Donata Meneghelli
Cosa ne fa, il cinema, dei libri? Barry Lyndon e Apocalypse Now

Torna all'indice completo del numero Mostra indice delle sezioni Pieno schermo


Sommario
I. Soggettività e fedeltà al testo
II. In cosa consiste l'identità di una storia?
III. Barry Lyndon: il cinema incontra la letteratura
IV. Apocalypse Now: la letteratura incontra il cinema


§ II. In cosa consiste l'identità di una storia?

I. Soggettività e fedeltà al testo

Nella lunga conversazione con François Truffaut, Hitchcock a un certo punto racconta una storiella. Ci sono due capre che stanno brucando le bobine di un film tratto da un romanzo. «Com'è?», chiede una. E l'altra risponde: «Non male. Ma personalmente preferisco il libro».1 Con il consueto understatement e molta ironia, Hitchcock liquida l'intera questione della fedeltà, riducendola non solo a un fatto di preferenza puramente soggettiva, ma a una differenza di gusto tra la celluloide e la carta.
Potremmo chiederci in effetti: importa qualcosa la fedeltà? Anche prima di Hitchcock, molti hanno risposto di no, a cominciare da André Bazin che ha suggerito che ha suggerito che si tratta di un problema ozioso e irrilevante, di una nozione falsamente descrittiva, che in realtà veicola sempre un implicito giudizio di valore, inalberata per difendere il testo classico dalla corruzione di cui lo minaccerebbe il cinema in quanto arte di massa. Sappiamo bene che il problema della fedeltà si pone solo per testi a statuto letterario forte; non ha luogo per le centinaia di romanzi e racconti quasi anonimi che hanno sempre fornito al cinema soggetti ma che in realtà funzionano come sceneggiature molto particolareggiate.
Sin dalle origini, il cinema ha stretto un curioso e per certi versi diabolico patto con la letteratura (io ti farò sopravvivere se tu mi venderai la tua anima), in particolare con i generi narrativi e drammatici. Il cinema ha in parte assorbito la letteratura attraverso un duplice processo. Ha ereditato alcune funzioni della letteratura, prendendo su di sé il ruolo di catalizzatore dell'immaginario svolto, fra Sette e Ottocento, soprattutto dal romanzo. Nello stesso tempo, con la pratica dell'adattamento, ha fagocitato la letteratura per restituirla e attualizzarne il patrimonio, prendendone le trame e ri-raccontandole (a un pubblico molto più vasto), diventando quasi una forma dell'espressione della letteratura. Questo sarebbe forse già sufficiente a rendere decisiva la domanda su cosa ne ha fatto, il cinema, dei testi letterari, che cosa ha saputo o voluto farne. E formulare una simile domanda, non significa anche chiamare in causa la fedeltà?

 

§ III. Barry Lyndon: il cinema incontra la letteratura Torna al sommario dell'articolo

II. In cosa consiste l'identità di una storia?

Come ha sottolineato Christian Metz, storicamente se non essenzialmente, il cinema è narrativo: ha alla base la temporalità, il racconto in quanto sequenza chiusa di avvenimenti. Il cinema racconta storie, e queste storie sono nella maggioranza storie inventate, originali o prese dal patrimonio letterario. Interrogarsi sulla fedeltà, allora, significa anche interrogarsi su ciò che potremmo chiamare l'identità di una storia.2 Secondo Gérard-Denis Farcy, del resto, «le minimum vital inhérent à l'adaptation se loge dans l'histoire», per la semplice ragione che la storia, considerata indipendentemente dalla sostanza semiotica attraverso cui viene presentata, è sempre adattabile. Generalmente, si identifica la storia con la sequenza evenemenziale (le azioni e i loro legami sintattici). Inoltre, nell'uso corrente, circola spesso una nozione più allargata e in qualche modo meno rigorosa di storia, che include anche la collocazione spazio-temporale degli eventi, alcune funzioni e alcuni tratti, se non il nome, dei personaggi. Adattare significa ri-rappresentare tutto ciò per mezzo di una diversa sostanza semiotica e/o di un diverso insieme di procedimenti formali.
Ma sequenza, collocazione spazio-temporale, alcune funzioni e tratti elementari dei personaggi, sono sufficienti a far sì che due storie siano la stessa storia?
Barry Lyndon di Stanley Kubrick, tratto dal romanzo The Memoirs of Barry Lyndon di William Makepiece Thackeray, e Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, basato su Heart of Darkness di Joseph Conrad, sono esempi emblematici (e antitetici) per affrontare questo problema. Essi mostrano che la nozione corrente di storia non è una condizione sufficiente per la fedeltà, né una condizione strettamente necessaria. La pratica dell'adattamento ci obbliga a mettere in discussione l'idea di storia come ordine fattuale non solo indipendente dalla sostanza semiotica e da determinazioni modali, ma da qualunque lavoro interpretativo e di attribuzione di significato. Come cercherò di dimostrare, l'identità di una storia risiede nelle interpretazioni e nelle tematizzazioni a cui si offre; in altre parole, non può essere definita senza riferimento al significato. L'ordine fattuale non è di per sé portatore di un'identità tematica o di una dimensione semantica: una sequenza di eventi è una struttura potenziale che contiene molte storie possibili.

 

§ IV. Apocalypse Now: la letteratura incontra il cinema. Torna al sommario dell'articolo

III. Barry Lyndon: il cinema incontra la letteratura

The Memoirs of Barry Lyndon è la storia di un giovane irlandese rozzo, ambizioso e senza il becco di un quattrino che intraprende la carriera dell'avventuriero e del giocatore; grazie alla sua mancanza di scrupoli e a una serie di inganni, riesce a sposare una ricca nobildonna inglese e ad entrare nel gran mondo. Ma si rovina sperperando il patrimonio nel gioco, nelle amanti, in affari poco vantaggiosi. Sommerso dai debiti, viene costretto dalla famiglia della moglie a lasciare l'Inghilterra. Finisce la sua vita malato e alcolizzato nella prigione di Fleet Street.
La storia è narrata nel registro comico della tradizione picaresca ripresa e reinterpretata da Defoe e da Fielding. Il testo, pubblicato nel 1844, è una parodia del romanzo settecentesco, nei temi come nei procedimenti narrativi. Barry appartiene a quella schiera di personaggi i cui più noti esponenti sono Moll Flanders, Lady Roxana, Jonathan Wilde, Tom Jones. La comicità è già insita nel procedimento narrativo. La storia è narrata in prima persona dallo stesso protagonista, che si rivela sin dalle primissime pagine un narratore assolutamente inattendibile: si vanta continuamente del suo coraggio, delle sue fantomatiche ascendenze nobiliari, della sua generosità, della sua audacia, con un'esagerazione che risulta immediatamente sospetta al lettore. Inoltre, il suo racconto è presentato da un curatore (ovviamente fittizio) che, attraverso una serie di note, corregge, rettifica e smentisce le affermazioni di Barry Lyndon. I lettori, in questo modo, sono costantemente invitati a ridere alle spalle del personaggio-narratore.
Thackeray si spinge ancora più avanti dei suoi modelli nel privare il racconto di qualunque dimensione tragica o drammatica. Barry narra la sua storia con una totale assenza di pathos anche nei momenti più drammatici, come la morte del figlio Bryan. La velocità del racconto, il susseguirsi e l'accumularsi delle avventure e degli episodi non conosce soste e il narratore non si concede mai il tempo di indugiare sui sentimenti. I personaggi sono poco più che maschere, «flat characters» nella definizione di Forster, non mutano, non sono educati dalla vita. Barry è una canaglia sfacciata e irriducibile all'inizio e tale rimane fino alla fine; Lady Lyndon è una donna sentimentale, sciocca e bisbetica. I successi e i fallimenti di Barry sono sempre presentati nel tono della farsa grottesca.
In Barry Lyndon, Kubrick mantiene scrupolosamente l'ambientazione del romanzo, l'Europa della seconda metà del XVIII secolo, grazie a un attentissimo lavoro sulle fonti iconografiche. Il film, è stato detto, è il catalogo di un museo dal costo di 11 milioni di dollari. Quasi ogni inquadratura, infatti, rimanda alla pittura del Settecento, ai paesaggi di Gainsborough e Constable, ai ritratti di Gainsborough, Hogarth, Reynolds; il cinema storico o in costume non ha più niente di posticcio, di approssimativo, ma viene realizzato alla lettera, affidandosi rigorosamente alla storia dell'arte: in questo modo, il massimo del realismo coincide con il massimo della finzione. Tutto ciò ha ovviamente un ruolo decisivo nel trasmettere un'impressione di fedeltà: Kubrick sembra seguire le indicazioni contenute nel romanzo e rendere visibile proprio il mondo che le parole di Thackeray pretendono di descrivere.
Kubrick, inoltre, lascia l'originario ordine fattuale quasi intatto. Quelle che con Propp potremmo chiamare le funzioni fondamentali sono le stesse nel romanzo e nel film. Certo, deve necessariamente comprimere la storia, per adattarla alla durata standard di un racconto cinematografico, deve, insomma, sopprimere o condensare alcuni episodi del romanzo. Ma la sintassi narrativa, ossia i rapporti logici e cronologici tra le funzioni, rimane invariata. Quasi tutti i personaggi trovano i loro corrispettivi in altrettanti personaggi del romanzo; nella sceneggiatura, infine, troviamo una massiccia ripresa letterale delle parole del romanzo e un utilizzo di moltissimi dettagli narrativi. Ma servendosi di quegli stessi elementi, Kubrick stravolge completamente il significato degli eventi rappresentati.
A Barry viene tolta la funzione narrativa, affidata nel film alla voce fuori campo di un narratore in terza persona. Come Kubrick ha dichiarato in un'intervista, è una scelta compiuta per eliminare la narrazione inattendibile e il contrappunto comico fornito dai commenti del curatore:

(la narrazione inattendibile) «funzionava estremamente bene nel romanzo, ma naturalmente in un film si ha sempre davanti a sé la realtà oggettiva e l'effetto del narratore in prima persona di Thackeray non si poteva riprodurre sullo schermo. Avrebbe funzionato in una commedia, sovrapponendo la versione della verità data da Barry alla realtà visibile sullo schermo, però non credo che Barry Lyndon avrebbe dovuto essere realizzato in questo stile».3

Questo cambiamento costituisce la chiave dell'operazione di Kubrick: lavorare paradossalmente contro il testo originale, portando la storia di Barry dalla parte della tragedia. L'eliminazione di tutte le digressioni e degli episodi secondari, allora, compiuta per necessità di compressione temporale, ha anche una funzionalità semantica: il ritmo del racconto viene drasticamente rallentato, e la vicenda viene ridotta al suo scheletro, una storia di ascesa e caduta, divisa in due parti perfettamente simmetriche e concentrata su un unico personaggio, via via sempre più isolato e alla fine sconfitto. Quella che è forse la cifra stilistica del film - il movimento di macchina chiamato pulling back motion o reverse zoom - è utilizzato spesso per sottolineare la solitudine del personaggio: la macchina parte da un'inquadratura ravvicinata di Barry e poi, movendosi all'indietro, ce lo mostra collocato in un quadro molto ampio, restituendoci un'immagine di impotenza e di struggente isolamento.
I personaggi del film non hanno più nulla di caricaturale e, pur nell'essenzialità della loro presentazione psicologica, acquisiscono lo spessore e la drammaticità di figure dominate dal destino: una trasformazione realizzata a partire dalla scelta e dall'uso degli attori. L'immobile, tragica, remota bellezza di Marisa Berenson basterebbe da sola a rovesciare completamente il personaggio originario di Lady Lyndon. Il Barry Lyndon di Kubrick, diversamente dal suo doppio romanzesco, è un personaggio destinato a perdere progressivamente l'innocenza e le illusioni che lo caratterizzano nelle sequenze iniziali. Il mutamento è simbolicamente riassunto nel fatto che l'attore Ryan O'Neal, a partire da un certo momento, appare truccato. In modo molto significativo, la prima volta che vediamo Ryan O'Neal con il belletto è quando, per fuggire dalla Prussia, assume l'aspetto del Cavaliere di Balibari, ossia dell'uomo che porterà a termine «l'educazione mondana» di Barry dopo «gli anni di apprendistato» passati nell'esercito. Da quel momento in poi, per tutta la parte centrale del film, Ryan O'Neal porta sul volto i segni della corruzione e della degradazione.
Il processo di valorizzazione di Barry Lyndon trova il suo compimento nella sequenza finale, che costituisce anche l'unica autentica deviazione dalla storia originaria che Kubrick si è concesso: la scena del duello tra Barry e il figliastro, Lord Bullingdon, è un'invenzione di Kubrick, così come è un'invenzione di Kubrick il fare di Lord Bullingdon l'agente della rovina e dell'esilio di Barry. I duelli, presenti in maniera massiccia anche nel romanzo, nel film diventano altrettanti appuntamenti con il destino; e l'ultimo diventa l'appuntamento cruciale, che oppone l'infiltrato, il parvenu, al rappresentante legittimo dell'aristocrazia. Alla fine Barry risparmia il suo nemico e firma così la propria condanna: gesto di generosità, di resa, di riscatto che ci consegna definitivamente il personaggio come eroe romantico.
Potremmo riassumere in questi termini l'operazione di Kubrick: un cambiamento di modo, dal comico al tragico (il tragico romanzesco e borghese), e uno spostamento tematico. Decisivo è il ruolo della colonna sonora. I due pezzi che ritornano con più frequenza nel film sono la Sarabanda di Händel e il Piano Trio Opera 100 di Schubert. Essi danno al film il suo fondamentale registro (narrativo) e, al tempo stesso, funzionano come autentici temi (musicali, drammatici, narrativi): la Sarabanda come il tema del duello, della sconfitta e della morte; il Trio di Schubert come il tema dell'amore e del destino. Kubrick, insomma, nella sequenza originaria di eventi vede un'altra vicenda: cambia genere letterario, dal picaresco al Bildungsroman, a quello che Franco Moretti ha chiamato «il romanzo delle grandi speranze e delle illusioni perdute».4 Da Defoe e Fielding a Balzac e Flaubert. I compagni di questo Barry Lyndon non sono più Tom, Moll o Jonathan Wilde; si chiamano Lucien de Rubempré, Rastignac e soprattutto - se pensiamo all'immobilità senza speranza del film, all'insistenza sul rapporto tra l'individuo e la Storia - Frédéric Moreau.

 

 Vai alla fine dell'articolo Torna al sommario dell'articolo

IV. Apocalypse Now: la letteratura incontra il cinema.

Se da Barry Lyndon passiamo ad analizzare Apocalypse Now, ci troviamo di fronte alla mancanza di qualunque contratto intertestuale esplicito: come è stato più volte sottolineato, Heart of Darkness non viene nemmeno nominato nei credits del film. Tuttavia, se dobbiamo fidarci di quanto ricostruisce Peter Cowie nel suo recente libro su Apocalypse Now, l'omissione è la conseguenza dei dissidi intervenuti tra Coppola e Milius a proposito della proprietà della sceneggiatura. Milius sosteneva, tra le altre cose, che l'idea di adattare Heart of Darkness attraverso la guerra del Vietnam era sua, il che è con ogni probabilità vero; e Coppola, per ridurre le occasioni di conflitto, ha preferito eliminare completamente il nome di Conrad. Ma tutto lascia pensare che quel nome sarebbe rimasto se non fosse sopraggiunta la polemica con Milius.
Nondimeno, la distanza tra i due testi è notevole; ciò che vediamo differisce radicalmente da quanto Conrad descrive nel romanzo. La storia originale è in qualche modo disintegrata. Del romanzo Coppola sembra mantenere esclusivamente una matrice strutturale, un sintagma elementare, una frase suscettibile di innumerevoli espansioni, specificazioni, interpolazioni:
Un uomo naviga lungo un fiume alla ricerca di un altro uomo, che alla fine raggiunge, e durante il viaggio, passando attraverso una serie di stazioni (insieme reali e simboliche), scopre qualcosa.
Coppola prende questo sintagma, lo riempie, lo sviluppa e lo dilata grazie a una serie di elementi specifici che apparentemente hanno ben poco in comune con Heart of Darkness. La scena muta radicalmente: l'espansione coloniale in Africa negli ultimissimi anni del XIX secolo in Heart of Darkness, l'intervento americano in Vietnam alla fine degli anni Sessanta in Apocalypse Now. La sintassi narrativa, la sequenza degli eventi e i loro rapporti logici, è oggetto di una radicale trasformazione. Anche i personaggi sono completamente diversi: cambiano i loro nomi, le loro azioni, i tratti che li caratterizzano. Il contratto intertestuale esplicito sembra appeso al filo di un unico nome, un semplice monosillabo, Kurtz. Ma mentre nel romanzo è l'agente di una compagnia commerciale europea che importa avorio dall'Africa, seppellito in una remota stazione dell'interno, nel film è un colonnello delle Forze Speciali penetrato fino al cuore della Cambogia per combattere una propria guerra personale.
E tuttavia Apocalypse Now è straordinariamente fedele a Heart of Darkness. Lo è attraverso una fedeltà tematica tanto più eclatante perché non sostenuta da alcuna fedeltà diegetica. La chiave di questa singolare relazione intertestuale sta certamente nella specifica dislocazione spazio-temporale operata dal film rispetto al romanzo. Fra le diverse tematizzazioni a cui si offre il testo di Conrad, è quella politica e ideologica che il film attualizza e rende visibile. E, come ha dichiarato le stesso Coppola in un résumé del film, c'è una continuità storica tra il colonialismo europeo della fine del XIX secolo e l'imperialismo americano nell'epoca della guerra fredda, di cui l'intervento in Vietnam è simbolo ed epitome.5 La guerra nel Vietnam non è altro che il punto estremo di una certa politica occidentale iniziata un secolo prima e di cui, semplicemente, sono cambiati gli attori. C'è quindi un'analogia e una solidarietà profonda tra ciò di cui il romanzo e il film, rispettivamente, parlano.
Lo spostamento spazio-temporale operato da Coppola, insomma, è molto più che una semplice dislocazione: il film costituisce una lunga similitudine visiva del libro. Ma anche nel quadro di una lettura politica, sarebbe riduttivo e insufficiente dire che Heart of Darkness è un romanzo sull'espansione coloniale in Africa. Il suo centro tematico - e non solo in una lettura politica - è la menzogna: la menzogna dell'ideologia, l'ideologia come menzogna, il linguaggio come menzogna (e come ideologia). Ed è questo centro tematico che in Apocalypse Now Coppola riprende e sviluppa a partire da una straordinaria intuizione, che gli consente di far vedere l'orrore: pensare non tanto che era possibile adattare il romanzo spostando una certa catena sintagmatica sulla scena della guerra del Vietnam (l'originario progetto di Milius), ma che era possibile leggere la guerra del Vietnam attraverso Heart of Darkness.
L'adattamento del romanzo è giocato su una serie di corrispondenze non sempre rigide, spesso sovrapposte, plurideterminate, ma al tempo stesso rigorose. L'agente coloniale Kurtz sta al colonnello Kurtz, come il capitano (di marina) Marlow sta al capitano (delle Forze Speciali) Willard, come l'Africa sta al Vietnam, come il fiume senza nome sta al fiume Nung, come il Tamigi sta al fiume Ohio, come l'ingaggio di Marlow da parte della compagnia sta alla missione affidata a Willard, come il battello fluviale di Marlow sta alla Navy Patrol Boat, come l'impresa coloniale sta alla guerra, come la compagnia sta all'esercito, come gli africani stanno ai vietnamiti, come i funzionari della compagnia stanno ai generali e agli alti gradi dell'esercito, come il timoniere africano sta a Chief, come l'arlecchino russo sta al fotoreporter americano, come la stazione interna dell'agente Kurtz sta all'accampamento del colonnello Kurtz, come i racconti frammentari sull'agente Kurtz stanno al dossier sul colonnello Kurtz letto da Willard durante il viaggio, come la voce dell'agente Kurtz sta al nastro su cui è registrata la voce del colonnello Kurtz, come la nave francese che spara contro un nemico invisibile sta al soldato Roach che spara contro un vietcong invisibile, come le teste mozzate sui paletti di fronte all'abitazione dell'agente Kurtz stanno alle teste mozzate e ai cadaveri appesi nell'accampamento del colonnello Kurtz, come la giungla africana sta a quella del sud-est asiatico, come i riti a cui presiede l'agente Kurtz stanno all'uccisione sacrificale del bufalo, come la febbre che colpisce Marlow e gli agenti sta alle droghe di cui fanno uso i soldati, come lo schiavismo e la spoliazione stanno all'assassinio...
Il centro generatore sta nelle coppie Marlow/Willard, Kurtz (agente)/Kurtz (colonnello). Willard e Marlow hanno lo stesso ruolo: sono entrambi "personaggi riflettori", non solo nel senso tecnico di punti di vista, ma in un più ampio senso epistemologico. Tecnicamente, Coppola rifiuta la soggettiva (usata nel film con molta parsimonia) e sceglie piuttosto di visualizzare il punto di vista di Willard come una cosa: attraverso una serie di primi piani intercalati nel montaggio alle scene, lungo tutto il film, a commentare silenziosamente c'è sempre lo sguardo stupito e attonito di Willard, che proietta il proprio sconcerto sull'atroce e assurdo spettacolo della guerra; e noi vediamo costantemente il riflesso di quello spettacolo sul suo volto. Anche l'agente Kurtz e il colonnello Kurtz hanno lo stesso ruolo: entrambi svelano le menzogne - le menzogne e l'ideologia del capitalismo, le menzogne e l'ideologia della guerra - non solo attraverso ciò che dicono, ma attraverso ciò che fanno e ciò che sono. E se Marlow, durante il suo viaggio, vive una graduale identificazione con l'agente Kurtz e assiste alla sua morte, Willard, durante il suo viaggio, quasi diventa il colonnello Kurtz e lo uccide: la fedeltà tematica del film nei confronti del romanzo porta qui a un processo di intensificazione iperbolica.
Ho parlato all'inizio di un patto diabolico tra cinema e letteratura. È ovvio che, a partire da qui, si apre un orizzonte vastissimo di possibilità. Il cinema può prendere l'anima della letteratura per conservarla (intatta?) o per modificarla nei modi più diversi. Il film di Kubrick e quello di Coppola esemplificano due di queste modalità, che implicano anche due relazioni antitetiche con la tradizione letteraria. Barry Lyndon è un esempio straordinario di come un film può lavorare con modelli letterari: Kubrick, dentro l'estetica e le convenzioni del cinema, gioca tra due universi letterari, quasi volesse portare il cinema verso la letteratura. Apocalypse Now compie il percorso opposto: la guerra del Vietnam, sebbene soggetto di innumerevoli opere narrative e drammatiche, è un tema cinematografico, e raramente un film ispirato a un romanzo ha esibito in maniera così sfacciata la dimensione tecnologica specifica del cinema. Coppola sembra voler strappare il romanzo dalle sue radici letterarie, e portare la letteratura verso il cinema.

 

Precedente Successivo Scheda bibliografica Torna al sommario dell'articolo Torna all'indice completo del numero Mostra indice delle sezioni


Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2001

Dicembre 2001, n. 2


 
Free counter and web stats