Jeanne-Marie Clerc
Stato della ricerca sulle relazioni tra letteratura e cinema

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Sommario
I. Le relazioni tra cinema e letteratura
II. Il racconto scenico e il racconto filmico
III. Dal racconto al film; dal film al racconto
IV. Il film e lo spettatore
V. Novità nei rapporti tra cinema e letteratura
VI. L'adattamento cinematografico
VII. La peculiarità di ogni scrittura
VIII. Alcuni studi sul problema
IX. La specificità dei due mezzi espressivi


§ II. Il racconto scenico e il racconto filmico

I. Le relazioni tra cinema e letteratura

«C'est avec le cinéma que la littérature générale et comparée a obtenu jusqu'à maintenant ses meilleurs résultats»,1 scrive Daniel-Henri Pageaux nel capitolo dedicato a «Littérature et Arts». Secondo la piccola opera generale di Etienne Fuzellier, Cinéma et Littérature,2 i contatti tra i due modi espressivi si sono moltiplicati proprio mentre nelle università si diffondeva l'insegnamento della settima arte, dando origine a lavori scientifici di elevato prestigio. La nostra tesi su Le cinéma témoin de l'imaginaire dans le roman français contemporain,3 pubblicata in forma ridotta da Nathan con il titolo Littérature et cinéma nel 1993, ha fornito gli spunti per un approccio metodologico diversificato che comprende tutti i tipi di rapporti esistenti tra letteratura e cinema. Pubblicato nello stesso anno, il libro di Jérôme Prieur, Le spectateur nocturne, rappresenta un'appassionante avventura nei testi generati dallo spettacolo cinematografico: «Comme une sorte de feuilleton, ces archives curieuses forment la matière d'une anthologie qui rassemble devant l'écran Cendrars, Hofmannsthal, James Agee, Tanizaki ou Jacques Audiberti»4 e il libro testimonia questo «laboratorio di sensazioni nuove» che i film forniscono loro.

 

§ III. Dal racconto al film; dal film al racconto Torna al sommario dell'articolo

II. Il racconto scenico e il racconto filmico

Su questa preziosa base storica si innestano ricerche specifiche, ispirate da quelle che animano la critica letteraria intorno alle opere di Genette, e che considerano i rapporti tra scritto e filmico dal punto di vista narratologico. Il primo libro importante viene dal Québec; André Gaudreault, nella sua opera Du littéraire au filmique, fornisce un considerevole «travail de clarification [...] mené au coeur de la narratologie des premiers temps»5 che secondo Paul Ricoeur, autore della prefazione, ha il merito di evidenziare la questione essenziale: «qu'est-ce que le narrable, pris en deçà de son triple investissement écrit, scénique, filmique».6 L'originalità dell'approccio di Gaudreault consiste nel mostrare che «en dépit de son homologie avec le récit scénique, le récit filmique est rejeté du côté scriptural» (p. 188).7
In realtà, diversamente da quanto afferma in modo riduttivo Genette, egli mostra che il racconto filmico rientra nel campo della complessità, una complessità scaturita dalla «coexistence au sein du même médium de ces deux modes de communication narrative que sont la narration et la monstration».8 Il tema delle interferenze tra il mostrare propriamente teatrale e quello cinematografico puro costituisce l'oggetto delle ricerche del GRITEC di Lione, che ha presentato nel 1994 una pubblicazione sui rapporti tra «cinema e teatralità».9 Che cosa «fa teatro al cinema»? Come e perché? Elementi di risposta sono racchiusi sia nella sceneggiatura o nel dialogo che nelle tecniche cinematografiche: si tratta di ventuno studi stimolanti che vanno da La Duchesse de Langeais a Moderato Cantabile e riguardano anche la specificità cinematografica.

 

§ IV. Il film e lo spettatore Torna al sommario dell'articolo

III. Dal racconto al film; dal film al racconto

Sulla scia dell'analisi narratologica avviata da Gaudreault e nell'ottica di un'analisi della ricezione si colloca l'opera di François Jost, L'oeil-caméra. Entre Film et Roman «Ce qui m'intéresse, écrit-il, ce sont […] les effets du film sur le spectateur et non la construction a priori des catégories narratives pour elles-mêmes».10 Così, pur distaccandosi dall'approccio iniziale di Gaudreault, con il quale comunque collaborerà l'anno successivo,11 l'originalità dell'analisi proposta sta nel «movimento pendolare» che l'autore individua «du récit au matériau, du matériau au récit, va-et-vient théorique qui oscille entre le récit en général et la spécificité du matériau».12 Questo saggio di narratologia comparata riesce ad evidenziare il concetto di punto di vista ed i problemi di enunciazione basati sui funzionamenti differenziali tra vedere e sapere, cioè considerati nella materia scritta o in quella filmica. Si tratta degli stessi funzionamenti differenziali sottolineati da Francis Vanoye in Récit écrit/Récit filmique13 che mette in luce, già dall'introduzione, il fatto che ogni mezzo espressivo attualizza il racconto utilizzando tecniche specifiche.

 

§ V. Novità nei rapporti tra cinema e letteratura Torna al sommario dell'articolo

IV. Il film e lo spettatore

I problemi di enunciazione diventeranno l'argomento di numerosi studi a cui si collegheranno, più o meno esplicitamente, le teorie comparatiste. Il punto di partenza è rappresentato, a partire dal 1983, dal n. 38 della rivista «Communications», Énonciation et cinéma diretto da Jean-Pierre Simon e Marc Vernet, e dal libro di Francesco Casetti Dentro lo sguardo: il film e il suo spettatore,14 che Christian Metz definì un libro «coraggioso» poiché, sulla scia del Lector in fabula di Umberto Eco, osava affrontare il problema dell'enunciatario. «Une des paraboles qui traversent le livre entier est celle des deux spectateurs, celui qui est réellement assis dans la salle de cinéma et celui dont le film, par ses adresses et par d'autres marques, désigne la place en son propre sein»15 - scriveva a questo proposito Christian Metz - la cui ultima opera, L'Enonciation impersonnelle ou le site du film sarà ispirata da questo libro che - confessava - «qu'il avait transformé en détermination ce qui n'était qu'un intérêt un peu indécis».16 Risale al 1990, anno decisamente ricco di nuove ricerche, anche l'originale lavoro di Marie-Claire Ropars-Wuilleumier, Écraniques, le film du texte.
«Le recours cinématographique, y écrivait-elle, […] entend appliquer les mécanismes filmiques, multiples et complexes par définition, à l'analyse des opérations littéraires».17 Il postulato di questo saggio è che «le signe s'avance doublé d'une ombre visuelle et sonore, qui projette l'emploi du verbe dans l'espace multiple de la figure et de la voix».18 Una lettura cinematografica permette quindi di far «sentire questo altro nella letteratura», questo «atto di parola», «intervallo mobile» tra film e testo, che suscita un'«attività interpretativa» «tributaire du déplacement incessant qui en chaque forme inscrit , comme pour la relancer, l'appel ou le reflet d'une forme semblable qui la fait différer».19 Rinnovamento, questo, di un'attività di lettura che si definirebbe dalla distanza di cui il film fornirebbe un possibile profilo e che sarebbe «come una marca di frontiera».

 

§ VI. L'adattamento cinematografico Torna al sommario dell'articolo

V. Novità nei rapporti tra cinema e letteratura

In questa «divergenza che fonda la relazione» il comparatista riconosce la ricchezza di una differenza che la sua vocazione ha l'obbligo di interrogare per aggiornare i decentramenti, gli scarti, le trasgressioni che sono alla base della dinamica di culture vive le quali, usando le parole di Daniel-Henri Pageaux, fanno sì che la comparatistica «cessi di essere una disciplina per diventare un'etica». Il riconoscimento dell'altro nella sua differenza, iscritta nel cuore dello stesso: questo è il nuovo obiettivo che oggi il comparatista, sollecitato dalla questione sempre più urgente dell'incontro fra culture e linguaggi, deve affrontare una volta accettato il proprio spodestamento; spodestamento rispetto a quegli schemi culturali cartesiani nella cui universalità è cresciuto e che non rispecchiano più, oggi, la «diversalità» dei nuovi schemi che si profilano. I rapporti tra cinema e letteratura devono perciò essere considerati attraverso la ricchezza dei contributi della marginalità alla norma riconosciuta. Occorre quindi non sostenere più, com'è successo per decenni, la supremazia di una letteratura scritta rispetto alla quale ogni variante orale o iconica appare necessariamente come una contaminazione.
Troppo spesso è ancora questo lo statuto dell'immagine, com'è dimostrato dal libro di André Garcia L'adaptation du roman au film, la cui sorprendente tesi iniziale è che «l'adaptation vaut d'abord et avant tout par le roman de départ».20 Il suo non meno sorprendente postulato di arrivo, che in realtà rivela soltanto un finto percorso, è che il cinema deve ispirarsi al suo illustre predecessore [la letteratura, N.d.T.] «pour s'élever vers les sommets que celle-ci a si souvent côtoyés».21 Ci si stupisce che simili luoghi comuni siano ancora enunciati nel 1990. Essi riprendono tutti gli stereotipi consunti di una critica cinematografica ancora condizionata dai canoni letterari che l'era strutturalista, malgrado i suoi eccessi in senso opposto, ha contribuito a spogliare definitivamente di ogni analisi sui rapporti tra cinema e letteratura.

 

§ VII. La peculiarità di ogni scrittura Torna al sommario dell'articolo

VI. L'adattamento cinematografico

André Gardles, riallacciandosi all'analisi narratologica, afferma giustamente che «il n'y a point d'équivalence entre roman et film, entre littérature et cinéma»,22 ma accetta «l'analyse comparée quand même»,23 a condizione che questa si basi su «par différence et contraste»24 ed è proprio la differenza che interessa al comparatista e gli serve da punto di partenza.
In questo contesto si inserisce l'opera di Monique Carcaud Macaire e nostra, Pour une lecture sociocritique de l'adaptation cinématographique,25 che più recentemente si è interrogata riguardo i problemi dell'adattamento cinematografico. Contestando la tesi di partenza esposta da André Garcia, abbiamo cercato di dimostrare, con l'aiuto dei concetti derivati dalla sociocritica di Edmond Cros, che l'adattamento cinematografico di un testo letterario non si limita al suo grado più o meno elevato di fedeltà alla storia, né alla semplice riproduzione dei contenuti. Nella misura in cui «en soi, une opération de création culturelle [...] elle en modifie obligatoirement la nature profonde».26 Il mezzo di comunicazione, infatti, non è un semplice strumento: da solo, esso genera dei significati che gli sono propri e che si aggiungono a una ridistribuzione del materiale culturale incluso nel testo di partenza. Questo avviene a causa degli spostamenti inerenti al processo di lettura/scrittura costituito dall'adattamento, che consiste nella «création d'un nouveau texte qui possède sa propre épaisseur, son propre dynamisme, sa propre autonomie».27
Dunque la teoria sociocritica dell'adattamento integra i problemi di ricezione e di ritrascrizione del libro secondo le esigenze di questa ricezione. L'«interlocutore ideale» creato dal film è colui che tenta di circoscrivere nell'opera letteraria, ricostruita dall'adattamento, l'analisi semiotica. Contemporaneamente lettore e scrittore, il regista che adatta un testo iscrive nel film la propria lettura e anche un nuovo spettatore ideale, strettamente legato alla sua cultura e al suo orizzonte d'attesa.

 

§ VIII. Alcuni studi sul problema Torna al sommario dell'articolo

VII. La peculiarità di ogni scrittura

Oltre a queste opere teoriche, tra le più importanti pubblicate negli ultimi anni, occorre segnalare la collana video realizzata da Michelle Calle Gruber su scrittori come Robbe-Grillet, Butor o Hélène Cixous,28 così come il simposio organizzato insieme a Jean-Jacques Hamm alla Queen's University di Kinston (Ontario) su «Ecrit/Ecran», i cui atti sono stati parzialmente pubblicati dalla «Revue d'études cinématographiques» del Québec nel 1993. L'originalità di questo simposio, che riuniva tutti i grandi nomi della critica cinematografica francese e canadese, consisteva nell'ipotesi di partenza secondo cui esistevano, anche se più o meno derivate da adattamenti vicini o lontani, «d'une écriture et d'une diégèse proprement cinématographiques quoique provenant de textes. Considérer, en somme, moins la fidélité à un objet que l'instauration d'une écriture de la différence».29 Questo stesso concetto di differenza accomuna molti studi recenti sui rapporti tra cinema e letteratura, allontanandosi dalla nozione troppo a lungo ripetuta di influenza e proponendo una nuova ricetta per la coesistenza di due modi espressivi che vivono l'uno con l'altro, l'uno grazie all'altro, in virtù delle loro differenze, finalmente riconosciute, più che delle loro analogie.
In questo contesto si colloca la nostra recente monografia sulla scrittrice algerina Assia Djebar, che è stata anche la prima cineasta in questo paese del Maghreb, in cui le donne appena uscite dalla clausura, all'indomani della guerra di indipendenza, avevano raramente accesso alla tecnica, settore maschile e occidentale. L'originalità di questa opera, evidenziata dalle analisi proposte e documentate dalle testimonianze stesse dell'autrice, sta nel fatto che, contrariamente al percorso abituale che va dall'opera scritta al film, l'itinerario seguito da Assia Djebar nasce dall'esperienza cinematografica.
È proprio questa esperienza che ha reso possibile l'avvento graduale del racconto autobiografico, proibito in lingua araba. In questo caso quindi, il rapporto tra filmico e scritturale è nuovo e in stretta relazione con l'incontro fra culture e il métissage della scrittura, di cui questa opera singolare è una testimonianza.

 

§ IX. La specificità dei due mezzi espressivi Torna al sommario dell'articolo

VIII. Alcuni studi sul problema

Infine meritano di essere segnalati alcuni studi universitari che segneranno una svolta, come la tesi di dottorato discussa nel 1994 da Michèle Tremblay,30 in Québec, in cui l'autrice segue l'evoluzione della presenza del cinema in un corpus di quasi quattrocento romanzi canadesi di lingua francese tra il 1895 e il 1970. Questa tesi vuole cercare di mostrare il ruolo fondamentale che il cinema ha svolto, a partire dagli anni '20, in particolare nello sconvolgimento dei valori che si manifesterà appieno solo durante la «rivoluzione tranquilla» - culturale e ideologica- degli anni 1960-'70.
Un'altra tesi importante, presentata nel 1997 dal greco Ionnis Leontaris,31 si distingue per l'originalità della problematica proposta: Il ruolo del lettore implicito di fronte al silenzio dell'opera scritta e filmata. Lo studio verte sulle condizioni di ricezione del silenzio nella finzione letteraria e cinematografica e, attraverso una analisi approfondita della tematica del silenzio ma anche del «silenzio dell'opera» in autori come Godard, Duras, Anghelopulos, Valtinos e Tornes, dimostra che "non detto" e negatività del testo sono elementi fondamentali di un'estetica che può essere definita postmoderna. Ma ciascuno si esprime in modo specifico a seconda del mezzo di comunicazione utilizzato. Questo lavoro è interessante perché permette di conoscere indirettamente le più recenti opere di prassematica.
Esistono poi dei gruppi di ricerca, come il LERTEC (Lecture et réception du texte contemporain) di Lione, che lavorano dal 1995, sotto la direzione di André Gardles, «su elementi comuni (autori, temi, problemi contemporanei ecc.) a partire da ciascuno dei tre settori specifici: letteratura, teatro, cinema».32 Il CREDA (Centre de recherches et documentation sur l'adaptation) è stato creato a Caen nell'autunno del 1996, sotto la direzione di René Prédal e si prefigge un ciclo di pubblicazioni annuali, la prima delle quali è dedicata all'adattamento dei «testi non letterari: il cinema ai confini della finzione».

 

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IX. La specificità dei due mezzi espressivi

Queste poche indicazioni, che non pretendono in alcun modo di essere esaustive, informano sulla maggior parte delle più importanti opere recenti in lingua francese, riguardanti la sfera delle relazioni tra cinema e letteratura. Esse mostrano l'evoluzione dell'approccio avviato, all'indomani della guerra, dalle analisi di Claude-Edmonde Magny sul romanzo americano. Ancor prima, i sottili accostamenti realizzati da Eisenstein, avevano contribuito a creare dei legami tra le due arti. I nuovi approcci scaturiti dallo strutturalismo hanno fatto in modo, in prima istanza, di accorciare il divario tra i due modi espressivi, tendendo a un'uniformazione narratologica.33 Le teorie della comunicazione e la loro eco sulla nuova attenzione dedicata ai processi di decodifica dei messaggi e di ricezione delle opere hanno sollevato, in un secondo tempo, problematiche nuove. Il confronto tra mezzi espressivi iconici e scritturali afferma la specificità di ognuno e la loro innegabile differenza. Il paragone tra letture suscitate dai testi, letture dirette o letture a loro volta indotte dalle nuove forme di scrittura individuate negli adattamenti, impone oggi l'analisi di fenomeni di ricezione originali. Questi ultimi, basati sul "dialogismo" costitutivo di ogni opera, servono oramai a capire tramite quali processi vengano trasmessi gli intertesti e i testi culturali, non solo da un paese o da un'epoca all'altra, ma da un immaginario collettivo plasmato da un mezzo di comunicazione a un altro immaginario, modellato però da un mezzo di comunicazione diverso. Tanto è vero che è andata affermandosi l'idea secondo la quale parole e immagini non rappresentano il reale nello stesso modo e che le loro interferenze reciproche possono solo sfociare in nuove forme di discorso sul mondo.

 

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Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2001

Dicembre 2001, n. 2


 
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