62 Il futurismo, dunque, infrange, come mai era successo prima, le barriere tra i generi in nome di una sperimentazione deformante e forsennata dominata dalla potenza intuitiva della parola-azione capace di raccogliere stimoli di codici, non solo letterari, diversi fra loro, facendoli convivere in un complementarismo simultaneo e marinettianamente «autocombustibile».

 

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Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2001

Dicembre 2001, n. 2


 
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